In Romania la lunga parentesi di incertezza politica potrebbe concludersi questa domenica, giornata in cui i cittadini rumeni eleggeranno il futuro Presidente della Repubblica, dopo che il 10 novembre si è svolto il primo turno e ha suggellato il passaggio dei due candidati principali: Klaus Iohannis, esponente del Partito Liberal Nazionale (Pnl) che attualmente guida il Paese con un governo di minoranza nonchè Presidente uscente e Viorica Dancila, membro importante del Partito Socialdemocratico (Psd) e fino a qualche mese primo ministro, carica che per la prima volta veniva ricoperta da una donna.

Il voto del 10 novembre

Come ampiamente pronosticato, Klaus Iohannis ha vinto il primo turno ottenendo il 37% dei voti dei più di 9 milioni di elettori. L’affluenza si è attestata sopra il 50%, in linea con le precedenti presidenziali tenutesi nel 2014. In quella occasione Iohannis ottenne il 30%, vincendo poi nel secondo turno con il 54% a discapito del candidato del centro-sinistra, Victor Ponta, che invece al primo turno aveva guadagnato il 40% dei voti.

Tanto basta a far comprendere come il risultato della Viorica Dancila segni una pesante sconfitta: 23% dei voti. Una vera e propria debacle considerato che alle parlamentari del 2016 il suo partito aveva ottenuto ben il 45%, segno che gli scandali e gli arresti che si sono verificati in questi anni (il leader Liviu Dragnea fu arrestato nel maggio 2019) nonché la difficoltà a formare un governo stabile e duraturo hanno lasciato il segno all’interno della popolazione rumena.

A pesare sull’economia del risultato sono anche i voti giunti dall’estero, dai rumeni della diaspora. Come ha riportato Radio Europa Libera Romania, Iohannis ha raccolto circa 340mila voti dei 647mila giunti alla Commissione Centrale. Un numero incredibilmente alto se confrontato con quello della Dancila: addirittura solo 17mila. È chiaro che già all’interno del Paese il candidato del centro-sinistra non ha avuto un buon riscontro, al tempo stesso all’estero sembra che il messaggio sia chiaro: no a un presidente legato al Psd.

A seguire si è attestato l’esponente dell’Unione Salvate la Romania (Usr), Dan Barna, con il 15%. Barna era considerato l’unico uomo politico che poteva minare concretamente le possibilità di vittoria nel secondo turno del Presidente uscente. In particolare perché il suo messaggio politico è stato apprezzato dai giovani, tanto che quasi la metà dei suoi voti arriva da elettori tra i 18 e i 34 anni, secondo il rapporto dell’Ires.

I due candidati e le prospettive

Nel frattempo, in vista dell’appuntamento elettorale di domenica, i due candidati non hanno partecipato a un confronto faccia a faccia, più per volontà del presidente uscente che ha ritenuto inutile presentarsi a “un dibattito con una tale persona [Dancila n.d.a.] che rappresenta tutto il peggio della politica degli anni passati”. Inevitabile, con queste premesse, che il clima non si facesse particolarmente acceso. In particolare, durante la conferenza stampa di martedì Viorica Dancila ha affermato che l’atteggiamento del suo avversario politico è tipico di chi vuole concentrare nelle proprie mani tutti i poteri: “Ora, 30 anni dalla caduta del comunismo, noi vediamo un presidente dittatore che vuole avere ogni potere e usarlo contro chi non accetta di percorrere che lui ha disegnato o non accetta di fare quanto ordinato”. L’accusa è stata mossa dopo che l’europarlamentare rumeno del Pnl, Rares Bogda, molto vicino a Iohannis, aveva dichiarato che “Viorica dovrebbe essere pronta a una discussione con i pubblici ministeri”. Parole che la candidata del Psd ha ritenuto gravissime per la democrazia del Paese, qualora il Presidente uscente dovesse effettivamente vincere il secondo turno, eventualità che ovviamente Dancila esclude, per quanto i sondaggi la diano ancora in netto svantaggio.

Insomma, il Paese si avvicina al voto mentre i due candidati si lanciano accuse a distanza. Non ultima quella di Iohannis che ha affermato che la candidata del centro-sinistra “durante il governo ha lavorato molto attivamente contro i rumeni” e che è “la rappresentante di un partito antidemocratico e che ha guidato il Paese contro gli interessi dei cittadini”.

Vero o falso che sia rimane argomento di interesse per analisti e commentatori, ciò che però è chiaro a tutti è che dalle ultime elezioni parlamentari, tenutesi nel 2016, il Psd non è riuscito a garantire un governo stabile di cui invece la Romania avrebbe avuto bisogno. I fallimenti del partito del centro-sinistra hanno portato Iohannis ad affidare il governo a Ludovic Orban, esponente del Pnl, che ha ottenuto la fiducia con 240 voti a favore. A questo punto è indubbio che una conferma del Presidente uscente garantirebbe per la Romania un periodo di minore incertezza. Almeno fino alle prossime elezioni che si terranno alla fine del 2020 ma che potrebbero venire anticipate.

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