I colloqui per la stesura di una nuova Costituzione siriana, in corso a Ginevra sotto l’auspicio e con la supervisione delle Nazioni Unite, rappresentano il coronamento degli sforzi di Mosca nella risoluzione del conflitto che ha visto coinvolto il Paese mediorientale. Un comitato composto da 150 persone, un terzo delle quali delegate dall’esecutivo siriano, un terzo dall’opposizione politica vicina ad Arabia Saudita e Turchia ed un terzo rappresentati della società civile, dovrà cercare di trovare un accordo per emendare il documento costituzionale vigente o stipularne uno nuovo. Le decisioni andranno prese per consenso o con una maggioranza del 75 per cento e ciò sembra destinato a generare possibili paralisi decisionali. Secondo Geir Pedersen, inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, non ci si dovrà aspettare che i lavori del comitato portino ad una conclusione della crisi siriana o alla fine delle ostilità ma che possano iniziare a creare un clima di fiducia tra le parti, ancora profondamente divise da anni di guerra ed inimicizia.

Il ruolo della Russia

Le basi per la stesura di una nuova Costituzione per la Siria erano state lanciate nel gennaio del a Sochi, nell’ambito della Conferenza di Pace per la risoluzione del conflitto nel Paese mediorientale. La Russia, il principale alleato del regime di Bashar al Assad, ha tutto l’interesse che lo svolgimento dei lavori rinforzi e legittimi, in maniera indiretta, la salda posizione militare governativa mentre la Turchia ha ottenuto l’esclusione dei curdi dello Ypg dalla conferenza. La penetrazione strategica della Russia su Damasco può ormai dirsi completata, grazie alla forte influenza di Mosca sull’organizzazione dei colloqui e la lunga guerra civile, durata otto anni e che ha devastato il Paese causando almeno quattrocentomila morti e dodici milioni di rifugiati, è stata di fatto vinta dall’esecutivo siriano. L’ombrello protettivo di Mosca dovrebbe consentire, nel lungo termine, la tutela dell’integrità territoriale dello Stato, al momento ancora frammentata tra governativi, milizie radicali islamici, la fazione curda dell’Ypg ed i gruppi filo turchi e l’esercito di Ankara. Damasco, in ogni caso, occupa le principali città del Paese, le vie di comunicazione e la fascia costiera risultando, senza dubbio, l’attore locale più forte.

Le prospettive

I riti della diplomazia necessitano di tempi lunghi e di certo persino il governo siriano dovrà concedere qualcosa agli odiati avversari dell’opposizione. Si tratta, però, di dettagli ed il binomio Mosca-Teheran potrà mantenere la propria influenza strategica sulla Siria ancora per molto. Le fazioni ribelli, invece, non dovrebbero riuscire a trovare spazi politici autonomi se non quei pochi che verranno concessi da Damasco. Indebolite e fiaccate dalle gravi perdite, infatti, le opposizioni dovranno cercare di salvare il salvabile e di proteggere quel poco che è loro rimasto. Washington e l’Unione Europea subiscono le iniziative russe e non sembrano avere molto da dire in merito ai prossimi sviluppi delle vicende locali ormai incanalare verso binari definiti. La condizione dei curdi dell’Ypg, infine, è particolarmente preoccupante. Schiacciati dalle iniziative militari di Ankara, abbandonati dagli Stati Uniti e costretti a scendere a patti con Damasco rischiano di crollare e di perdere il controllo di quei territori conquistati al prezzo di gravi spargimenti di sangue. La pace in Siria, in definitiva, riporterà l’orologio della storia indietro di qualche anno e cristallizzerà la supremazia di Damasco sullo scenario locale a discapito dei diversi rivali e delle potenze che li appoggiavano.