La trasformazione dell’Unione europea in un’alleanza autonoma dotata di proiezione militare indipendente dalla Nato non è nell’agenda di Ursula von der Leyen. La quale rinnega in buona parte il suo entusiastico supporto alla prospettiva di un’integrazione militare comunitaria dimostrato dopo la firma del Trattato di Aquisgrana tra Francia e Germania e frena le ambizioni autonomiste del presidente francese Emmanuel Macron.

Recentemente, parlando di fronte al corpo diplomatico, Macron aveva stimolato una “strategia d’audacia” per reagire a quella che definiva “la fine dell’egemonia occidentale” e in seguito aveva sponsorizzato caldamente il rafforzamento del progetto di una difesa comune europea sempre più slegata dall’orbita atlantica. L’occupazione francese del commissariato alla Difesa con la macroniana di ferro Sylvie Goulard era recentemente sembrata una nuova conferma della luna di miele tra la nuova governance europea e il progetto, ma la von der Leyen ha gettato acqua sul fuoco chiarendo che l’Ue resterà, per ora, distante dalla dimensione di alleanza militare e ribadendo al meno atlantista degli alti papaveri di Bruxelles, l’esperto Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune Josep Borrell, la centralità dell’asse con gli Usa.

La von der Leyen, da ex ministro della Difesa della Germania, è conscia del fatto che procedere con i progetti di difesa comune può garantire vantaggi industriali e strategici, specie nell’ottica del “fondo sovrano” tecnologico che si appresta a varare, ma anche realista sul fatto che sostituirli tout court alla Nato rappresenterebbe un’ipotesi costosa e irrealizzabile. Una serie di think tank anglo-tedeschi ha stimato in oltre 500 miliardi di euro il costo di un’architettura securitaria indipendente dalla Nato, 180 dei quali destinati a dotare l’Europa di un apparato navale capace di presidiare le linee di comunicazione marittime oggi vigilate dalla Us Navy.

Risulterebbe poi difficile superare la divergenza tra i diversi interessi nazionali dei Paesi membri, specie in relazione al tema della sicurezza collettiva garantita da un ombrello nucleare non americanoe dell’approccio securitario verso il convitato di pietra orientale, la Russia. Il generale Carlo Jean ha fatto notare su StartMag che “la Force de Frappe francese non può sostituire l’ombrello americano, a parte il fatto che la storia insegna agli Stati dell’Europa Orientale di non fidarsi delle garanzie strategiche delle democrazie occidentali”.

In caso di disimpegno degli Usa, sottolinea l’ex consigliere militare di Francesco Cossiga, “la sicurezza dell’Europa non potrebbe essere garantita. Non solo la Nato cesserebbe di esistere, ma anche l’Ue si disgregherebbe” sotto i colpi delle spinte centrifughe. “I singoli Stati europei cercherebbero di basare la loro sicurezza con accordi con Mosca. Tutt’al più stipulerebbero accordi bilaterali, come quello fra Polonia e Romania”, che dà priorità a una geopolitica securitaria della “località”.

Da ministro, la von der Leyen è stata scettica sulla European Interverntion Initiative lanciata da Macron, a cui il governo di Angela Merkel ha aderito più per fedeltà all’asse-franco tedesco che per convinta volontà strategica, temendo il protagonismo francese in Africa. Inoltre, la von der Leyen è notoriamente una calorosa sostenitrice dell’alleanza atlantica e del legame Europa-Usa: risulterebbe poco credibile dal suo punto di vista un’abiura totale una volta giunta ai vertici del potere di Bruxelles. La von der Leyen mastica molta più strategia del goffo Jean-Claude Junker e nella sua cautela somma fedeltà atlantica e postura realista, che punta a evitare passi più lunghi della gamba: nonostante le discordie dell’era Trump, per l’Europa, che la cosa piaccia o meno, l’Alleanza Atlantica è ancora una realtà ineludibile.