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La Russia decide di estendere l’obbligo di utilizzare le mascherine in pubblico di un anno. Con un decreto firmato dal capo medico sanitario della Federazione Russa, Anna Popova, le restrizioni imposte, come il regime di mascherine sanitarie obbligatorie, il mantenimento della distanza sociale, l’autoisolamento di 14 giorni e una serie di altre misure, sono prorogate fino al primo gennaio 2022.

Rospotrebnadzor, il Servizio Federale per la Vigilanza nel Settore della Tutela dei Diritti dei Consumatori e del Benessere Umano, ha emesso l’ordinanza lo scorso 13 novembre. Nel documento si legge “nel paragrafo 2 del decreto del medico sanitario capo dello Stato della Federazione russa del 22/05/2020 N 15 “Sull’approvazione delle norme sanitarie ed epidemiologiche 3.1.3597-20″ prevenzione dell’infezione da nuovo coronavirus (Covid-19)” le parole “al 1 gennaio 2021” sono sostituite dalle parole “prima del 1 gennaio 2022″”.

Nell’ordinanza si legge anche che la dimissione delle persone entrate in contatto (con positivi n.d.r.) che non hanno sviluppato sintomi clinici durante l’intero periodo di supervisione medica, per impegnarsi in attività lavorativa, viene effettuata dopo 14 giorni di calendario dalla data dell’ultimo contatto con un paziente Covid-19 senza effettuare test di laboratorio.

Mosca quindi proroga le sue misure cautelative di un anno temendo forse un ritorno dell’ondata epidemica il prossimo autunno. Del resto questo virus ha dimostrato una virulenza tale da non portare alla sua auto-estinzione come avvenuto per i precedenti coronavirus, come la Sars e la Mers, che infatti erano caratterizzati da un tasso di letalità molto più elevato rispetto a quello di Sars-CoV-2: rispettivamente del 9,5% e del 34,5%. La stessa diffusione delle due precedenti epidemie di coronavirus è stata alquanto limitata a livello globale, sia per le caratteristiche del decorso delle infezioni sia per i provvedimenti tempestivi presi per contenerle. Questo nuovo coronavirus molto probabilmente ci accompagnerà ancora a lungo e non è escluso che tenda all’endemizzazione in forme ancora meno virulente di quelle che stiamo riscontrando in questi mesi.

Il vaccino, quindi, resta l’unica forma efficace, insieme alle misure di distanziamento personale e diffusione capillare dei dispositivi di protezione individuale (Dpi), per combatterlo.

La Russia è stata la prima nazione ad annunciare al mondo la scoperta di un vaccino: già ad agosto stava sperimentando il Gam-Covid-VacLyo, soprannominato Sputnik V, patrocinato dal Gamaleya Research Institute. Più recentemente, a fine settembre, il presidente Vladimir Putin aveva annunciato che l’agenzia russa che regola il settore dei medicinali aveva approvato un secondo vaccino anti Covid-19, chiamato EpiVaCorona, ma ancora oggi non sappiamo a che punto siano gli studi clinici per la sua certificazione.

Quello che è certo è che stiamo assistendo ad una vera e propria “battaglia” per piazzare i vaccini, con dei risvolti anche grotteschi. La questione dell’efficacia, ad esempio, è stata al centro di un botta e risposta tra Stati Uniti e Russia che ha generato non poca confusione e sollevato sospetti: dapprima l’annuncio che il vaccino statunitense della Pfizer è efficace al 90%, poi la risposta russa che afferma che il proprio ritrovato ha un’efficacia pari al 92%, infine ancora la casa farmaceutica americana che cambia il valore aumentandolo al 95%.

La stessa Svetlana Zavidova, che da anni si occupa di test clinici e di vaccini in Russia, ha spiegato al sito di Science di avere difficoltà a spiegarsi l’annuncio dell’Istituto Gamaleya: “Temo che abbiano visto i risultati di Pfizer e abbiano aggiunto un 2%” metodologia che potrebbe anche essere stata seguita dalla Pfizer in seconda battuta.

Mosca ha poi spostato l’attenzione sul costo unitario di una dose, che secondo quanto riporta l’account Twitter creato per lo Sputnik V, sarebbe inferiore rispetto ai corrispettivi ritrovati made in Usa: si legge infatti che il prezzo annunciato da Pfizer di 19,5 dollari e da Moderna di 25/37 per dose significa in realtà che il loro prezzo sarà rispettivamente di 39 e 50/74 dollari. Per i vaccini Pfizer, Sputnik V e Moderna sono necessarie due dosi a persona, ed il prezzo dello Sputnik V sarà molto più basso, ma non viene detto di quanto, lasciando quindi aperte molti più interrogativi di quanti ne risolva l’annuncio.

Si tratta, si diceva, di una vera e propria guerra senza esclusione di colpi, combattuta per ottenere quel prestigio internazionale, che innescherebbe un circolo virtuoso nella ricerca medico/scientifica: più vaccini si vendono, oltre a significare più soldi che entrano nelle casse di chi lo produce, più si dimostra che i propri centri di ricerca, siano essi pubblici o privati, rappresentano un’eccellenza in grado di essere non solo competitiva, ma anche una realtà da tenere in considerazione per ogni futura problematica sanitaria, per la delineazione di protocolli o per fungere da attrattori di finanziamenti internazionali e proporsi come leader nel campo della ricerca.

Senza dimenticare che vendere un vaccino a prezzi concorrenziali a un Paese straniero, significa legarlo a sé in qualche modo tramite una sorta di “debito di riconoscenza morale” che potrebbe venire incassato un domani in altro modo, magari attraverso facilitazioni commerciali o economiche. Per certi Paesi meno sviluppati potrebbe anche voler dire l’apertura di espliciti legami bilaterali volti a implementare la ricerca scientifica, ad esempio tramite la fondazione di nuovi istituti con personale “straniero” col compito di guida e formazione di quello locale.

La decisione russa di prorogare di un anno certi provvedimenti di contenimento epidemico potrebbe anche riflettere la presa di coscienza che vaccinare la totalità della popolazione sarà un procedimento alquanto lungo e complesso, anche se si prendono in esame solo le fasce più deboli o le categorie professionali necessarie più esposte (Forze dell’Ordine, medici, insegnanti ecc). La decisione russa ci serva da monito: non dobbiamo illuderci che l’arrivo del vaccino statunitense, le cui prime dosi dovrebbero essere disponibili in Italia entro la fine dell’anno, ci libererà, in tempi brevi, dalla presenza del virus né dalle limitazioni alle nostre vecchie abitudini di vita quotidiana.

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