Oriol Junqueras è un membro del parlamento europeo e gode quindi di immunità parlamentare: la Spagna, quindi, non può vietare al separatista catalano di recarsi a presiedere le sedute parlamentari. Questa è stata la decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea, che ha intimato Madrid di rilasciare l’eurodeputato catalano, che attualmente si trova in prigione con una condanna di 13 anni. In assenza di un’esplicita richiesta (che deve comunque essere valutata dai magistrati europei) da parte della Spagna per la sospensione di Junqueras, Madrid deve mettere il deputato nelle condizioni di svolgere il ruolo per cui è stato eletto. Analoga sentenza per quanto riguarda Carles Puigdemont (attualmente sotto custodia politica in Belgio) che, insieme a Junqueras, è stato promotore del referendum per l’indipendenza della Catalogna del 2017.

La condanna dopo il referendum

Il 2 novembre 2017 Junqueras insieme ad altri consiglieri del Generalitat furono arrestati con l’accusa di aver sperperato soldi pubblici per indire un referendum incostituzionale, accusa che si è tramutata in condanna a 13 anni di carcere, con conseguente impossibilità di svolgere incarichi politici. Secondo la legge spagnola, gli eurodeputati eletti devono giurare davanti al re prima di recarsi al Parlamento europeo: passaggio che di fatto non è potuto avvenire. Tuttavia, la questione è puramente formale ed interna allo Stato spagnolo e non interessa minimamente i vertici europei.

La Spagna non sembra intenzionata ad attenersi al giudizio di Bruxelles, ma con ogni probabilità inizierà l’iter richiesto dalla Corte di giustizia. In caso di sconfitta e per evitare l’apertura di una procedura di infrazione che destabilizzerebbe la società catalana, Madrid sarà però costretta ad attenersi ai regolamenti comunitari; dando facilmente vinta la partita a Barcellona.

Rischio tensioni in Catalogna

La decisione della Corte di Giustizia dell’Unione europea in qualche modo giustifica le proteste popolari della comunità catalana a seguito dell’imprigionamento degli ex rappresentanti della Generalitat. Sebbene alle ultime elezioni regionali avvenute in seguito al commissariamento della regione il blocco separatista non abbia raggiunto la maggioranza assoluta, la coalizione ha ottenuto una vittoria relativa con oltre il 47% dei voti. Segnale d’allarme che Madrid non può sicuramente ignorare, soprattutto nella delicata condizione governativa che sta attraversando in questi giorni e che durerà realisticamente per tutta la durata del nascente esecutivo.

Un governo instabile come quello che si sta formando nella penisola iberica non sarà in grado di reggere alle pressioni, attaccata su due fronti contrapposti: i separatisti che chiedono ancora l’indipendenza e Vox che preme per interventi incisivi nella regione. In questa situazione la più banale decisione rischia di diventare la miccia per aumentare le tensioni in Catalogna, ripiombando nel clima di due anni fa: ipotesi che Pedro Sanchez vuole assolutamente evitare. Posti con le spalle al muro, però, le decisioni sono ardue da prendere: la più grande vittoria del movimento indipendentista catalano è arrivata proprio dal carcere, per mano di Junqueras e con l’assist dell’Unione europea, con la Spagna nel semplice ruolo di spettatore pagante.

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