Quella fra Italia e Francia è una guerra che può avere parecchie vittime. Per fortuna non è il rumore dei cannoni e degli aerei a caratterizzarla. Ma le armi possono essere estremamente pericolose per i rispettivi sistemi economici: specialmente perché i francesi hanno da tempo messo le mani sulle grandi industrie italiane. E Parigi ha più di un rubinetto in mano per decidere le sorti delle aziende nazionali.

Così, mentre la disfida fra Emmanuel Macron e il governo italiano continua inesorabile e i toni si innalzano a livelli di scontro diplomatico, il primo colpo sembra averlo inflitto proprio Parigi. Non direttamente, certo, ma tramite uno dei suoi giganti economici: Lactalis

La multinazionale del latte ha deciso di dare il via allo smantellamento di Parmalat, uno dei colossi dell’industria casearia italiana nel mondo. Prima, il gruppo francese che ne detiene il controllo ha deciso di abbandonare Piazza Affari, togliendo così Parmalat dai mercati azionari mondiali. Poi la scelta degli ultimi giorni: quella di riorganizzare l’intero gruppo caseario spostando definitivamente il quartier generale dell’azienda da Collecchio a Laval, la città da cui la famiglia Besnier gestisce il suo impero.

Come spiegato da Il Sole 24 Ore, “è la mossa finale della multinazionale del latte, che forse attende da otto anni questo passo definitivo: prendere in mano del tutto le redini di Parmalat che perderà così la sua formale indipendenza”. Come scrive il quotidiano economico-finanziario, “subito dopo le festività, la mattina del 9 gennaio, i circa mille dipendenti del gruppo italiano si sono trovati nella loro casella di posta elettronica una nota di servizio. In un tono asettico, si informa che in vista dell’imminente delisting di Parmalat, Lactalis vara una riorganizzazione mondiale”.

Questa riorganizzazione prevede la nascita di nove divisioni, tutte gestite da manager francesi e direttamente da Lactalis. La base di Collecchio sarà quindi totalmente privata della sua essenza di cervello del colosso che era italiano: sarà una semplice parte commerciale con degli impianti produttivi. Parmalat e Galbani saranno quindi a tutti gli effetti entità subalterne alle scelte della francese Lactalis e dei suoi manager. Una mossa del tutto legittima, senza alcun dubbio: Parmalat è francese e l’azienda che la controlla può fare ogni tipo di airone. Ma l’Italia perde un polo industriale di fondamentale importanza, che ricorda anche gli immenso errori commessi ai tempi della crisi dell’azienda di Calisto Tanzi, sia da parte della società che da tutto lo Stato italiano. E gli errori, alla fine, si pagano sempre.

Come in questo caso, in cui Parigi ha trovato forse il momento meno opportuno per i rapporti con Roma per mettere a segno un’azione lecita, prevedibile ma rivolta prettamente a colpire gli interessi del nostro Paese. La prima protesta è arrivata da parte dei sindacati: Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil hano espresso “grande preoccupazione” per la possibile riorganizzazione di Parmalat che, se confermata, “mirerebbe a cancellare la corporate italiana e che potrebbe creare rischi per la tenuta occupazionale della stessa Parmalat, ma anche di Galbani, per le sinergie ipotizzabili tra i due grandi gruppi”.

Inoltre, continua la nota, “si mette in discussione lo stesso sistema produttivo delle due aziende: il profilo industriale che si prospetta non è compatibile con il mercato italiano, dove i brand locali, legati al territorio, e la filiera corta, hanno un forte valore commerciale”.

I rischi dunque ci sono. E li ha ribaditi anche il presidente della Copagri Franco Verrascina: “Chiediamo al Governo di contrastare con forza tale operazione e di attivarsi per stoppare una riorganizzazione che rappresenta un vero e proprio fallimento del sistema capitalistico italiano; il nostro Paese, infatti, dopo aver perso il marchio Parmalat, rischia ora seriamente di perdere anche la gestione di un’importante azienda, perpetrando un altro grave danno all’economia agricola e agroalimentare nazionale“.

Un danno che potrebbe riguardare direttamente anche il mercato del latte italiano. L’azienda già da tempo acquista una parte rilevante del latte utilizzato nei suoi impianti da Paesi dell’Unione europea. Dal sito della Parmalat si evince che già circa il 30% del latte impiegato è di provenienza estera. E molti temono che lo spostamento del quartier generale a Laval possa portare a un maggiore impiego di latte francese rispetto a quello delle stalle italiane. Questo è frutto anche di alcune decisioni di Macron. Come spiegato da La Verità, il presidente “ha promesso agli allevatori francesi che il latte sarà pagato tenendo conto dei costi di produzione. E se Lactalis è costretta a comprare latte francese non ci sarà più posto per quello italiano che già oggi viene pagato meno di 35 centesimi al litro che non compensano i costi di produzione”.

Per l’Italia si tratta di un primo round perso contro la Francia. E il rischio è che ora possa iniziare un vero e proprio scontro in cui Parigi ha un’arma creata nel corso di questi anni a casa di svendite del nostro settore industriale che hanno coinvolto soprattutto acquirenti francesi. Il sistema italiano è fortemente influenzato dalle decisioni d’Oltralpe. E la minaccia più grave è che Macron abbia con sé un pulsante da poter premere ogni volta che il governo italiano alza il tiro.

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