Il tema dello sviluppo di una concreta cultura della sicurezza e di una crescita delle capacità operative, professionali e strategiche dei principali apparati in temi come l’analisi di scenario, la cybersicurezza, la prevenzione del rischio è più che mai impellente per il sistema-Paese in un contesto che vede l’Italia esposta alla crisi pandemica, alla recessione economica e all’evoluzione di un sistema internazionale sempre più inquieto e competitivo.
Per sviluppare una concreta cultura della sicurezza nazionale il governo italiano ha voluto creare una fondazione ad hoc finanziata coi denari della prossima legge di bilancio, in cui è segnalato lo stanziamento per il nascituro Istituto italiano di Cybersicurezza (Iic), pari a 210 milioni di euro per i prossimi quattro anni. L’Iic nascerà su iniziativa del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dei ministri del Comitato per la sicurezza della Repubblica e del titolare dell’Università Gaetano Manfredi e si riproporrà, stando all’articolo 96 della bozza di legge di bilancio, “promuovere e sostenere l’accrescimento delle competenze e delle capacità tecnologiche, industriali e scientifiche nazionali nel campo della sicurezza cibernetica e della protezione informatica” e di diffondere una reale cultura della sicurezza nei settori più strategici per l’interesse nazionale.
Non si può certamente negare che queste mosse vadano nella direzione dell’accettazione delle sfide del nuovo contesto globale e della presa di consapevolezza della necessità di dotare gli apparati di intelligence e le industrie strategiche di grandi competenze sul tema della protezione degli asset digitali. Paolo Savona e Carlo Jean hanno definito tali strumenti un punto critico per l’analisi di “intelligence economica” nel loro omonimo saggio sulla materia ricordando che il ciclo dell’informazione rappresenta sempre più la base delle scelte di ogni sviluppo” politico ed economico in tematiche critiche. E, come ricorda Formiche, il passaggio verso la nascita dell’Iic non è solo fondamentale per coniugare la sinergia tra apparati di sicurezza nazionale e le imprese contro infiltrazioni esterne sulle reti, furti di dati, sottrazione di brevetti strategici e questioni simili: “Ci sono anche le infiltrazioni nelle tecnologie critiche come il 5G, la rete di ultima generazione che il prossimo anno, chiusa la fase sperimentale, entrerà nella fase di implementazione con i bandi fra gli operatori italiani”.
Si tratta dunque di valorizzare le competenze nella definizione di uno dei perimetri più critici della sicurezza nazionale, ma non solo. Il fatto che il presidente del Consiglio in persona si faccia promotore di un’iniziativa di questo tipo conferma la grande attenzione dedicata da Conte alle questioni dell’intelligence. L’avvocato e docente universitario divenuto premier nel 2018 ha scelto, sia nell’era gialloverde che in quella giallorossa, di tenere per sé le deleghe ai servizi segreti e di gestire con un filo diretto il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (Dis) e i servizi nazionali (Aisi e Aise), utilizzandoli come pied-a-terrè per consolidarsi nelle istituzioni. Dal legame diretto col Quirinale, a lungo coltivato, fino alla sponda fatta con altre espressioni del potere romano (Consob, impresa pubblica, sindacati, Vaticano) Conte ha, in maniera indubbiamente abile, creato un profilo istituzionale sulla sua figura indipendente e politicamente non connotata fino a pochi anni fa. La sponda con l’intelligence è stato il complemento naturale di tale manovra a tutto campo, fornendo al premier ribalta e controllo operativo su un ramo fondamentale dell’azione esecutiva.
Il dialogo con i vertici dei servizi è stato intenso durante le tempestose negoziazioni dell’estate 2019 sul tema del cosiddetto “Spygate” transatlantico ed è stato certificato dal tentato blitz parlamentare con cui il governo ha provato a far passare, in maniera silente, il rinnovo tacito delle cariche dei servizi per un nuovo mandato. Ora Conte promuove nuove iniziative e nuovi finanziamenti verso un comparto delle istituzioni cruciale per la sua legittimazione materiale al potere. Che appare destinata a doversi evolvere soprattutto nella direzione del rapporto con gli Stati Uniti, dimostratisi nell’era Trump garanti della permanenza di Conte a Palazzo Chigi per il rapporto preferenziale tra The Donald e “Giuseppi” ma intenti da tempo, come ha riportato L’Espresso, a coltivare con esponenti del Partito Democratico ritenuti estremamente affidabili, i ministri Lorenzo Guerini e Enzo Amendola, un rapporto preferenziale. Contesti come quello del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), del mondo dei servizi e dei legami tra politica e intelligence stanno divenendo sempre più prioritari per la legittimazione reale di un esponente di governo, ed è comprensibile che Conte voglia, in tal senso, consolidarsi.
Ed il rischio maggiore per il futuro ruolo operativo dell’Iic è legato al fatto che una fondazione con scopi tanto benemeriti possa finire per contribuire alla sola gloria riflessa del premier e alla sua agenda personale. StartMag solleva il dubbio circa la “proliferazione di enti e soggetti come questa Fondazione”, temendo che essa possa divenire “un duplicato del già esistente Cisr, con lieve o scarso coordinamento. È proprio il connubio mancante di coordinamento operativo e direzione politica che sembra (ancora) mancare” e al contempo non è ancora stato stabilito quale “rapporto avrebbe la Fondazione (in cui vi sono soggetti privati) con l’interesse pubblico, avrebbe un ruolo consultivo o pure normativo? Ancora: quali contorni potrebbe avere l’azione dell’Istituenda Fondazione in relazione alle Forze Armate, alle loro strutture già esistenti e con medesimi scopi?”.
Dubbi legittimi a cui il decisore pubblico dovrà dare senz’altro risposta nel definire obiettivi e strategie. L’intelligence non può divenire strumento di parte: l’egregio lavoro svolto dal Copasir nel definire il perimetro delle minacce al sistema-Paese è stato, di recente, un laboratorio per un dialogo sinergico a tutto campo tra maggioranza e opposizione nel determinare le linee guida dell’interesse nazionale. E ci si augura che il nascente Iic possa partire, in tal senso, sotto i migliori auspici. Al premier e ai suoi ministri l’onere di dimostrare la massima dose di buona volontà in tal senso.