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Papa Bergoglio sin dal suo insediamento si è caratterizzato per un approccio molto vicino alla folla e ai fedeli. Raramente ha girato con auto blindate, sia in piazza San Pietro che nei luoghi dove si è recato in visita in questi anni si è spesso concesso alle piazze. Un contatto diretto che però in Iraq non sempre potrà avvenire. Il viaggio apostolico che inizierà il prossimo 5 marzo, il primo dall’inizio dell’emergenza coronavirus, ha una grande portata storica ma al tempo stesso genera non poche preoccupazioni sul fronte della sicurezza. Il Paese mediorientale da anni è scosso da violenze settarie, instabilità e numerosi attacchi terroristici. Un contesto che ha spinto gli uomini della sicurezza della Santa Sede e delle forze irachene a blindare i luoghi attraversati dal Pontefice.

L’allarme giunto a gennaio da Baghdad

La capitale irachena dal 2003 è costantemente martoriata dagli attentati. Dopo la caduta di Saddam Hussein, la città è diventata preda di gruppi terroristici islamisti che hanno preso piede in tutto il territorio iracheno. Negli anni successivi alla fine del rais, è emerso il ruolo di Al Qaeda in Iraq, l’organizzazione guidata dal terrorista giordano Abu Musab Al Zarqawi. Quest’ultimo ha messo la firma diretta e indiretta su una lunga scia di sangue capace di destabilizzare il Paese. Dopo la sua morte, il gruppo si è maggiormente distaccato da Al Qaeda e con Abu Bakr Al Baghdadi si è trasformato nell’odierno Isis. Una sigla che richiama sia altri periodi contraddistinti da diversi attentati a Baghdad, sia gli anni in cui il gruppo ha controllato il nord dell’Iraq sotto le insegne del califfato. La sconfitta a Mosul nel 2017 ha coinciso con la fine dello Stato Islamico, ma l’Isis come organizzazione terroristica non ha cessato di minacciare ulteriormente il Paese.

Tuttavia, anche per un maggiore potenziamento delle forze di sicurezza irachene, il numero di attacchi contro i civili è drasticamente diminuito. Il 21 gennaio però un doppio attacco kamikaze ha riportato Baghdad nell’orrore degli anni del terrorismo: le due esplosioni avvertite quel giorno nella capitale, hanno causato 35 vittime. Era dal 2019 che la città non veniva scossa da un attentato. Il fatto che l’episodio sia avvenuto a poche settimane dall’arrivo di Papa Francesco ha destato ulteriore tensione. Quanto accaduto ha dimostrato ancora una volta che l’Iraq non è né al sicuro e né definitivamente stabilizzato.

Le misure di sicurezza durante la visita del Papa

La papamobile Jorge Maria Bergoglio potrà usarla soltanto ad Erbil, quando il Pontefice terrà la messa domenica 7 marzo all’interno dello stadio del capoluogo del Kurdistan iracheno. Qui la situazione sul fronte della sicurezza viene ritenuta migliore rispetto al resto del Paese. Dunque uno strappo al rigido protocollo stabilito durante i giorni della visita potrà essere fatto. Ma nelle restanti giornate Papa Francesco dovrà viaggiare a bordo di un’auto blindata. Inoltre gli incontri con i fedeli dovranno essere fatti a distanza di sicurezza. Vale per gli incontri messi in agenda a Najaf, dove il Pontefice vedrà anche l’Ayatollah Al Sistani, così come per gli spostamenti previsti nella piana di Ninive, nel martoriato nord del Paese.

C’è poi un altro aspetto da non sottovalutare. Anche in Iraq il coronavirus è ben presente. A dimostrarlo è la notizia dei giorni scorsi secondo cui il nunzio apostolico, Monsignor Mitja Leskovar, è stato trovato positivo al tampone. Proprio in queste settimane il Paese mediorientale sta attraversando un nuovo picco dell’epidemia. Il 2 marzo sono stati 4.690 i nuovi positivi rintracciati dalle autorità sanitarie, un nuovo record da quando, a partire dalla seconda metà di febbraio, la curva dei contagi è tornata repentinamente a salire. Altro motivo per il quale la visita del Papa si svolgerà sotto rigide misure di sicurezza.

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