Questa volta non sarà Istanbul, né Sochi: l’incontro previsto per giovedì tra il presidente russo Vladimir Putin ed il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, si terrà a Mosca. E questo non è un elemento di second’ordine: si giocherà in casa russa, il faccia a faccia avverrà nelle stanze del presidente russo, non in campo neutro. Sarà la terza volta in pochi mesi che Putin ed Erdogan parleranno de visu: ad ottobre i due si sono visti a Sochi e, all’ordine del giorno, c’era l’escalation anti curda avviata in Siria dalla Turchia, poi l’8 gennaio l’incontro è avvenuto ad Istanbul in occasione dell’inaugurazione di una parte del TurkishStream ma ha visto anche tra gli argomento toccati la situazione in Libia. Adesso sarà la volta della guerra ad Idlib, lì dove forze turche ed esercito siriano si stanno scontrando frontalmente. E dunque potrebbe non essere un caso che Erdogan sia chiamato questa volta a salire fino a Mosca.

Il richiamo all’ordine di Putin

Lo scenario siriano è tornato ad essere turbolento a partire da gennaio: l’esercito di Damasco nelle prime settimane del nuovo anno è tornato ad avanzare nella provincia di Idlib, l’ultima parzialmente rimasta fuori dal suo controllo. Ma questa è anche la provincia caratterizzata da chilometri di confine con la Turchia, lo stesso da cui tra il 2011 ed il 2012 Ankara ha fatto affluire migliaia di jihadisti ed islamisti in funzione anti Assad. Ed ora Erdogan non ha intenzione di vedere nuovamente la presenza, nei posti di frontiera con Idlib, della bandiera della Repubblica Araba Siriana. Per questo la sua reazione contro le ultime operazioni militari dell’esercito siriano è stata molto dura: prima ha inviato mezzi e nuovi armamenti ai gruppi islamisti da lui finanziati e che controllano gran parte della provincia, successivamente ha mandato i suoi stessi soldati nei campi di battaglia. E questo ha innescato nuove e maggiori tensioni.

Almeno 50 soldati turchi sono stati uccisi, per tutta risposta da Ankara sono stati attivati droni e missili terra aria per togliere ai siriani, e dunque anche ai russi, il monopolio dello spazio aereo su Idlib. L’abbattimento di almeno 3 aerei militari siriani, l’ultimo nella giornata di martedì, ne è un lampante esempio. Ed è proprio sullo spazio aereo che adesso i russi vorrebbero in qualche modo chiarire la situazione. Fonti militari hanno parlato nei giorni scorsi della possibilità che gli specialisti russi abbiano iniziato ad attuare manovre di disturbo, anche di natura elettronica, contro i droni turchi. Tanto che l’esercito siriano è riuscito, tra le altre cose, a riprendere la città di Saraqib senza subire negli ultimi giorni nuovi raid dai droni di Ankara. E dopo l’escalation e gli infruttuosi incontri tra delegazioni russe e turche, adesso Putin potrebbe definitivamente richiamare all’ordine Erdogan: da parte del Cremlino, la principale preoccupazione sarebbe costituita per l’appunto dallo stop alle violazioni dello spazio aereo siriano.

Erdogan isolato

Il presidente turco dal canto suo, oltre a dover giocare in trasferta dovrà tener conto anche del fatto che arriverà a Mosca non certo da una posizione di forza. I suoi interventi ad Idlib non hanno modificato il corso della battaglia, al di là della reazioni ordinate dopo la morte dei soldati turchi per il resto l’avanzata di Assad è potuta continuare senza grandi stravolgimenti. Sotto il profilo militare, le milizie islamiste sostenute da Erdogan appaiono allo sbando e con sempre meno uomini e mezzi a disposizione. Ankara quindi non ha che poche carte da giocare, tanto più che nonostante le minacce rivolte all’Ue sul fronte migratorio Erdogan non potrà presentarsi con in tasca il sostegno europeo o della Nato. Al contrario, da Bruxelles (intesa come sede sia delle istituzioni comunitarie che della Nato) a parte qualche nota di solidarietà nessuno è corso in auto della Turchia sul fronte di Idlib.

L’unico vero obiettivo su cui potrà puntare Erdogan a Mosca, è l’ottenimento di almeno un compromesso volto a tranquillizzarlo sulla vicenda dei profughi in arrivo dalla Siria: ossia la creazione di una fascia di sicurezza attorno al confine per evitare che migliaia di persone premano lungo le sue frontiere. Per il resto però, il sultano da queste ultime settimane ne è uscito leggermente ridimensionato.





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