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È scontro diplomatico tra Iraq e Turchia sulle risorse idriche. Il motivo del contendere è la diga di Ilisu, costruita da Ankara sulle rive del fiume Tigri, nella provincia di Mardin, nel cuore del Kurdistan. Secondo le ultime informazioni il governo turco ha dato il via al riempimento della diga, diminuendo la portata del fiume e facendo così infuriare le autorità irachene che stanno lottando contro una crisi idrica senza precedenti.

 I lavori di costruzione della diga sono iniziati nel 2011 e si sono conclusi a Febbraio di quest’anno. Un progetto mastodontico, costato la bellezza di un miliardo e cento milioni di euro e che ha suscitato più di qualche perplessità agli osservatori stranieri e ai Paesi confinanti. Molti investitori e aziende straniere si sono ritirati dal progetto dopo aver appreso del pesante impatto ambientale che questa diga avrebbe causato sulla popolazione locale.





La diga, alta più di 144 metri, una volta riempita si estenderà su un area di 30mila ettari e avrà il doppio scopo di fornire energia idroelettrica e maggiori risorse idriche agli agricoltori. Ovviamente l’area non è disabitata, ma (trattandosi di curdi) questo sembra non importare all’amministrazione turca. Circa cinquantacinquemila persone rischiano lo sfollamento la millenaria città di Hasankeyf verrà inesorabilmente sommersa dall’acqua. È evidente che Erdogan non cerca solo di risolvere una crisi energetica, ma la diga di Ilisu è utilizzata come strumento meramente politico. Costringere migliaia di curdi ad abbandonare la propria terra e trasferirsi nelle grandi città significa avere un controllo maggiore verso la popolazione simpatizzante per l’odiato PKK.

Le reazioni irachene e le elezioni in Turchia

Siria e Iraq, finora impegnate a fronteggiare una guerra devastante, non sono riuscite a far sentire la loro voce e hanno così lasciato campo libero ad una Turchia sempre più padrona del destino altrui. Solo oggi, dopo l’inizio del riempimento della diga, il primo ministro iracheno Haider al-Abadi ha alzato i toni dello scontro. “Il primo ministro turco mi aveva promesso che avrebbero iniziato a riempire la diga alla fine di Luglio, non all’inizio” ha detto Abadi durante una conferenza stampa. L’Iraq aveva chiesto tempo ad erdogan per cercare di organizzare al meglio le elezioni tenutesi il 12 Maggio scorso. “Sono consapevole che in Turchia ci saranno nuove elezioni il 24 Giugno, forse hanno bisogno del voto degli agricoltori” ha concluso il premier uscente Abadi.

Tra poche settimane infatti si terranno nuove elezioni ed Erdogan vuole essere certo di avere una maggioranza schiacciante. La costruzione della diga porterà indubbiamente enormi benefici al settore agricolo turco, per questo le accuse del premier uscente iracheno non sembrano del tutto campate per aria. Accuse respinte al mittente da parte di Ankara. L’ambasciatore turco a Baghdad, Fatih Yildiz ha ribadito che “la Turchia non farà alcun passo senza consultare il suo vicino iracheno e che la diga verrà riempita solo parzialmente”.

Erdogan farà della Mesopotamia un deserto

Anche se riempita solo parzialmente, la diga di Ilisu rappresenta un problema gigantesco per l’Iraq. La missione satellitare NASA Gravity Recovery and Climate Experiment ha rivelato che l’Iraq è tra i paesi più aridi del mondo. Questa siccità, continua il rapporto NASA, è dovuta principalmente alla dissennata politica idrica turca che negli ultimi anni ha approfittato della debolezza dell’Iraq per costruire una serie di dighe sui fiumi Tigri e Eufrate.

Ankara ha lasciato l’Iraq con solo il 30% delle acque in entrata. La diga di Ilisu darebbe il definitivo colpo di grazia a Baghdad con conseguenze disastrose per la tenuta di un Paese che sta tentando di risollevarsi dopo la guerra allo Stato Islamico. Per contrastare le ingerenze turche il governo iracheno sarebbe pronto a consegnare territori aridi agli investitori turchi perché vi sviluppino agricoltura rendendo così inutile il blocco delle acque. È evidente però che l’obiettivo di Erdogan è quello di potenziarsi a discapito dei Paesi confinanti, anche a costo di desertificare la Mesopotamia.

Il vero obiettivo dei turchi è il Kurdistan

Durante la conferenza stampa di ieri il premier Abadi ha chiesto alla Turchia di rispettare la sovranità statale dell’Iraq per quanto riguarda il nodo Kurdistan. Nella regione settentrionale del Qandil iracheno si trovano infatti numerosi membri del PKK che la Turchia vorrebbe eliminare. Il ministro degli interni turco Suleyman Soylu ha detto che reparti dell’esercito di Ankara sono pronti a sfruttare il momento opportuno per schiacciare la resistenza curda in Iraq. Potrebbe dunque essere letta anche in questo senso la lenta e forzata disidratazione della Mesopotamia. Il Sultano ha così preparato la sua spietata trappola per arrivare al Kurdistan: indebolire l’Iraq privandolo dell’acqua ed evitare così che intralci i suoi piani per la definitiva cancellazione della minaccia curda.

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