La partita del Quirinale si gioca su diversi fronti. E se quello della politica interna è certamente predominante, fra trattative, voci di corridoio ed equilibri tra poteri e partiti, anche il mondo è ormai un elemento da cui non si può prescindere. E il contesto internazionale ha un suo peso specifico nella scelta di un capo dello Stato che per l’Italia è sempre più importante.

Osservato speciale

La scelta del presidente della Repubblica non è infatti un puro gioco politico. Ma un segnale che l’Italia dà anche nei confronti degli alleati. L’equilibrio dei poteri, che è poi il paradigma su cui si fonda la scelta del capo dello Stato, si deve anche riflettere a livello di politica estera. E il presidente, per il suo peso specifico all’interno del Paese, subisce anche i venti che spirano sull’Italia e che provengono dall’esterno. Specialmente per un Paese che si trova in una posizione complessa e da cui si attendono determinate prese di posizione. Sia da parte delle potenze dello stesso rango, sia da parte delle superpotenze e delle alleanze di cui si fa parte.

L’Italia è un osservato speciale. Washington, come scrive Repubblica, sta già premendo sull’attuale governo per avere delle risposte certe nei confronti della crisi ucraina. Mario Draghi, intrappolato dalla partita del Quirinale ma anche da una strategia italiana che non può permettersi fratture con Mosca, per ora sembra sostenere una linea meno rigida nei confronti del Cremlino. E Joe Biden, in collegamento con i leader dell’Unione Europa, ha fatto capire che dai partner del Vecchio Continente si aspetta qualcosa in più.

La crisi ucraina

La crisi ucraina pesa nella scelta del presidente della Repubblica? Difficile dirlo. Sappiamo però come la polarizzazione dello scontro internazionale e questo ritorno alla Guerra Fredda abbiano degli effetti anche sul fronte interno. Quello di oggi non appare un mondo che appare in grado di gestire posizione “eterodosse”. E la tensione crescente tra i due opposti schieramenti, specie per quanto riguarda l’Ucraina, rischia di diventare una chiave di lettura da non trascurare. La conferma arriva in queste ore con le accuse nei confronti di Franco Frattini, uomo che sembrava avere il gradimento del centrodestra e di Giuseppe Conte. L’avere sostenuto una linea di dialogo con Vladimir Putin e alcune posizioni più “realistiche” sul rapporto con Kiev ha scatenato il fuoco incrociato di chi intravede il rischio di un capo dello Stato non totalmente aderente alle logiche atlantiste.

Il nodo Recovery e gli accordi

La pressione internazionale è un elemento che dunque diventa centrale anche per la scelta del presidente. Nella richiesta di una figura che sia marcatamente “atlantista ed europeista”, come avanzato da alcuni esponenti di diversi partiti, si cela quell’inestricabile incrocio di alleanze internazionali, rapporti economici e amicizie con singoli governi che assumono un ruolo rilevante nella politica italiana.

L’Ue si attende una figura che rassicuri sugli impegni italiani nell’ambito del Recovery Fund, sulla stabilità del governo e sulla capacità del Paese di non avere “sbandamenti” rispetto alla rotta europea. Francia e Germania, pur con diverse visioni, sperano che il presidente della Repubblica sia un uomo che riesca a confermare gli impegni anche bilaterali italiani. Parigi, dopo aver siglato il patto del Quirinale, e in attesa di un nuovo presidente anche all’Eliseo, confida in un’Italia che garantisca la partnership. Dalla Germania, invece, sperano che possano proseguire le trattative per un trattato speculare che abbia come protagonisti Roma e Berlino.

Pressione per la nuova Guerra Fredda

Gli Stati Uniti, e quindi la Nato, come già evidenziato in precedenza, si aspettano che il presidente della Repubblica sia in linea con quanto richiesto dalla nuova strategia americana. Fedeltà alla visione atlantica, coinvolgimento diretto negli impegni assunti dall’Alleanza, una posizione più rigida sia per quanto riguarda Mosca sia per quanto riguarda Pechino, vero avversario strategico di Washington per i prossimi anni. Tutti i nomi fatti per il Quirinale appaiono perfettamente in linea con l’appartenenza italiana al blocco euro-atlantico: tuttavia, come visto, questa è un’epoca in cui si richiede una presa di posizione precisa, ai limiti dell’intransigenza. Il richiamo costante di Biden alla “alleanza delle democrazie” e la volontà, manifestata in diversi ambiti, di creare una netta cesura nei rapporti con Paesi considerati “non democratici” sono indicazioni precise sulle linee rosse dettate non solo da questa amministrazione Usa, ma in generale dall’intero establishment statunitense.

Cina e Russia osservano, pur con un interesse diverso e meno evidente, quello che accade in Italia. Quello che è richiesto da Bruxelles e da Washington non può che essere letto come un avvertimento nei confronti di chiunque tenti un avvicinamento nei confronti di Mosca e Pechino.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.