Andrew Gillum ha perso la sfida per il governatorato della Florida, ma potrebbe comunque rappresentare un’opzione per i Dem in vista delle presidenziali del 2020. Sarebbe difficile giustificare altrimenti l’incontro avuto con Barack Obama, pochi giorni fa, a Washington. 

L’ex presidente degli Stati Uniti d’America ha assunto l’insolito ruolo di selezionatore in vista della prossima turnata elettorale. A lui è stato assegnato il compito d’individuare il candidato più idoneo per battere Donald Trump.

Gillum ha riconosciuto di aver perso contro Ron De Santis, concedendo la vittoria all’esponente conservatore – repubblicano, ma solo dopo dieci giorni di spoglio elettorale continuativo. Gli asinelli, durante le medio – termine, stavano per strappare al Tycoon uno Stato chiave e spesso soggetto a mutabilità elettorali. La performance dell’afroamericano non è sfuggita agli analisti politici che stanno cercando di capire cosa bolle nella pentola democratica. 

Barack Obama ha avuto modo di confrontarsi anche con un altro sconfitto di successo. Beto O’Rourke, che è stato sconfitto in Texas da Ted Cruz, sta meditando la sua partecipazione alle primarie e ha già ricevuto il sostegno di tanti storici finanziatori progressisti. Il fatto che l’ex inquilino della Casa Bianca stia tenendo questi meeting va sottolineato in rosso. Ci consente, infatti, d’iniziare a delineare il profilo del “candidato ideale”. 

Ai democratici serve un “uomo nuovo”, in grado di dialogare tanto con le minoranze quanto con il ceto medio degli States. Bisogna identificare, insomma, una versione rinnovata di quello che fu l’obamismo. Un uomo troppo inserito all’interno dell’apparato partitico potrebbe far scattare di nuovo i meccanismi che hanno consentito a The Donald di vincere nel 2016: la mancata partecipazione di massa al voto degli ispanici, degli afroamericani e delle persone di origine asiatica e il diffuso revanscismo nella Rust Belt. 

Lo staff di Obama, dopo il summit con Andrew Gillum, si è rifiutato di rilasciare dichiarazioni, ma è noto che l’esponente che è andato vicino a diventare il primo governatore afroamericano della Florida incarni, meglio di altre, queste qualità politiche. A questo bisogna aggiungere che la famiglia Obama, per mezzo delle mid – terms, ha ripreso in mano le redini dell’opposizione

Se Michelle dovesse decidere di scendere nell’arena, nessuno si troverebbe in diritto di pronunciare una parola ostile. Alle primarie democratiche manca un anno esatto, ma la sensazione è che gli Obama siano già impegnati a tracciare il percorso: a loro due, tenendo sempre in considerazione la volontà dell’elettorato, spetterà l’ultima parola sull’avversario di Donald Trump. 

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