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Non ci sono solo gas e petrolio nella geopolitica energetica della Russia e nell’avanzata di Vladimir Putin in Medio Oriente. Negli ultimi mesi, infatti, la rete diplomatica e di interessi economici di Mosca si è costruita anche su una vena finora poco esplorata nella grande miniera a cavallo fra Africa e Asia: il nucleare. Tra Nordafrica e Medio Oriente, la Russia, tramite in particolare attraverso Rosatom, gigante statale dell’energia, ha siglato accordi di fondamentale importanza per lo sviluppo dell’energia nucleare in Paesi-chiave di tutta la regione, dimostrando che l’energia resta il caposaldo essenziale della politica estera.

Il Sudan, nuovo partner strategico del Cremlino in una regione assolutamente centrale nel presente e nel futuro non solo del Nordafrica, è uno degli Stati interessati a questa geopolitica nucleare della Russia. Un mese dopo lo storico incontro tra il presidente sudanese, Omar al-Bashir e il suo omologo russo, Vladimir Putin, in cui il governo sudanese ha fatto pubblico atto di fede nei confronti della politica russa, accusando gli Stati Uniti di mettere a rischio la sicurezza della regione, arriva infatti l’accordo per la prima centrale nucleare del Paese: tutto made in Russia. L’accordo è stato firmato da Rosatom Overseas, costola della Rosatom, e dal Ministero delle risorse idriche, l’irrigazione e l’elettricità sudanese a Khartoum e rappresenta una svolta epocale per lo Stato africano. “Come parte dello studio di fattibilità per il progetto di costruzione di centrali nucleari, la selezione dei siti sarà rivista e verranno definiti i parametri chiave”, si legge nel comunicato di Rosatom. L’accordo, come detto, s’inquadra nell’ambito di una serie di accordi siglati fra il governo sudanese e il governo russo, nell’ottica di un avvicinamento sempre più stretto fra i due Stati. Il Sudan si è anche offerto per ospitare sul suo territorio una base militare dell’esercito della Federazione russa, ma ancora non è stata presa una decisione definitiva da parte del Cremlino e dalla Difesa. Il capo della Commissione Difesa del Consiglio della Federazione, Viktor Bondarev, ha affermato che “il successo della nostra campagna contro il terrorismo in Siria hanno indotto molti paesi, che sentono la minaccia all’integrità del loro territorio, alla loro sovranità e sicurezza a rivolgersi alla leadership russa”. “Il Sudan si è rivolto a noi di recente, ma per ora non è stata presa alcuna decisione”, ha concluso il senatore.





Nella geopolitica nucleare, rientra anche uno degli Stati più complessi della regione: l’Egitto. Il governo del Cairo procede a passo spedito verso la costruzione della centrale nucleare di Dabaa. Russa ed Egitto avevano siglato un accordo intergovernativo già nel 2015 al fine di avviare la produzione di energia atomica nel Paese nordafricano. Adesso, proprio con la visita di Vladimir Putin al Cairo, sono stati firmati nuovi contratti per far avanzare il progetto, con la costruzione del primo dei quattro reattori già nel 2022.  La centrale sorgerà a Dabaa, nel governatorato di Matrouh, a circa 130 chilometri dal Cairo, sulle coste del Mediterraneo. Un ritorno della Russia nell’atomica egiziana, dal momento che già nel 1958 il governo di Nasser acquisì il primo reattore nucleare proprio dall’Unione sovietica e il programma energetico atomico dell’Egitto si congelò dopo l’incidente di Chernobyl. Alexei Likhachev, direttore di Rosatom, che costruirà l’impianto, ha elogiato l’accordo siglato fra Putin e Al Sisi, definendolo un passo storico nello sviluppo del Paese e dell’energia nucleare. Lo stesso Putin, nell’incontro del Cairo, ha dato ampio risalto a questa firma dell’accordo, anche perché si tratterebbe di un ingresso trionfale della Russia in un settore in espansione come l’atomica africana. Rosatom gestirà l’impianto (che produrrà circa cinque gigawatt per 60 anni) con un investimento che, probabilmente, raggiungerà i 30 miliardi di dollari. È stata la stessa Russia ad agevolare l’accordo fornendo agevolazioni fiscali al finanziamento di circa l’80% del progetto, a dimostrazione dell’importanza strategica, prima ancora che energetica, dell’accordo siglato con il Cairo. Un accordo che è soprattutto politico e che sposta ancora di più la politica egiziana a favore di Mosca.

Ma non c’è solo il Nordafrica nel programma nucleare russo. Nelle ultime settimane, infatti, arriva una notizia particolarmente interessante dall’Arabia Saudita. Russia e Arabia Saudita hanno, infatti, siglato un’intesa per la cooperazione nel settore dell’energia atomica. Ad annunciarlo, è sempre l’agenzia statale russa, Rosatom. La road-map comprende “una serie di misure necessarie per attuare un programma di cooperazione firmato dalle due nazioni durante la visita del re saudita Salman in Russia avvenuta a ottobre”. Anche in questo caso, il comunicato di Rosatom, come riportato da Tass, non fornisce ulteriori dettagli in merito. L’intesa s’inquadra in una più ampia visione politica di Riad che s’incardina su due binari. Il primo è quello di ridurre sensibilmente  i consumi interni di petrolio, così come sostenuto nel programma “Vision 2030” ideato dal principe Mohammed Bin Salman, diversificando le fonti energetiche e aumentando l’export petrolifero. La monarchia saudita punta al raggiungimento di una capacità di produzione di energia da impianto nucleari pari a 17,6 gigawatt entro il 2032. Il secondo binario, invece, è quello di riuscire a costruire una politica che preveda la forte vicinanza agli Stati Uniti ma, allo stesso tempo, a mantenere rapporti di cooperazione con la Russia, nonostante le forti divergenze politiche sul Medio Oriente, in particolare nella guerra al terrorismo, in Siria e nel confronto con l’Iran. Un binario su cui vuole correre anche Putin, intenzionato a non rompere le relazioni con Riad specialmente per quanto concerne il prezzo del petrolio. L’accordo fra Russia e Arabia in ambito petrolifero resta, infatti, fondamentale per provare un aumento dei prezzi che, per l’economia di entrambi i Paesi, risulta fondamentale.

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