Costringere l’Italia a voltare le spalle alla Cina e, allo stesso tempo, fare in modo che Roma e Nuova Delhi diventino amiche per la pelle: è questa la strategia che sta cercando di mettere in atto Donald Trump in chiave anti cinese. Con l’avvento del governo giallorosso, mutazione del precedente esecutivo gialloverde, l’asse italiano è infatti tornato a pendere verso Washington.
Se nei mesi scorsi Roma aveva firmato un Memorandum d’Intesa con Pechino in merito alla Nuova Via della Seta e mostrato chiari segnali di apertura verso il gigante asiatico, adesso il Conte bis sembrerebbe esser tornato nell’alveo Atlantico, sotto l’ala protettrice degli Stati Uniti. È proprio in quest’ottica che dovrebbe essere inquadrato l’avvicinamento dell’Italia all’India: vediamo il perché.
Trump ha appena concluso un tour in India. Il comandante in capo puntava a rafforzare i legami con Narendra Modi. Missione riuscita, a giudicare dagli accordi intascati dal tycoon, su tutti quello relativo all’acquisto di Nuova Delhi di equipaggiamenti militari per oltre tre miliardi di dollari. Oltre ai trattati commerciali, The Donald mirava anche ad accreditare Modi come uno dei suoi più stretti alleati nella battaglia al contenimento di Pechino.
Usare l’India in chiave anticinese
Qui entrano in gioco una serie di alleanze incrociate. I rapporti tra Cina e India, nonostante gli sforzi diplomatici di Xi Jinping, restano tesi. Tanti i nodi da sciogliere: dall’immancabile Kashmir al 5G, dalla Nuova Via della Seta all’estrema vicinanza cinese al Pakistan, a sua volta nemico giurato degli indiani. In uno scenario del genere gli Stati Uniti hanno fatto i loro conti: portare dalla propria parte l’India è l’obiettivo numero uno di Washington.
Questo potrebbe tuttavia non essere sufficiente perché i tentacoli di Pechino sono numerosi e hanno già avvolto diversi Paesi, Italia compresa. Ecco spiegato perché il governo americano sta facendo di tutto per convincere Roma ad avvicinarsi a Nuova Delhi.
A quanto pare il nostro Paese ha pure recepito il messaggio in codice o, per lo meno, ha intenzione di esplorare anche nuovi percorsi. Modi visiterà Roma nella seconda settimana di maggio – emergenza coronavirus permettendo – mentre il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, ricambierà il favore, in un secondo momento, con una trasferta in terra indiana.
I benefici del legame Roma-Nuova Delhi
Tornando al rapporto India-Stati Uniti, vale la pena passare in rassegna qualche dato. Certo, i due Paesi si sono punzecchiati imponendosi tariffe a vicenda – gli americani sulle esportazioni indiane di acciaio e alluminio, gli indiani con quelle sui beni agricoli statunitensi e con restrizioni sui dispositivi medici made in Usa – ma alla fine gli scambi commerciali tra Washington e Nuova Delhi sono in continua crescita.
Nel 2018 il commercio bilaterale degli Stati Uniti con l’Elefante indiano ammontava a 142 miliardi di dollari (+12,6% rispetto al 2017); nello stesso anno Nuova Delhi acquistava dagli Usa quasi 50 miliardi di barili di greggio; infine, a cavallo tra il 2013 e il 2017, le esportazioni di armi americane in India sono aumentate del 557% rispetto al precedente quinquennio. Numeri che Trump vuole accrescere per lanciare un chiaro segnale alla Cina.
In mezzo a tutto questo anche l’Italia potrebbe ricavare qualche beneficio. L’India, che dal canto suo è pronta a costruire ponti con Roma, diventerà presto la terza economia del mondo (previsione del ministro degli Esteri indiano Jaishankar) e conta quasi 1,4 miliardi di abitanti. In cambio di un posto in prima fila in questo possibile Eden, Nuova Delhi potrebbe chiedere all’Italia un prezioso aiuto sulle tecniche per pulire il settore energetico con le energie rinnovabili. Sulla carta degli americani un idillo perfetto. Cina permettendo.