La Francia come rivale numero uno. Sembra essere questo il cavallo di battaglia politico di Matteo Salvini e Luigi Di Maio in vista del voto delle europee di maggio e, soprattutto, come linea di tendenza della politica del Paese nei prossimi tempi. Le ragioni sono note. Emmanuel Macron ha fatto di tutto per spingere Roma a queste scelte, mettendo nel mirino l’Italia sin dal primo giorno di mandato, dalle diatribe sui cantieri navali e sulla Libia alla recente disputa sui migranti, e con Matteo Salvini e Luigi Di Maio la sfida non è solo politica, ma anche personale.
In ogni caso, le evidenti trame di Parigi hanno completamente ridimensionato il ruolo distorsivo che nell’Eurozona di ieri e di oggi ha giocato la Germania di Angela Merkel. Che ha imposto la linea del rigore ai Paesi in maggiore sofferenza, predicato il rispetto totale di regole a cui essa stessa adempiva solo selettivamente (specie sotto il profilo commerciale) e contribuito a destabilizzare in maniera generalizzata le dinamiche del continente, con la Francia costretta sempre ad annuire o ad arrancare come junior partner di un’alleanza che il recente trattato di Aquisgrana ha confermato essere assai squilibrata.
Matteo Salvini ha moderato, per ora, gli attacchi alla Germania o le critiche alla sua linea politica, e per il leader della Lega ciò è comprensibile. La Lega ha il suo grande bacino di voti nel Nord industriale ed esportatore, la cui catena del valore è intrinsecamente legata a quella della manifattura tedesca (con un rapporto, invero, subordinato sin dalla stipulazione dei trattati di Maastricht), e punta in vista delle elezioni europee alla grande coalizione tra la destra “sovranista” e il Partito Popolare Europeo di cui fanno parte le principali formazioni di governo tedesche, le cui visioni in natura di politica economica, in fin dei conti, non differiscono di gran lunga da quelle del partito di Salvini.
Il Movimento Cinque Stelle, invece, in questo contesto, appare assai più ambiguo. Sebbene non si possa dire che il partito di Luigi Di Maio abbia una vera e propria “linea” di politica economica autonoma, certamente esso ha fatto per anni della lotta all’austerità teutonica un cavallo di battaglia di primaria grandezza. Eppure, nella critica alle problematiche dell’Unione europea fatta dai suoi esponenti è la Francia ad avere un ruolo di centralità.
Anzi, sembra quasi che tra i pentastellati sia sorta, negli ultimi tempi, una inusitata simpatia per Berlino. Non a caso il reddito di cittadinanza prodotto dal governo Conte assomiglia, nell’impianto generale, alle riforme Hartz portate avanti in Germania a inizio millennio. E proprio Giuseppe Conte ha sviluppato una sintonia di prima grandezza con Angela Merkel in occasione della trattativa sul deficit di bilancio.
“Nelle fasi più delicate del negoziato, Giuseppe Conte si è appoggiato alla sponda di Angela Merkel e dei suoi negoziatori a Bruxelles”, si legge su La Stampa. “I 5 Stelle hanno notato l’assenza di critiche da parte della Germania e hanno restituito la cortesia coltivando anche una segreta speranza. Puntare a entrare nell’orbita del sostegno del Ppe, che comunque sarà centrale nel prossimo europarlamento, magari al posto dei sovranisti di Salvini. Ad oggi sembra impossibile, ma se ne parla tra eurodeputati e i vertici, a partire da Di Maio”.
Il Movimento Cinque Stelle, una volta entrato nei palazzi, ha accentuato la svolta già notata da Marcello Foa quando, nel marzo scorso, commentando a caldo i risultati del voto politico spiegò come il partito di Di Maio avesse “cambiato pelle e, sebbene oggi vinca sotto la spinta della protesta populista, in realtà non è più davvero rivoluzionario e fa di tutto per accreditarsi presso l’establishment”. La plasticità e la generale confusione che regnano nell’universo pentastellato rendono questo possibile: ma basterà la sinergia personale tra Conte e la Merkel a guidare questa nuova convergenza? Difficile dirlo, ma al momento ciò risulta improbabile. Si evidenzia un limite notevole del primo partito italiano: l’incapacità di trovare un’identità propria e di dover sempre far riferimento a modelli esterni. Arrivando addirittura ad accarezzare l’asse con chi, fino a pochi mesi fa, si sarebbe considerato il rivale numero uno.