L’Algeria si affida a una personalità alla “Mario Draghi” per risollevare l’economia della nazione più vasta dell’intero continente africano, grande tre volte e mezzo il Texas, ricca di petrolio e gas ma povera di servizi e di industria. Il presidente della Repubblica, Abdelmajid Tebboune, ha scelto infatti Aymen Benabderrahmane, 54 anni, ex ministro delle Finanze e governatore della Banca centrale, per guidare il nuovo governo dopo le elezioni anticipate del 12 giugno. Una decisione che segnala la volontà dei vertici del gigante africano di puntare su un “tecnico” che conosce i segreti delle finanze algerine per superare le attuali difficoltà socio-economiche. La pandemia di Covid-19 ha colpito duramente il Paese arabo, come del resto le nazioni occidentali e i Paesi vicini: emblematico è il caso della Tunisia, alle prese con una quarta ondata di Sars-CoV-2 che ha messo in ginocchio il sistema sanitario. Le chiusure anti-coronavirus in Europa hanno causato un brusco calo dei prezzi del petrolio, andando a erodere la principale fonte di liquidità algerina: il gas naturale, esportato in grandi quantità in Spagna e soprattutto in Italia. E non è un caso che il “nostro” Mario Draghi sia stato il primo leader occidentale a congratularsi con il collega algerino: i due, infatti, si conoscono da almeno un decennio, dal momento hanno guidato le politiche monetarie di Algeria e Unione Europea nello stesso periodo.

Una maggioranza schiacciante

Il nuovo esecutivo guidato da Benabderrahmane, formato da 33 ministri (di cui solo quattro donne), deve ancora ricevere il via libera dell’Assemblea popolare nazionale, la camera bassa del parlamento rinnovata con il voto di giugno. In base alla nuova Costituzione, approvata tramite referendum popolare e in vigore da gennaio, i deputati dovranno votare la fiducia non ai singoli ministri, bensì sul programma generale del governo. Non si tratta nemmeno di una vera e propria fiducia, ma di una mera formalità, dal momento che la compagine governativa può contare su una vasta maggioranza che l’Agenzia Nova quantifica in oltre 320 seggi su 407. Lo schieramento che appoggia il presidente Tebboune, infatti, può contare sui 98 seggi del Fronte di liberazione nazionale (Fln, il partito al potere fin dall’indipendenza), su almeno 84 deputati indipendenti, sui 58 parlamentari del Raggruppamento nazionale democratico (Rnd, storico partner-rivale dell’Fln), sui 48 deputati del movimento nazionalista El Moustakbal (Fronte per il futuro, una delle sorprese delle ultime elezioni), e perfino sui 38 seggi del movimento islamista El Binaa. Assente invece il Movimento per la società per la Pace (Msp, 65 seggi), principale partito islamico del Paese, giunto secondo alle elezioni di giugno, che ha scelto di far parte dell’opposizione.

Un’economia da rilanciare

La recessione economica globale del 2020 ha causato un calo delle esportazioni e una conseguente perdita di almeno 11 miliardi di dollari per il Paese nordafricano. Lo scorso anno, il deficit di bilancio a raggiunto il 12,86 per cento del Pil, un risultato che ha ulteriormente eroso le riserve in valuta estera scese intorno ai 45 miliardi di dollari (cinque anni fa erano intorno ai 180 miliardi), esponendo la valuta locale al rischio di svalutazione, con conseguenze rincaro dei prezzi e possibili tensioni sociali. L’obiettivo delle autorità è di riportare il disavanzo sotto controllo almeno a una singola cifra. Per far questo, l’Algeria deve necessariamente “aprire” la sua economia agli investitori stranieri e ci sono alcuni segnali incoraggianti, come l’abolizione della regola 51/49 per cento per i settori non strategici, che abolisce la necessità della maggioranza locale (51 per cento) nel capitale delle imprese miste. Le ultime previsioni del ministero delle Finanze targato Benabderrahmane stimano per il 2021 una crescita economica del 4,2 per cento, in leggero rialzo rispetto alla previsioni di inizio anno, grazie alle previsioni positive dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec), secondo cui la domanda di petrolio si manterrà stabile nel corso dell’anno. Non solo. Il Paese potrebbe anche entrare a far parte dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), circostanza che potrebbe snellire non poco le macchinose procedure burocratiche per l’importazione delle merci. Non è escluso, inoltre, un possibile ingresso delle banche straniere nel mercato algerino: una sorta di volano per amplificare gli investimenti delle aziende che, senza le banche alle spalle, difficilmente si addentrerebbero nel Paese nordafricano.

Una nuova politica estera?

Oltre al nome di Benabderrahmane, il quale ha scelto per il momento di mantenere l’interim del ministero delle Finanze, spicca il profilo di Ramtane Lamamra come capo della diplomazia. Ambasciatore esperto, Lamamra è un veterano della diplomazia algerina, vanta una lunga esperienza in Africa ed era in lizza per succedere a Ghassan Salamé alla guida della missione delle Nazioni Unite in Libia, ma la sua candidatura si era scontrata con il veto di alcuni Paesi della regione (sicuramente il Marocco e forse anche l’Egitto). Già ministro degli Esteri sotto l’ex presidente Abdelaziz Bouteflika, Lamamra, classe 1952, guiderà un “nuovo” ministero anche nel nome. Per ordine del presidente Tebboune, infatti, il dicastero algerino è stato ribattezzato “ministero degli Esteri e della Comunità nazionale all’estero”. Una scelta che, secondo lo stesso Lamarma, costituisce un “orientamento strategico” di per sé, considerando che la comunità nazionale stabilita all’estero viene considerata come “parte integrante della madrepatria”. Ma la diplomazia algerina ha tanti dossier su cui lavorare: dallo scontro con il Marocco alla crisi in Libia, dall’instabilità del Sahel alle divergenze con la Francia (dove risiede la maggior parte della diaspora algerina), fino alla collaborazione con l’Europa, dove gli algerini possono contare oltre alla Spagna su un Paese amico come l’Italia di Mario Draghi.





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