Approfittando della parabola discendente della presidenza di Emmanuel Macron, il Rassemblement national di Marine Le Pen continua a crescere. Lo conferma il nuovo studio di Ifos Fiducial che fotografa con precisione lâelettorato transalpino. Dai risultati del sondaggio emergono dei dati interessanti o, persino, inattesi. Ad esempio, il 42% dei francesi ammette dâaver votato almeno una volta per la bionda signora (erano il 35% nel 2021 e il 30% nel 2017); le fasce piĂš deboli sono le piĂš rappresentate (57%) e il 27% del totale degli elettori arriva dalla sinistra massimalista di MĂŠlenchon. Le ragioni del consenso sono fortemente protestatarie, tra tutte la malagiustizia (92%) e la paura dellâimmigrazione islamista (86%); al tempo stesso lâ86% degli interpellati lâ86% si dichiara convintamente democratico e il 74% è favorevole ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Un quadro composito e decisamente pluralista che premia il decennale sforzo di Marine per de-demonizzare la sua creatura politica. Non a caso sono sensibilmente diminuiti (dal 68% del 2017 al 58 attuale) i francesi ancora convinti che lâRn sia un partito razzista pericoloso per la democrazia e addirittura il 47% del vasto campione analizzato si dice convinto che il movimento abbia le capacitĂ per governare il Paese.
Dati certamente confortanti per i destristi dâoltralpe che si preparano con nuovo entusiasmo alle prossime elezioni europee. Lâobiettivo dichiarato è migliorare lâottimo risultato del 2019 (23,31% con 22 seggi) ribadendo la primazia dei lepenisti sulla scena politica nazionale. Da qui un deciso restyling dei programmi a partire dai temi ambientali. Un terreno apparentemente inusuale che il Rn ha iniziato, su impulso dellâeurodeputato HervĂŠ Juvin, ad affrontare solo dal 2017 proponendo una narrazione improntata inizialmente su unâecologia âpaysanneâ, popolare e localista, protettiva dei paesaggi dallâinvasivitĂ dellâeolico e attenta ai diritti degli animali. Una visione âbucolicaâ che, per quanto rassicurante, ancora insufficiente, lacunosa.
Oggi, con il fiuto politico che la contraddistingue, madame Le Pen ha deciso di compiere un ulteriore passo in avanti. Lo scorso primo maggio la signora ha convocato i suoi quadri a Le Havre, centro industriale della Francia settentrionale, per presentare la nuova linea: sobrietĂ contro consumismo, prodotti nazionali e biodiversitĂ contro globalizzazione e poi armonia con la natura, progresso scientifico, filiere corte, economia circolare, nucleare di nuova generazione. Insomma, una âvisione ottimistica basata sulla fede nellâuomo e nella fiducia nella scienzaâ per una nuova âecologia francese e positivaâ basata sul trinomio âproteggere, progettare, trasmettereâ radicalmente contrapposta ai soloni radical-chic che âimpongono unâecologia punitiva, zeppa di divieti e obblighiâ.
Un discorso per molti versi ancora acerbo ma dirompente. Le proposte di Marine sicuramente piacciono non solo alla Francia profonda, un popolo di agricoltori e di imprenditori agro-alimentari, ma anche a quei larghi segmenti urbani scettici verso la retorica del âcapitalismo verdeâ e insofferenti per la prosopopea dellâecologismo radical-chic.
Le reazioni e le critiche, ovviamente, non si sono fatte attendere. Su âLe Mondeâ Pierre Madelin, uno dei guru dellâambientalismo sinistroso e autore di un libello significativamente intitolato âLa tentation ĂŠcofascisteâ, ha definito la svolta del Rn âun greenwashing nazionalistaâ teso a mascherare politiche xenofobe e totalitarie, infilando nello stesso insipido minestrone la Le Pen, Bolsonaro, Trump e il filosofo Alain de Benoist.
Questâultimo, da sempre distante dalla scena politica, ha preferito ignorare. Nel suo recente editoriale sulla rivista âĂlèmentsâ, de Benoist ha sottolineato che âlâecologia è fondamentalmente conservatrice, poichĂŠ si batte per il rispetto degli ecosistemi e dei cicli naturali, valorizza il radicamento, rifiuta il saccheggio della terra, diffida dei danni provocati in nome del produttivismo e del progresso. Ma è anche rivoluzionaria. In un mondo che si lascia andare nel corso del Niagara economico, la conservazione diventa rivoluzionaria. Cambiare rotta sarebbe un atto molto profondamente conservatore e perfettamente rivoluzionarioâ.