Donald Trump e il Deep State, una storia lunga quanto la presidenza del tycoon. Fin dal suo insediamento alla Casa Bianca infatti The Donald ha dovuto confrontarsi con il cosiddetto “apparato”, meglio conosciuto come Deep State. Si tratta di un complicato intreccio di relazioni personali e di gruppo che comprende in profondità persone che occupano posizioni di rilievo in ambito politico, militare e burocratico.
Un vero e proprio Stato Profondo che mira all’auto conservazione e che dunque non gradisce eventuali uscite fuori dagli schemi, come la presidenza Trump avrebbe fatto presagire. Così il Russiagate potrebbe essere stato uno strumento funzionale al Deep State per impedire un’apertura di Trump alla Russia di Vladimir Putin.
Allo stesso modo lo zampino del Deep State potrebbe aver agito nel valzer di nomine che ha coinvolto lo staff presidenziale. Dall’improvviso allontanamento di Michael Flynn passando per il licenziamento di Steve Bannon fino al recente possibile avvicendamento tra Rex Tillerson e Mike Pompeo. Tutto ciò potrebbe essere stato pensato e pianificato sotto l’occhio vigile del Deep State.
Lo squadrone di Trump contro lo Stato Profondo
Tuttavia la presidenza Trump potrebbe non gradire questa continua influenza che mira in qualche modo a tarpare le ali delle iniziative governative. Il portale d’informazione investigativa The Intercept, quello che fece lo scoop su Edward Snowden, è uscito con un pezzo dal titolo “Trump sta pensando di organizzare una rete di spie private per contrastare i nemici dello Stato Profondo”. All’interno dell’articolo i giornalisti investigativi ci rivelano quello che sembra essere un vero e proprio scoop.
La notizia giunge da fonti vicine all’intelligence americana rimaste ovviamente anonime. Secondo questi “insider” sarebbero tre i nomi dietro al piano di The Donald per contrastare lo Stato Profondo. Erik Prince, John Maguire e Oliver North. Andiamo con ordine. Sui presunti contatti tra Erik Prince e l’amministrazione Trump si era già scritto su questo portale. In seguito si è poi scoperto che la sorella di Erik Prince, Betsy DeVos, è stata nominata direttamente da Trump come Segretaria all’Educazione. Inoltre sempre Prince sarebbe stato il principale finanziatore della campagna elettorale del tycoon oltre che quella di Mike Pence. Qualche legame tra Donald Trump e Prince sembra dunque esserci.
Ex militari e contractors con il compito di riferire direttamente a Mike Pompeo
Erik Prince avrebbe avuto così il compito dalla presidenza di mettere in piedi un network di spie pronte ad agire nei Paesi considerati più a rischio per gli Stati Uniti. Corea del Nord e Iran su tutti. Prince si sarebbe dunque avvalso dell’aiuto prezioso di un suo amico ed ex collaboratore, John Maguire. Su questo personaggio si conosce poco se non che fa parte dell’Amyntor Group, un’altra compagnia di contractors, proprio come la Blackwater di Prince. Maguire e Prince avrebbero infatti avuto più occasioni di collaborazione considerato che i due operano nello stesso settore.
A completare lo squadrone speciale di 007 ci sarebbe poi Oliver North, ex militare americano noto alla cronaca per essere stato processato nell’ambito dello scandalo Iran-Contras. North fu condannato in appello e poi assolto. A questi tre ambigui personaggi è così affidato il compito di costruire un team in grado di rispondere direttamente a Mike Pompeo, attuale vertice della Cia. In sostanza tutto l’apparato dell’intelligence che opera al di fuori dei confini americani potrebbe essere bypassato. “Pompeo non può fare affidamento sulla burocrazia della CIA, così dobbiamo creare questa cosa per poter riportare direttamente a lui”, ha dichiarato la fonte anonima interpellata da The Intercept.
Erik Prince, una scheggia impazzita
C’è ora da capire se questa mossa azzardata di Donald Trump non possa alla fine ritorcersi contro. Erik Prince è infatti una personalità più che controversa come testimonia la sua storia. Recentemente Prince ha letteralmente comprato il consenso del governo somalo per l’utilizzo dei porti dell’area del Golfo di Aden. E lì infatti che avviene il traffico di armi gestito con tutta probabilità dallo stesso Prince, come riportato da Repubblica. Si tratta dunque di un personaggio che agisce quasi unicamente per il tornaconto personale e che ha già rischiato di mettere nei guai un’amministrazione presidenziale, quella di Bush jr. quando in Iraq la sua Blackwater si rese protagonista di violazioni dei diritti umani. La nuova sfida di Donald Trump sarà dunque quella si saper controllare una mina vagante come Prince.