Contenere l’avanzata della Cina e, al tempo stesso, allargare la propria sfera d’influenza. È questo il complicato obiettivo dell’India di Narendra Modi, che si trova in una situazione complessa, schiacciata da due fuochi: da una parte il ruggito del Dragone, che lentamente sta strozzando l’Elefante indiano con una serie di alleanze diplomatiche strategiche, dall’altra le profonde divisioni interne che spesso impediscono a Nuova Delhi di avere una lucida politica estera. L’India, nonostante sia considerata dalla maggior parte degli analisti una delle potenze del futuro, ancora fatica ad avviare un concreto processo di modernizzazione; a poco sembra servire il vantaggio di poter contare su una democrazia, e pure su varie alleanze con diversi partner occidentali. La Cina, adottando una strategia diversa, ha puntato su un sistema a partito unico e, almeno inizialmente, su una rigida pianificazione del mercato; oggi Pechino è il paladino della globalizzazione e del libero mercato.

La “collana di perle” di Xi Jinping

In un certo senso Cina e India non possono essere complementari, nel senso che soltanto una delle due riuscirà ad estendere la propria influenza sul resto dell’Asia. Al momento il governo cinese è avvantaggiato, lanciato com’è nel progetto infrastrutturale della Nuova Via della Seta e di un arricchimento quasi perpetuo. Eppure Pechino teme l’eventuale ritorno di fiamma indiano, anche se l’India sembra un pachiderma incapace di incutere timore. A ben vedere Modi, dal punto di vista militare può contare sul nucleare, mentre in politica fonda il suo mandato su un vasto elettorato. È proprio l’attuale leader indiano ad aver spinto Pechino ad adottare la strategia della “collana di perle”; il presidente cinese Xi Jinping sta tessendo una fitta rete di alleanze con vari Stati asiatici, mediante accordi commerciali e tanto soft power, al fine di contenere l’eventuale, futura, espansione di Nuova Delhi.

La “Neighborhood” First di Modi

La Cina ha piazzato le prime pedine intorno all’India, che una volta circondata – pensano da Pechino – non può far altro che arrendersi. I paesi in cui il Dragone ha affondato gli artigli sono il Pakistan, acerrimo rivale del governo indiano, ma anche rappresentanti del sud est asiatico, come Bangladesh, Maldive e Sri Lanka, e pure, nell’Oceano Indiano, Seychelles e Mauritius. L’India, stanca di ritrovarsi un pugno di mosche tra le mani, ha contrattaccato stringendo le prime alleanze con altri partner. La strategia di modi è stata rinominata Neighborhood First, che può essere tradotta in italiano come “prima il vicinato”. La mossa è semplice: controbilanciare l’influenza cinese in una regione che fino a pochi secoli fa Nuova Delhi conosceva come le sue tasche.

Il braccio di ferro tra Pechino e Nuova Delhi

Lo scorso giugno Narendra Modi ha visitato le Maldive, effettuando qui il primo viaggio all’estero dopo la sua conferma come primo ministro indiano; a seguire, Modi è stato in Sri Lanka, un altro paese attirato dall’orbita cinese. Adesso è la volta del Buthan, l’unico vicino cinese con cui Pechino non ha relazioni diplomatiche ufficiali; ma Nuova Delhi sta giocando di sponda anche con il Giappone. Insomma, tra il governo cinese e quello indiano è partito il braccio di ferro politico per estendere il proprio dominio sull’Asia a spese dell’avversario: è il nuovo Grande Gioco asiatico. La Cina è in vantaggio ma l’India promette di non arrendersi.

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