La propaganda del Partito Comunista cinese genera ogni anno 488 milioni di “finti commenti” sui social network. A rivelarlo è uno studio fatto da Gary King, uno dei maggiori esperti di Scienze politiche degli Stati Uniti, assieme ad un team di ricercatori dell’università di Harvard. L’analisi ha esaminato 2.341 email fra i diversi governi distrettuali e gli uffici di propaganda, nella zona di Ganzhou – provincia del Jiangxi – nel periodo compreso tra febbraio 2013 e novembre 2014.Grazie a questo studio accademico, il team di ricercatori guidato da King, ha potuto identificare 49 mila messaggi online citati in maniera diretta nelle mail. Di questi, quasi il cento per cento, è stato generato negli uffici di duecento agenzie governative. E, proprio su questa base, è stato stimato che i messaggi sui social network creati da impiegati statali sarebbero 488 milioni ogni anno.“La principale minaccia percepita dal Partito Comunista cinese in epoca moderna non è quella di attacchi militari esterni, ma piuttosto un’insurrezione che proviene dal loro stesso popolo”, ha spiegato il politologo che ha guidato la ricerca. Ed è proprio per questo che “i dipendenti del Partito impiegano molto tempo e molte risorse per scrivere pareri positivi sul proprio operato”.A questi numeri, però, vanno aggiunti anche i commenti positivi fatti da “volontari”. Quelli che, secondo il professor Qiao Mu, della Beijing Foreign Studies University, non sarebbero interessati ad un cambiamento sociale. “Queste persone – spiega – non sono pagate e non ricevono ordini dal governo, ma non vogliono vedere cambiamenti drastici nelle autorità e difendono in maniera volontaria l’esecutivo”.Ma c’è di più. Willy Wo-lap Lam, politologo della Chinese University di Hong Kong, sostiene che “per rafforzare il controllo su internet, l’Ufficio generale del gruppo centrale per la gestione degli affari del cyberspazio (CLGCA) e Lega comunista giovanile, hanno lanciato un piano per reclutare più di dieci milioni di giovani”. “Il loro lavoro – spiega – è assicurarsi che ogni materiale politicamente scorretto o occidentalizzato venga bandito da internet e dai social media”.Gli autori della propaganda virtuale made in Cina, dunque, si dividerebbero in due categorie. La prima, in maggioranza, sarebbe composta da impiegati statali o da uomini delle Forze armate del Paese. La seconda, invece, da “volontari” apatici. L’obiettivo, però, è lo stesso: educare alla mistificazione e aumentare il consenso verso il Partito.@fabio_polese





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