Il Giappone guidato dall’azione energica del primo ministro Shinzo Abe, negli ultimi anni ha accentuato l’attivismo in politica estera. Dal 2012 a oggi, infatti, Abe è stato fautore di un’elaborazione strategia più assertiva, capace di definire con precisione gli interessi nazionali di Tokyo. Descrivendo i principali cambiamenti apportati alla nazione dal governo Abe, nelle scorse settimane abbiamo individuato nel nuovo approccio alla politica estera uno dei principali sviluppi definiti dall’esecutivo nipponico. La recente missione diplomatica del leader giapponese in Europa Orientale testimonia come Abe sia determinato a rafforzare la proiezione internazionale del Paese facendo della valorizzazione del proprio potenziale economico un elemento di rafforzamento geopolitico.
Dall’11 al 16 gennaio, infatti, Abe ha visitato sei Paesi dell’Europa Orientale, Estonia, Lettonia, Lituania, Serbia, Bulgaria e Romania, e portato avanti importanti discussioni volte a definire la cooperazione economica e politica tra Tokyo e una regione dall’importante potenziale strategico, oggetto nel corso degli ultimi anni delle attenzioni della Repubblica Popolare Cinese, investitore sempre più coinvolto nelle dinamiche di questi Paesi.
Tutti gli interessi del Giappone in Europa Orientale
Abe ha approfittato dell’articolata visita per celebrare la conclusione dell’Economic Partnership Agreement (EPA) tra Tokyo e l’Unione Europea, un accordo che, come segnala Thisanka Siripala su The Diplomat, coprirà i rapporti di scambio tra due aree economiche rappresentanti il 30% dell’economia mondiale e potrebbe aggiungere, nei prossimi anni, un punto percentuale alla crescita del PIL nipponico.
Nella crescita dell’interscambio tra Giappone e Unione Europea, le regioni dell’Europa Orientale giocheranno un ruolo primario nei prossimi anni: in questo contesto, la nazione che risulta primariamente interessata dalle azioni nipponiche sarà la Romania, che potrebbe vedere circa 40.000 posti di lavoro generati nei prossimi anni dagli investimenti di Tokyo nel settore manifatturiero e dei servizi. Incontrando a Bucarest Klaus Iohannis, il Presidente della Romania facente funzioni del governo in una fase di crisi politica interna, Abe ha definito la crescita economica del Paese il principale pilastro dei rapporti bilaterali.
Accelerando il tasso di investimento nell’Europa Orientale, Abe punta ad incrementare la velocità di implementazione dell’EPA e di conseguire il prima possibile i dividendi dell’accordo commerciale con Bruxelles che, come segnala Xinhua, potrebbero consistere in 292.000 posti di lavoro e 45 miliardi di dollari di incremento della crescita economica annua.
Il Giappone sbarca sul Baltico
Di rilievo primario sono stati anche gli incontri tra i Presidenti delle repubbliche baltiche ex sovietiche e Abe e la delegazione che lo ha seguito dal Giappone, costituita in larga misura da uomini d’affari.
Il Japan Times ha parlato di un “three-way pact” siglato dal Giappone con Estonia, Lettonia e Lituania dopo la cordiale accoglienza riservata al leader di Tokyo a Tallinn, Riga e Vilnius. La partnership multilaterale, particolarmente saliente nel contesto dei crescenti rapporti tra Europa ed Estremo Oriente, è destinata a svilupparsi non solo sulla scia di accordi economici e piani d’investimento, ma anche per effetto di una crescente convergenza geopolitica: il Giappone è sbarcato sul Baltico anche grazie alle dure dichiarazioni di Abe sulla crisi nordcoreana, sicuramente ben accette alle leadership di Paesi che fanno della fedeltà all’Alleanza Atlantica il cardine della loro politica estera.
La crescente rilevanza del Giappone in Europa Orientale è un elemento di novità delle dinamiche regionali, rese sempre più complesse dal ruolo strategico della regione e dal crescente attivismo cinese: la percezione, in ogni caso, è che le mosse di Abe nell’area possano essere complementari alle iniziative cinesi, concentrate sul piano infrastrutturale, e non siano da considerare una “sfida” alle mosse di Pechino simile a quella portata avanti in Iran, dove Tokyo, assieme all’India, punta a portare avanti una vera e propria alternativa alla “Nuova Via della Seta”.