Rafforzare la sicurezza nazionale: è questo uno degli obiettivi principali della Cina, in un periodo storico delicatissimo caratterizzato dall’acuirsi delle tensioni con gli Stati Uniti. Lo si poteva intuire già lo scorso ottobre ascoltando il discorso con il quale Xi Jinping ha aperto il XX Congresso del Partito Comunista Cinese (Pcc), quando il presidente cinese ha usato per lo più i seguenti termini: “persone”, “sviluppo”, “lotta” e, appunto, “sicurezza”, che oltre la Muraglia comprende sia la sicurezza esterna che quella interna.
Nelle ultime settimane, e sempre in quest’ottica, Pechino ha puntato su due pilastri ben precisi: da un lato, come spiegato da InsideOver il governo cinese ha infatti aggiornato la sua legge sul controspionaggio, ampliando notevolmente la definizione di “spionaggio“ per reprimere le interferenze esterne, mentre dall’altro sta iniziando a creando una sorta di “scatola nera” per isolare le informazioni più sensibili relativi ai più svariati argomenti, dall’economia alla finanza.
In entrambi i casi, l’obiettivo è sempre lo stesso, ovvero consolidare la sicurezza nazionale della Repubblica Popolare Cinese.
La “scatola nera” della Cina
In merito al secondo punto citato, il Wall Street Journal ha sottolineato come, spinte dall’enfasi di Xi sulla sicurezza nazionale, le autorità abbiano limitato o addirittura bloccato a soggetti esterni l’accesso di vari database contenenti informazioni su aziende, brevetti, documenti di appalto, annuari statistici ufficiali e riviste accademiche.
Nello specifico, filtra particolare preoccupazione per la decisione di ostacolare l’accesso ad una delle banche dati più importanti della Cina, Wind Information Co, con sede a Shanghai, i cui dati economici e finanziari venivano solitamente e ampiamente utilizzati da analisti e investitori, sia all’interno che all’esterno del Paese.
Ebbene, in seguito all’aggiornamento della suddetta legge anti spionaggio, molti think tank stranieri, società di ricerca e altri enti non finanziari stanno scoprendo di non poter più rinnovare gli abbonamenti a Wind, che ha parlato di problemi di “conformità”.
Queste restrizioni sulle informazioni, tra l’altro, sono arrivate mentre Pechino ha intrapreso una campagna per esaminare e fare pressione su consulenti di gestione, revisori e altri fornitori di servizi occidentali, a cui le multinazionali si affidano per valutare i rischi in Cina, ha aggiunto il WSJ.
La mossa di Pechino
I media statunitensi hanno interpretato la doppia mossa cinese come parte di uno sforzo più ampio per rafforzare il controllo del Partito su come il resto del mondo forma le proprie opinioni relative alla Cina e, allo stesso tempo, per isolare sostanzialmente la Cina dall’influenza straniera.
C’è, inoltre, chi ipotizza come dietro queste tendenze ci sia una convinzione sempre più profonda, incarnata da Xi, che l’Occidente – gli Stati Uniti in particolare – rappresenti una minaccia esistenziale per il potere del PCC. Non a caso, la scorsa settimana il leader cinese ha presieduto una riunione del Politburo che ha messo in evidenza la necessità di “coordinare meglio lo sviluppo e la sicurezza”.
Una tendenza del genere, in Cina, è in atto da anni. Pechino ha iniziato a rafforzare le leggi e i regolamenti volti a proteggere quelli che in generale definisce segreti di stato, a partire dal 2010, sotto il predecessore di Xi, il presidente Hu Jintao.
Fin qui, le autorità cinesi avevano principalmente preso di mira i discorsi dei dissidenti politici, mentre i commenti sull’economia e le notizie sugli affari non davano l’impressione di destare particolari preoccupazioni. Adesso, è sempre più convinta la leadership cinese, tutto può essere sfruttato dai nemici esterni del Dragone per colpire il Paese. Da qui deriverebbe, dunque, la necessità di nascondere i dati considerati più sensibili all’interno di una “scatola nera” ben sorvegliata.