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Non è stato nulla di clamoroso, ma le decisioni dell’Ue raramente lo sono. Il compromesso spesso è il piatto forte a Bruxelles. Ma i suoi effetti potrebbero sentirsi sul lungo periodo sia per il settore energetico europeo sia per la sua posizione geopolitica, in mezzo tra Usa e Russia.

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“Il nuovo regolamento fa sì che (…) tutti i soggetti interessati a vendere gas all’Europa debbano rispettare le leggi europee sull’energia”, ha detto Miguel Arias Canete, Commissario europeo per l’Energia, in una dichiarazione dello scorso 13 febbraio. Questo significa che la legislazione Ue vigente – chiamata Terzo Pacchetto Energia – verrebbe applicata al controverso Nord Stream II, il gasdotto in costruzione tra Russia e Germania.

Ai proprietari dei gasdotti che collegano l’Unione europea con i Paesi extraeuropei, prosegue Canete, verrà richiesto di aprire le porte ai competitor; inoltre Bruxelles avrà più potere in materia di trasparenza e regolamentazione dei dazi.
Con queste parole, l’Unione europea sembra aver messo una toppa sui contrasti emersi tra l’Europa orientale e occidentale. Per ora.

Ma alcuni, ad Est, temono ancora di venire schiacciati da Berlino, visto che procede con l’estensione massiva del gasdotto Nord Stream. “Questa situazione non contribuisce all’unità europea. Diversi Stati membri hanno espresso, per svariate ragioni, profonda preoccupazione riguardo a questo gasdotto e alla crescente dipendenza dell’Ue dall’importazione di gas naturali dalla Russia”, sostiene Dr. Tim Boersma, Senior Research Scholar Director in Mercati Globali del Gas Naturale alla Columbia University.

La Germania si è battuta per bloccare la direttiva nel Consiglio europeo, ma non ha potuto fermare la riscrittura, che non accontenta nessuno. L’accordo della scorsa settimana con la Francia ha visto Berlino infilare nel testo della direttiva il potere potenzialmente cruciale di chiedere delle esenzioni dalle regole dell’Unione europea.

“Sarà la Commissione a decidere in modo vincolate se garantire le esenzioni”. ha dichiarato il Parlamento in una conferenza stampa. “Se il giudizio degli Stati membri diverge da quello della Commissione, è il giudizio della Commissione a prevalere”. Ma questo dipenderà, a sua volta, dalla composizione della prossima Commissione, che sarà decisa dopo le elezioni europee di maggio. Il nodo della questione è se i nuovi Commissari per l’Energia e per la Concorrenza saranno o meno vicini alla visione di Berlino.

Il gasdotto Nord Stream II concentrerebbe quasi la totalità delle esportazioni russe in Europa in un’unica rotta, e duplicherebbe la quantità di gas trasportato dalla Russia alla Germania, arrivando a 55 miliardi di metri cubi (mmc) all’anno. La Gazprom copre più del 60% delle importazione di gas europee e ha in programma di aumentare le esportazione in Europa fino a 200 mmc.

Per qualcuno è politica, per qualcuno è economia

Dopo l’incontro con il presidente ucraino Petro Poroshenko, la Cancelliera tedesca Angela Merkel ha ammesso recentemente per la prima volta che il gasdotto è “non solo un progetto economico ma anche politico”.

“Credo occorra specificare cosa si intende con ‘ragioni politiche'”, dice Anna Mikulska, della Rice University del Texas.
“La Russia e la Germania hanno descritto a gran voce la revisione della direttiva sul gas come ‘politica’, mentre la realizzazione di questo come una misura ‘economica’ ‘basata sul mercato’. Sono molti, invece, i Paesi dell’Est Europa, che vedono nel gasdotto un progetto politico. La cosa interessante è che entrambe le parti sottolineano l’importanza della sicurezza energetica; ma sul come realizzare questa ‘sicurezza energetica’ ci sono visioni molto diverse. Per i fautori del gasdotto, la chiave è il transito (purché fuori dall’Ucraina) mentre per i Paesi oppositori, la sicurezza nella fornitura energetica comprende il transito ma anche la differenziazione dei fornitori”.

