Il vaglio dell’Europarlamento sulle figure nominate dai governi nazionali  per far parte della nuova Commissione europea targata Ursula von der Leyen rischia di produrre un effetto domino destabilizzante. Anzi, è oramai certo che l’esecutivo Ue sarà diverso da come inizialmente disegnato. In questi giorni la composizione della Commissione della presidente designata è stata scombinata dalla decisione della commissione Giuridica dell’Europarlamento di indagare sui  conflitti di interessi per i due commissari designati da Romania e Ungheria, Rovana Plumb e Laszlo Trocsanyi, destinati dall’ex ministro della Difesa della Merkel rispettivamente ai trasporti e all’allargamento dell’Ue.

La Plumb, esponente di un governo socialista dai forti accenni anti-europeisti, paga il suo presunto coinvolgimento in uno scandalo riguardante dei prestiti da 500mila euro ricevuti negli ultimi anni che in patria alcuni equiparano a tangenti, mentre per Trocsanyi l’accusa è di conflitto d’interessi per la vicinanza tra il suo studio di avvocatura e Viktor Orban nei tempi in cui era ministro dalla Giustizia di Budapest.

Romania e Ungheria, esponenti dell’est più euroscettico che ha sostenuto la candidatura della von der Leyen anche, ma non solo, per le sue garanzie atlantiste, sono giudicate dall’Europarlamento con severità. Dura la condanna della Plumb (è stata bocciata in modo netto: 15 voti contro, 6 a favore e 2 astensioni), destinata a uscire di scena, mentre per l’ungherese il voto è stato di misura, 11 contrari, 9 a favore e 2 astenuti.

La maggioranza europea di Ursula von der Leyen si regge su una maggioranza risicata che potrebbe venire meno se mancassero i decisivi voti dell’Est. L’impianto intero della Commissione è messo a rischio da decisioni di bocciature che, se per il caso rumeno si legano in parte a dinamiche politiche interne, hanno certamente una componente di bias legata al mal sopportazione dei Paesi di Visegrad e alleati nelle stanze di Strasburgo. Commissione e Europarlamento sono divisi verso l’Est come Casa Bianca e Congresso su numerosi temi di politica estera. E se la Von der Leyen ha tentato con un fine equilibrismo di tenere dentro i riottosi Paesi orientali, quella dell’Europarlamento è una vera e propria bomba nella stanza.

Specie se Strasburgo non sarà altrettanto dura con gli altri casi di conflitto d’interesse che si troverà a affrontare:  Didier Reynders (Giustizia, Belgio) è indagato in patria per corruzione, Sylvie Goulard (Mercato Interno, Francia) e il polacco Janusz Wojciechowski (Agricoltura) sono sotto inchiesta dall’Olaf (l’ufficio contro le frodi dell’Ue) per l’uso leggero di rimborsi da deputati europei; forse il caso più clamoroso è quello della socialista portoghese Elisa Ferreira (Coesione), il cui marito guida l’organismo che ripartisce i fondi strutturali dell’Ue nel nord del Portogallo, zona che necessita di investimenti notevoli dall’ente da lei amministrato. Come ricorda l’Agi, “ultimo in ordine di tempo, è scoppiato il caso della croata Dubravka Suica, nominata vicepresidente per la Democrazia e la Demografia, che nel corso degli ultimi anni ha accumulato un patrimonio da 5 milioni di euro dalle origini sospette. Per von der Leyen non sarà facile tenere intatta la sua attuale squadra”. A meno di seguire le strumentalizzazioni di Strasburgo contro i sovranisti dell’Est.