Joseph Di Gabriele: è così che si faceva chiamare Joseph Mifsud, il docente maltese al centro del Russiagate, colui che confidò in un incontro dell’aprile 2016 a George Papadopoulos di aver appreso che il governo russo possedeva “materiale compromettente” (dirt) su Hillary Clinton “in forma di e-mail”. Secondo quanto riferito dall’avvocato Stephan Roh all’Adnkronos, lasciato il paesino di Matelica nelle Marche, Joseph Mifsud a fine 2017 va a Malta “a trovare i genitori, che avevano problemi di salute”. All’inizio del 2018, Mifsud è “di nuovo in Italia, principalmente a Roma”. Il docente, come confermano gli estratti conto della sua carta di credito ottenuti dall’Adnkronos, ha alloggiato in un appartamento-foresteria della Link nella capitale.
“In questa fase della sua vita – sottolinea l’avvocato Roh – Mifsud si teneva fuori dai riflettori ma girava abbastanza liberamente usando una carta di identità italiana a nome Joseph Di Gabriele. Credo fosse il cognome della madre. Me la mostrò, l’ho vista con i miei occhi”. Identità “alternativa” che gli americani conoscono da molti mesi. In una lettera datata 22 maggio 2019 e inviata dal deputato repubblicano Devin Nunes al Presidente Donald Trump, Nunes chiede al tycoon di chiedere conto all’allora premier britannica Theresa May dell’attività di Mifsud “potenzialmente noto anche come Joseph Di Gabriele” e quali contatti quest’ultimo avrebbe avuto quest’ultimo “con l’intelligence britannica” e “tutte le informazioni che il governo inglese possiede sui legami fra Mifsud/Di Gabriele con qualsiasi altro governo o agenzia di intelligence”. Gli americani, dunque, sanno da mesi che Joseph Mifsud si è fatto chiamare Joseph Di Gabriele.
Devin Nunes sulle tracce di Joseph Mifsud
In una lettera datata 3 maggio 2019 e inviata a inviata a Fbi, Cia, al Segretario di Stato Mike Pompeo e al Direttore dell’Agenzia di Sicurezza Nazionale, il deputato repubblicano Devin Nunes osservava: “Se Mifsud ha contatti estesi e sospetti tra i funzionari russi, come illustrato nella relazione del Procuratore Speciale Robert Mueller, allora una ventaglio incredibilmente ampio di istituzioni e individui occidentali potrebbe essere stato compromesso, incluso il nostro Dipartimento di Stato”. In alternativa, prosegue Nunes che cita la Link University più volte nel suo rapporto, “se Mifsud non è una minaccia in fatto di controspionaggio, ciò metterebbe in dubbio la rappresentazione centrale del Consigliere Speciale circa le sue attività e solleverebbe domande sulla veridicità delle sue dichiarazioni e affermazioni”.
A proposito di Nunes: è da pochi giorni uscito il libro del giornalista americano Lee Smith dal titolo The Plot Against the President: The True Story of How Congressman Devin Nunes Uncovered the Biggest Political Scandal in U.S. History ovvero Il complotto contro il Presidente: la vera storia di come il deputato Devin Nunes ha scoperto il più grande scandalo politico nella storia degli Stati Uniti. Lee Smith ha collaborato nella stesura proprio con Nunes, che non è un deputato qualunque ma è a capo della minoranza repubblicana del Comitato di Intelligence della Camera degli Stati Uniti.
Lee Smith e l’intervista a Inside Over
Il giornalista ha rilasciato un’intervista esclusiva a Inside Over lo scorso 25 ottobre, che vale la pena “ripescare” anche alla luce degli ultimi – clamorosi – sviluppi sull’intera vicenda. “Come racconto nel mio libro – racconta Smith – c’è stata un’operazione contro la campagna di Trump che è iniziata tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016. Ha coinvolto collaboratori della campagna di Clinton, funzionari dell’amministrazione Obama e della stampa. Lo scopo dell’operazione era di diffamare Trump e i suoi consiglieri della Campagna – Michael Flynn, Paul Manafort, Carter Page, George Papadopoulos, ecc. – e dipingerli come agenti russi. E spiare la Campagna”. Dopo che Trump ha vinto le elezioni, sottolinea, “questa operazione si è trasformata in un colpo di stato: vari funzionari dell’intelligence statunitense hanno tentato di destituire il presidente degli Stati Uniti”.
Al centro dell’indagine di William Barr e John Durham, come abbiamo più volte sottolineato, c’è il docente maltese Joseph Mifsud e la sua rete di relazioni. A tal proposito, osserva Lee Smith, è chiaro che “gli italiani sanno molto di Mifsud”. Era amico, sottolinea, “di personaggi politici italiani molto noti”, come Gianni Pitella o “Vincenzo Scotti, presidente della Link. Tra i suoi colleghi della Link c’erano altre importanti figure italiane, come Elisabetta Trenta, l’ex ministro della Difesa. Quindi, sospetto che gli italiani siano tanto ansiosi quanto l’amministrazione Trump di scoprire cosa sia successo esattamente”. Secondo il giornalista americano, “il governo italiano è stato molto collaborativo” e ha interagito “attraverso i canali appropriati”.