L’incontro tra Nicolas Maduro e Vladimir Putin, svoltosi mercoledì scorso a Mosca, è servito a rinsaldare la partnership strategica tra Russia e Venezuela, che intrattengono ottime relazioni diplomatiche bilaterali. I due capi di Stato non hanno partecipato ai lavori dell’assemblea generale delle Nazioni Unite e hanno pertanto avuto modo di organizzare questo colloquio. Putin ha espresso il proprio supporto per la continuazione del dialogo tra il governo di Caracas ed una parte delle forze di opposizione, affermando che evitare il confronto sarebbe irrazionale e potrebbe provocare dei danni al Paese. I maggiori oppositori di Maduro, tra cui Juan Guaido, hanno però rifiutato di tornare a dialogare con Caracas ed una loro delegazione ha incontrato, ai margini dei lavori dell’assemblea generale, il presidente americano Donald Trump. Quest’ultimo ha auspicato la fine della “brutale ed orribile oppressione” portata avanti dal presidente Maduro e ha reiterato la propria vicinanza al popolo venezuelano nella sua lotta per la libertà. Il presidente, pur non escludendo un intervento militare diretto, ha affermato che il suo obiettivo primario è quello di garantire una transizione democratica e pacifica nel Paese. L’imposizione di sanzioni nei confronti delle autorità venezuelane e l’elargizione di ulteriori 52 milioni di dollari all’opposizione dovrebbero servire a questo scopo.
Una relazione speciale
I colloqui tra Maduro e Putin non hanno, in realtà, portato alla firma di nuovi accordi bilaterali. Putin ha affermato che continuerà ad inviare aiuti alimentari e sanitari alla popolazione venezuelana, alle prese con una drammatica crisi umanitaria, ma non sono stati annunciati ulteriori progetti di cooperazione. La spiegazione è molto semplice: la Russia ha investito ingenti risorse nella disastrata economia venezuelana, che continua ad essere sull’orlo del collasso e non ha intenzione di continuare ad esporsi rischiando di perdere tutto. Mosca e Pechino sono, infatti, i due principali creditori di Caracas. Il Cremlino ha autorizzato, nel 2017, la ristrutturazione di tre miliardi di debito venezuelano contratto, nel tempo, con la Russia ed il colosso petrolifero Rosneft, che partecipa a numerosi progetti estrattivi in Venezuela, ha elargito prestiti per oltre due miliardi e mezzo di dollari alle autorità di Caracas in cambio di future forniture energetiche. La Federazione russa è anche la maggiore fornitrice di armamenti al Paese latinoamericano, per un valore di almeno 10 miliardi di dollari a partire dalla metà degli anni 2000 e le forze armate delle due nazioni svolgono, regolarmente, esercitazioni militari congiunte. Aerei e navi da guerra russi, infine, hanno più volte effettuato stop over a Caracas. Il Cremlino non è però un’organizzazione benefica e gli aiuti forniti nel tempo al Paese hanno un’unica funzione: guadagnare spazio strategico in America latina ed infastidire gli Stati Uniti proprio nel loro cortile di casa.
I limiti
Il progressivo sfaldarsi dell’economia venezuelana e le forti tensioni tra esecutivo ed opposizione rischiano di danneggiare gli interessi di Mosca nella nazione. L’appoggio fornito da Putin ad un processo di riconciliazione nazionale, seppur parziale ed incompleto, potrebbe servire a prendere tempo e ad evitare di perdere un’importante alleato nello scacchiere latinoamericano. I deputati filo-governativi hanno recentemente ripreso la loro partecipazione ai lavori dell’assemblea nazionale, dove le forze di opposizione sono in netta maggioranza dopo le elezioni del 2016 e la cui attività è stata avversata da Caracas. Il parlamento è stato privato della maggior parte dei suoi poteri e non ha la capacità di approvare leggi, votare il budget e alcuni dei suoi membri sono stati arrestati dalle forze di sicurezza. Una soluzione politica ai problemi del Venezuela appare molto difficile, anche perché le differenze tra le parti sono ormai troppo ampie. Le sanzioni americane e soprattutto gli aiuti forniti ai nemici di Maduro potrebbero servire ad infliggere un colpo pesante all’esecutivo ma non è detto che ciò basti. Le forze armate del Paese sono al momento fedeli al governo ed inoltre Mosca, Pechino e l’Avana cercheranno ogni possibile soluzione per non perdere il prezioso alleato e garantirsi l’accesso alle enormi riserve petrolifere venezuelane. La grave crisi sociale ed umanitaria, che ha costretto oltre quattro milioni di cittadini a lasciare la nazione, sembra così destinata a durare ancora a lungo.