Il Pentagono è prossimo a raggiungere un picco massimo di spesa che non si era mai raggiunto dai tempi dalla guerra in Iraq. Le motivazioni, secondo gli esperti e per ammissione della stessa Difesa statunitense, sono sempre le stesse: essere pronti a proteggere l’America e i propri alleati della Nato in Europa, e surclassare sul piano tecnologico-militare tutte le potenze in ascesa. Un obiettivo che per tutta la durata della Guerra fredda è sempre valso come banco di prova e proiezione della propria forza. Guardando sempre alla Russia e alla Cina. Che sia in terra, mare, aria, o addirittura nel nuovo teatro di scontro che è il cyber spazio.
Secondo i dati forniti minuziosamente dal Sole24Ore , il comparto della Difesa statunitense è in crescita perenne e consecutiva da otto anni. Più recentemente però, si sarebbero verificate delle ulteriori riscosse della spesa militare federale. E gli stanziamenti per la difesa nazionale prevedono di aumentare di un ulteriore 3% nel 2020: raggiungendo dunque i 738 miliardi di dollari. Un risultato molto vicino a quello richiesto dalla Casa Bianca nell’ultimo “piano di battaglia” delle allocazioni di denaro dei contribuenti che si era spinta fino al raggiungimento dell’obiettivo 750 miliardi di dollari. Dati alla mano, queste proiezioni rappresentano in ogni caso “i massimi dai picchi della guerra in Iraq“.
Una livello di spesa maturato dopo cinque anni consecutivi di rialzi, che potrebbe essere seguito da un “ritocco ad almeno 740,5 miliardi nel 2021”. Negli ultimi anni, infatti, il budget annuale è gradualmente aumentato, arrivando a 716 miliardi dell’anno fiscale 2019. Durante l’amministrazione Trump si è assistito a un’inversione di tendenza rispetto al periodo 2011/2015 – amministrazione Obama – che nonostante l’ampio numero di conflitti e interventi all’estero sostenuto dagli Stati Uniti, aveva invece previsto una riduzione fino al 16% della spesa per gli armamenti e la Difesa, rasentando 586 miliardi annui. Questa crescita continuativa è stata registrata e confermata anche dal più recente “Boeing Market Outlook”, riporta Il Sole, sistema messo a punto dal colosso americano del settore per valutare l’andamento della spesa e del proprio mercato.
Anche da questo si evincerebbe come gli Stati Uniti stiano continuando a giocare: “Un ruolo da protagonisti nel mercato globale, tra aerospazio civile e difesa, stimato in 8.700 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi dieci anni, 600 miliardi più delle previsioni effettuate un anno fa”. E questo nonostante il grande aumento di esportazioni dimostrato dal colosso industriale bellico cinese che sta “acquisendo” nuovi clienti in seno al programma “Belt road”. Secondo le stime, il 60% di questa spesa avrà comunque origine negli Usa, mentre il resto sarà rappresentata da esportazioni. Negli Stati Uniti il comparto è citato come “reduce da un 2018 al passo del 7%”, che lo ha “Visto sfiorare i mille miliardi di output, stando alle stime dell’associazione di settore Aia, pari a circa il 2% del Pil“. Il surplus commerciale generato ha comunque toccato i 90 miliardi di dollari: raddoppiando i risultati datati al 2010. L’export dell’industria per la Difesa Usa è “Salito del 6%, ossia a 151 miliardi di dollari, rappresentando il 9% del totale”.
Secondo i medesimi dati, la sola spesa del Pentagono nel campo della “ricerca e sviluppo”, del quale si occupa dal Darpa, è salita del 30%, fino a 92,3 miliardi di dollari. Questi aumenti di budget riguardano anche la Nasa, l’agenzia spaziale, che ,di nuovo in corsa con le omologhe russa e cinese, sta rispolverando dispendiosi progetti per il rilancio dell’esplorazione spaziale. L’anno prossimo, il budget per la Nasa dovrebbe infatti lievitare del 5%, toccando i 22,7 miliardi di dollari. Portando così oltre nuovi orizzonti gli astronauti che portano cucina sulla spalla bianca la “stars and stripes“.