La posizione degli Usa

Rick Perry, Segretario del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha detto chiaro e tondo che trasportare nell’Est Europa forniture di energia provenienti dagli Usa è un modo per contenere l’influenza russa. “L’Amministrazione Trump supporta gli sforzi dell’Europa per diversificare le sue fonti e le forniture di energia, riducendo la dipendenza dell’area da una singola fonte e limitando la sua vulnerabilità all’uso politico che la Russia potrebbe fare dell’energia. Di conseguenza, proseguiremo la nostra forte opposizione al Nord Stream II e al TurkStream, il gasdotto multi-line” ha dichiarato la scorsa settimana Dan Brouillette, Segretario per l’Energia.

“L’atto della Commissione europea ci incoraggia a incrementare la sicurezza energetica in Europa tramite maggiori controlli delle sue infrastrutture energetiche offshore, compreso il Nord Stream II. Speriamo che questa mossa aiuti i nostri partner europei a far sì che la Gazprom rispetti gli standard occidentali”.

“Gli Stati Uniti appoggiano la presenza di progetti di infrastrutture diversificati in Germania e in tutta Europa, e spera con ciò di aprire la strada a importazioni di gas naturale provenienti da nuove forniture. Come è stato chiarito dal presidente Trump e dal Segretario Perry, gli Usa hanno intenzione di fornire all’Europa una valida alternativa energetica. Speriamo di continuare a lavorare con i nostri alleati europei sul rafforzamento della loro sicurezza e prosperità energetica”.

Lo scorso luglio, il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha acconsentito alla possibilità di far arrivare in Europa più gas proveniente dagli Usa. Dopo un meeting alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che “l’Unione Europea vuole importare più gas naturale liquefatto, Gnl, dagli Stati Uniti e sarà un acquirente molto grosso”. Juncker ha dichiarato che l’Ue costruirà più terminali per l’importazione di Gnl. Al momento, in Europa, ce ne sono 30.

Il boom del gas americano

Gli Stati Uniti prevedono di avere, entro i prossimi dieci anni, cinque progetti operativi per l’esportazione di Gnl, diventando così la terza potenza esportatrice dopo il Qatar e l’Australia. Al momento, negli Stati Uniti sono attivi due impianti di liquefazione, il Sabine Pass e il Cove Point, con una capacità totale di 23,3 mtpa (metric tons per annum, tonnellate all’anno, Ndr). Quest’anno si prevede un’esportazione complessiva di 20 mtpa. La nazione sta avviando nove progetti di esportazione di Gnl con una capacità di liquefazione totale di 36,7 mtps, raggiungendo così una capacità di 63 mtpa e, in una “seconda ondata”, gli organismi federali di regolamentazione sono pronti a dare il via, entro la fine del 2019, ad altri 13 progetti pendenti.

La Germania si piega

Peter Altmaier, ministro dell’Economia tedesco, questa settimana ha dichiarato che è fiducioso che il suo Paese avrà presto due terminali in grado di ricevere le imbarcazioni di gas naturale liquefatto proveniente dagli Usa. Altmaier, stretto alleato della cancelliera Angela Merkel, ha aggiunto che Berlino vuole risolvere le sue divergenze con gli Sati Uniti riguardo al gasdotto.

Altmaier ha insistito che non esiste alcun accordo che preveda che gli Usa mettano da parte le loro preoccupazioni sul Nord Stram II in cambio dell’appoggio della Germania nella costruzione di terminali per il Gnl. Non tutti ne sono così convinti.

“La Germania di solito ha la meglio in Europa: controlla il portafoglio, quindi l’Unione europea generalmente fa quello che decide lei con la rete di beneficiari della generosità tedesca, non protestando troppo nel caso in cui metta a rischio il flusso monetario (da controllare)”, afferma Andy Flower, esperto di Gnl. “Macron è probabilmente l’unico leader che potrebbe tener testa alla Germania, ma le proteste dei gilet gialli lo hanno reso troppo debole per poter fare ciò che vuole”.

