“Gli anglosassoni ritengono che le sanzioni non siano più sufficienti e ora si sono rivolti al sabotaggio. Sembra incredibile ma è un dato di fatto: provocando esplosioni sui gasdotti internazionali di Nord Stream che passano lungo il fondo del Mar Baltico, hanno di fatto avviato la distruzione dell’intera infrastruttura energetica europea”.

Nel discorso con cui ha annunciato l’ingresso nella Federazione dei territori occupati e annessi attraverso i cosiddetti “referendum farsa”, il presidente russo Vladimir Putin ha parlato inevitabilmente anche delle falle del Nord Stream 1 e del Nord Stream 2. Un colpo estremamente simbolico, prima ancora che effettivo, a una delle infrastrutture strategiche più rilevanti degli ultimi anni. La linea di Mosca è quella di considerare quelle perdite di gas come il frutto di esplosioni causate da un sabotaggio. Ma se per l’Alleanza Atlantica l’unica indiziata è la Russia, per il capo del Cremlino la mano dietro agli attacchi ai gasdotti del Baltico sarebbe da ricercare non genericamente nella Nato, ma più precisamente nella sfera degli “anglosassoni”.

Un termine abbastanza inusuale anche per i discorsi di Putin, che di solito è molto esplicito nell’indicare gli Stati a cui si rivolge, ma che per il presidente russo serve a circoscrivere il nemico. Non c’è un’accusa generica all’Occidente o alla Nato come sua espressione politico-militare: questa volta Putin individua una matrice molto chiara negli “anglosassoni”, indicando perciò Regno Unito e Stati Uniti quali autori del sabotaggio.

La questione può essere vista come secondaria alla luce di quanto sta avvenendo da febbraio. Risulta ormai abbastanza chiaro che Mosca, Londra e Washington giochino una partita contrapposta e che siano di fatto in conflitto, seppure non ufficialmente. Eppure a volte sono anche le singole parole a rilevare le idee di un leader: tanto più se si tratta di un uomo che punta molto sui discorsi e tende a dare estremo peso a ogni parola espressa nei suoi ormai lunghi monologhi con cui parla alla nazione e al mondo.

Perché parlare di “anglosassoni” dunque quando si poteva genericamente accusare la Nato di questo eventuale sabotaggio?

Dal punto di vista militare, è probabile che Putin voglia fare capire che le potenze rivali di Mosca sono due: Londra e Washington. Nell’accusa che il capo del Cremlino rivolge agli “anglosassoni” si certifica sostanzialmente il fatto di considerare queste due forze come veri “interlocutori” di questo scontro. La Russia rafforza l’immagine della guerra con gli Stati Uniti e il Regno Unito, ricalcando il modello della Guerra Fredda. E questo sabotaggio conferma anche un messaggio da veicolare verso l’opinione pubblica: la sfida questa volta si concentra a due nemici con una precisa connotazione strategica e, se vogliamo, anche culturale.

C’è poi un profilo più politico che riguarda non solo la guerra in Ucraina, ma i rapporti con l’Europa. Nel discorso con cui ha celebrato l’annessione delle regioni invase, Putin ha spesso ribadito sia l’importanza centrale degli angloamericani all’interno della Nato, sia un messaggio diretto ai Paesi europei e del resto del pianeta. Putin, in un discorso che molti analisti hanno ritenuto frutto del desiderio russo di finire al più presto la guerra a queste condizioni, ha spesso ribadito che gli Stati Uniti non li considerano alleati ma sudditi. Nelle dichiarazioni di ieri, che si possono leggere sul sito del Cremlino, questo tema è stato uno dei principali fili conduttori.

In un primo passaggio, Putin ha detto che “Washington chiede sempre più sanzioni contro la Russia e la maggioranza dei politici europei la asseconda con obbedienza”, facendo capire che ormai non c’è una classe dirigente Ue a cui rivolgersi e sottolineando quel senso di “tradimento” che il Cremlino dice di avere subito da parte dell’Europa. Subito dopo, Putin dice che “spingendo l’Ue a rinunciare completamente all’energia russa e ad altre risorse, gli Stati Uniti stanno praticamente spingendo l’Europa verso la deindustrializzazione nel tentativo di mettere le mani sull’intero mercato europeo”. Altro modo per segnalare una sorta di dialogo con il Vecchio Continente in chiave antiamericana. In un altro momento del discorso, il capo del Cremlino ha detto che gli Stati Uniti “continuano ad occupare Germania, Giappone, Repubblica di Corea e altri Paesi, che cinicamente chiamano uguali e alleati”. Ancora, Putin, parlando dell’immigrazione causata dalla crisi alimentare per il blocco dei porti ucraini, ha sottolineato che “l’élite americana sta usando la tragedia di queste persone per indebolire i suoi rivali, per distruggere gli Stati nazione” e che “questo vale per l’Europa e per le identità di Francia, Italia, Spagna e altri Paesi con storie secolari”. Anche in questo caso, un messaggio politico diretto a Paesi europei con cui il dialogo si è interrotto dopo la decisione di invadere l’Ucraina.

Come dicevamo, in questo discorso, che doveva celebrare l’allargamento dei confini russi, Putin sembra quasi aver voluto inserirsi nel dibattito europeo. Accusare espressamente gli Stati Uniti e il Regno Unito di avere colpito il Nord Stream non è un semplice argomento per rispondere alle accuse rivolte alla Russia. Mosca sembra assumere una linea diversa: ora accusa direttamente Washington di voler colpire la Russia ma facendo capire all’Europa di essere vittima, a suo tempo, delle scelte statunitensi. Non più un blocco contro Mosca, ma appunto gli “anglosassoni” contro Mosca con l’Europa risucchiata dal vortice. Elemento diverso rispetto a quando parla tout-court di Occidente senza definire i ruoli.

Un messaggio che non va sottovalutato visto il trauma psicologico subito dalla Germania dopo l’attacco a un gasdotto che rappresentava di fatto l’eredità geostrategica dell’era merkeliana. E quindi dell’Europa a trazione tedesca. Il gas in questo caso non è stato uno strumento di negoziato, ma viene visto come un elemento simbolico nella stessa idea dei rapporti tra Europa e Russia. Putin sembra avere scelto di incunearsi tra le due sponde dell’Atlantico, sottolineando le divergenze strategiche. L’accusa verso Londra e Washington per avere distrutto il gasdotto appare in questo caso come una sorta di dichiarazione di intenti. La sua “guerra di civiltà”, perché ormai questo vuole fare passare come messaggio, si è indirizzata esclusivamente verso il blocco angloamericano. E la specificazione delle “élite” esprime quello che la comunicazione putiniana ha sempre voluto evidenziare anche in chiave geopolitica: la sua è una leadership che vuole comunicare al popolo (o ai popoli).