In Polonia è stato di emergenza dal 2 settembre, giorno in cui il presidente Andrzej Duda, rispondendo alle richieste di aiuto provenienti dai voivodati di Lublino e della Podlachia, ha decretato l’inizio ufficiale dell’offensiva contro la “guerra dei migranti” di Aleksandr Lukashenko.
Questa guerra di natura ibrida, che rappresenta la prima minaccia seria, diretta e concreta alla sicurezza nazionale della Polonia postcomunista, nasce all’indomani del crescendo di tensioni estive tra Unione Europea e Bielorussia – il caso Tsimanouskaya – e ha condotto all’ammassamento di decine di migliaia di migranti lungo i confini meridionali della Lituania e la parete orientale della Polonia. Migranti provenienti da Medio Oriente e Asia centrale – Afghanistan incluso – e che alle rotte tradizionali di Mediterraneo e Balcani hanno preferito quella orientale, inconsapevoli di essere entrati in un gioco più grande di loro, di essere dei pedoni la cui sorte è decisa dallo scacchista bielorusso.
I numeri danno ragione alla linea dura di Diritto e Giustizia: più di diecimila persone hanno provato a superare illegalmente il confine polacco-bielorusso da inizio agosto ad inizio ottobre, oltre 50 delle quali identificate come appartenenti ad organizzazioni criminali e/o terroristiche. La stragrande maggioranza dei tentativi di attraversamento è avvenuta nel caotico mese di settembre, quando le autorità hanno registrato 7.535 tentativi di ingresso e i primi decessi tra i migranti, morti per assideramento nel corso del cammino.
L’obiettivo di Lukashenko è chiaro: aumentare la tensione in maniera brusca ma controllata per negoziare una riconfigurazione delle relazioni con i vicini favorevole a Minsk. Perché l’asse Polonia-Baltici, invero, ha scritto e condizionato pesantemente l’euroagenda per la Bielorussia sin dai disordini post-elettorali dello scorso anno. E Lukashenko, oggi, forte del ripristino del legame con il Cremlino, è alla ricerca di rivalsa sull’Europa. Una rivalsa modellata sugli esempi turco e marocchino, che, in quanto carica di potere destabilizzativo, potrebbe concludersi con una vittoria bielorussia.
La storia delle migrazioni pilotate insegna che i registi vincono quasi sempre, ottenendo tutto o parte di ciò che desiderano dal loro bersaglio. E non è da escludere che Lukashenko, oltre all’ammansimento del proprio burbero vicinato, serbi delle ambizioni di condizionamento sull’Unione Europea nel suo insieme. Ambizioni che potrebbero spaziare da un disgelo diplomatico ad un ridimensionamento del regime sanzionatorio, passando per la fine del supporto all’opposizione antisistema, e che potranno essere fermate soltanto apprendendo dagli errori commessi con la Turchia.
Per capire che cosa sta accadendo lungo il confine polacco-bielorusso, e quali piani ha approntato il governo per fronteggiare l’emergenza ibrida, abbiamo intervistato il giovane diplomatico polacco Edgar Kobos. Medaglia al valore della Croce Rossa Polacca e capo della delegazione giovanile della Polonia presso le Nazioni Unite, Kobos ha accettato di rispondere ad alcune domande su questa guerra ibrida ai confini dell’Europa.
La crisi dei rifugiati tra Polonia e Bielorussia va peggiorando con lo scorrere delle settimane. Più di quattro persone sono morte a fine settembre mentre cercavano di attraversare il confine. Potrebbe aiutarci a capire meglio che cosa sta succedendo e, soprattutto, perché?
Attualmente, lungo il confine tra Polonia e Bielorussia, si trovano persone provenienti da Paesi come Afghanistan, Iraq e Siria. Sono tutti ammassati dall’altra parte della frontiera, quella con la Bielorussia, appunto. E si trovano bloccate nell’area di frontiera, queste persone, perché la Polonia non sta facendo altro che proteggere i confini esterni dell’Unione Europea.
I confini esterni dell’Unione Europea possono essere protetti soltanto impedendo a queste persone di entrare nel territorio della Polonia. La Bielorussia, dal canto suo, non consente loro di andare altrove, di tornare indietro.
Quali sono i numeri di questa guerra dei migranti? Quante persone cercano di attraversare giornalmente e/o settimanalmente il confine polacco-bielorusso?
Parliamo di diverse centinaia di tentativi di sconfinamento su base giornaliera, che vengono scoperti e impastoiati dai servizi della Polonia. Questi servizi non sono soltanto la Guardia di frontiera, ma anche le forze armate e le forze dell’ordine, che in questo momento si trovano al confine.
Succede che alcune di queste persone riescano a superare il confine, ma molto spesso vengono catturate dopo aver percorso soltanto alcuni, pochi chilometri. Siamo a conoscenza, finora, di pochi e singoli casi di migranti che, traversando l’intera Polonia, sono riusciti a raggiungere la Germania.
Quali potrebbero essere le capacità della Bielorussia in merito alla strumentalizzazione dei flussi migratori? Mi spiego: è possibile che si assista ad un incremento ulteriore delle persone in arrivo o, invece, il limite è stato già raggiunto?
Io, personalmente, credo che il numero dei flussi migratori provenienti dalla Bielorussia e diretti contro la Polonia possa essere ancora più alto, sebbene al momento sembra improbabile che ciò accade. E il motivo è semplice: la nostra frontiera è davvero ben sorvegliata. I servizi polacchi, poi, non stanno proteggendo solamente il confine polacco, ma anche quello lituano, dove cooperano con le forze dell’agenzia comunitaria Frontex.
Qual è stata la reazione del governo Morawiecki?
Il governo ha proceduto a sigillare il confine costruendo un muro di filo spinato e proclamando lo stato di emergenza alla frontiera, presso la quale sono stati dispiegati l’esercito, la polizia e i guardaconfini. Migliaia di ufficiali stanno operando in maniera costante allo scopo di proteggere i nostri confini. Il direttore dell’agenzia europea Frontex, tra l’altro, ha lodato le azioni dello Stato polacco a questo proposito.
La Polonia è generalmente considerata una nazione molto sicura, con un livello elevato di protezione dalle minacce ibride, ma gli eventi di questi mesi hanno messo in crisi questa lettura. La Polonia è vulnerabile alle armi delle nuove guerre, in questo caso costituite dai migranti, proprio come tutti gli altri, cioè Germania, Italia, Ungheria, eccetera. Preso atto di ciò, in che modo crede la crisi inciderà nel lungo termine, influenzando il vostro concetto di sicurezza nazionale?
La mia opinione è che lo Stato polacco sia forte a sufficienza da respingere tanto questa quanto altre minacce potenziali e che la sicurezza nazionale, almeno nel breve termine, non sia in pericolo. Nonostante il mondo stia venendo scosso da fenomeni sociali ed economici negativi, la Polonia procede sul cammino dello sviluppo e lo fa in maniera intensiva.
I rappresentanti di molte nazionalità vivono nella società polacca contemporanea e non ci sono conflitti a fare da sfondo, come invece accadde un centinaio di anni or sono, ai tempi della Prima repubblica di Polonia.