“Per quando riguarda la Germania e il suo ruolo, a mio parere c’è il timore che la sua capacità di tirare avanti nonostante le opposizioni possa essere vista come una minaccia all’unità dell’Unione europea”, dice Mikulska. “Questo è ancora più evidente dall’accordo tra Francia e Germania sulla revisione limitata della direttiva. Questa mossa preclude a tutti gli altri Paesi attraversati dal gasdotto qualunque decisione riguardo a eventuali esenzioni dalla legislazione europea. Nel caso del Nord Stream, dà diritto di parola alla sola Germania. In un certo senso si ripresenta, parlando in linee generali, la divisione tra i membri dell’Europa occidentali e quelli dell’Europa orientale (i nuovi membri post-sovietici). E può diventare potenzialmente più pronunciata se la Germania spinge per esenzioni unilaterali sul gasdotto. Leggendo la stampa polacca e ascoltando le posizioni di alcuni loro esperti energetici, si nota che c’è molta diffidenza e sospetto verso la Germania e le sue azioni, che vengono viste come spinte dal desiderio della Germania di assumere una posizione egemonica in Europa. Non credo che questo sia sempre giustificato, ciò nonostante, questa linea di pensiero esiste e ha una certa influenza. Una mossa unilaterale della Germania sulle esenzioni dalle direttive europee riguardo al NS II creerebbe probabilmente più diffidenza e darebbe manforte a queste teorie” continua Mikulska.

Le necessità energetiche della Germania

Con la chiusura del suo ultimo impianto nucleare nel 2023, il declino del carbone e il graduale esaurimento del gas olandese, la Germania fronteggia una sfida nel medio termine su come assicurarsi fonti energetiche stabili. L’enorme giacimento di gas olandese a Groningen è soggetto a un calo di produzione: le estrazioni precipiteranno a 12 mmc entro il 2022, e si esauriranno prima del 2030.

La Germania ha annunciato che ha intenzione di costruire un terminale di Gnl da 500 milioni di dollari (420 milioni di euro) nella parte Nord del fiume Elbe. Il Brunsbüttel aprirà i battenti entro la fine del 2022.

Il ministero dell’Economia e dell’Energia tedesco ha dichiarato di appoggiare le iniziative private per il Brunsbüttel. “Il terminale potrebbe aiutare a evitare rapporti di dipendenza e a diversificare le forniture di energia. Inoltre, contribuirebbe alla sicurezza delle risorse energetiche, dato che darebbe ai clienti tedeschi accesso al mercato globale di Gnl, ha dichiarato la portavoce del Terminale di Gnl tedesco Katja Freitag. Ha anche aggiunto che entro la fine del 2019 verrà presa una decisione definitiva riguardo agli investimenti.

Non lontano da un vecchio reattore nucleare, il terminale sarebbe alla portata del mercato scandinavo e dei Paesi Baltici attraverso il Canale di Kiel. Sarebbe in grado di importare 5 miliardi di metri cubi di gas all’anno, circa il 10% delle attuali forniture russe alla Germania.

Ancora gas russo

È interessante anche il ruolo centrale della Russia, emerso l’anno scorso, nel mercato di Gnl dopo le sanzioni degli Stati Uniti all’Iran e dopo che la disputa commerciali con la Cina ha spinto Pechino ad aumentare le importazione di petrolio e Gnl dalla Russia. Questa gestisce due basi di esportazione di Gnl compreso lo Yamal Nlg, un progetto recentemente commissionato nell’Artico russo.

Lo Yamal Nlg ha duplicato la produzione russa di Gnl, che supera di poco i 20 mtpa, rendendo il Paese il quinto maggiore esportatore di Gnl al mondo.

Compromesso?

“Le due risorse – quella russa e quella americana – possono essere complementari, e più diversificazione c’è, meglio è” ha dichiarato Kirsten Westphale, senior associate dell’istituto Tedesco per gli Affari e la Sicurezza Esteri. “Un terminale di Gnl in Germania è un progetto interessate, ma non necessario, dato che la Germania è ben collegata ad altri terminali di Gnl. Perciò la flessibilità all’interno del mercato unico dell’Europa occidentale è alta” ha aggiunto. “Riguardo al gas naturale, il gas russo – più economico – potrebbe essere impiegato come fornitura di base, e i picchi potrebbero essere soddisfatti utilizzando il Gnl americano”.

Per aggiungere ulteriore confusione, il presidente russo Vladimir Putin, a quanto pare, sta considerando di continuare a trasportare il gas russo attraverso l’Ucraina, invece di evitare del tutto il Paese entro la fine del prossimo anno.

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