Fino a pochi giorni fa, i visitatori e i turisti diretti nella capitale della Macedonia, Skopje, che fossero giunti nel Paese attraverso l’aeroporto internazionale della città avrebbero potuto notare, nel loro viaggio dal terminal degli arrivi al centro, la presenza di un richiamo costante, simbolico e concreto al tempo stesso, ad Alessandro Magno.
Dall’aeroporto internazionale intitolato ad Alessandro Magno, infatti, si sarebbe giunti, attraverso il sistema di tangenziali e viali della capitale, alla centralissima Plostad Macedonia, la grande piazza dominata da una grande statua bronzea del condottiero in sella al suo cavallo Bucefalo, coronamento di quella che Helena Smith del Guardian definì nel 2011 una “miniera edilizia” destinata a stravolgere l’assetto di Skopje su volontà dell’allora Primo Ministro Nikola Gruevski.
Alessandro Magno è diventato il simbolo della rivendicazione nazionale della Macedonia dopo la sua secessione dalla Jugoslavia nel 1991 ed è oggi un protagonista della storia contesto tra il Paese e la Grecia, suo vicino meridionale che, come ricorda la Smith, “ritiene che l’origine greca del comandante sia una prova inconfutabile delle credenziali di ellenicità della Macedonia”. La Grecia ha fatto una questione primaria del riconoscimento del nome con cui la repubblica balcanica deve essere riconosciuta nel mondo, accettando lo status provvisorio di “Former Yugoslavian Republic of Macedonia” (FYROM), ma non quello di “Repubblica di Macedonia” riconosciuto da 130 Paesi ONU.
Ora, al fine di accelerare il processo di integrazione nelle istituzione europee ed atlantiche, il governo di Skopje ha proposto quattro nomi per superare i veti di Atene sul suo accesso: e non è un caso che un sintomo del tentativo di ricercare un modus vivendi con la Grecia sia proprio la rimozione, a partire dal 24 febbraio scorso, della grande insegna “Alexander the Great Airport” che dominava l’hub di Skopje.
Quattro nuovi nomi per la Macedonia
Al fine di stemprare le tensioni dovute all’equivoco tra il nome del Paese e quello dell’omonima regione del Nord della Grecia, causa di imponenti dimostrazioni ad Atene a inizio febbraio e sintomo dell’importanza delle questioni identitarie nei Balcani meridionali, il Primo Ministro macedone Zoran Zaev ha portato avanti complessi negoziati con Alexis Tsipras ed è arrivato a proporre, come riportato da Reuters, quattro possibili nomi per la sua nazione: Repubblica della Macedonia del Nord, Repubblica dell’Alta Macedonia, Repubblica della Macedonia Vardar e Repubblica di Macedonia (Skopje).
L’obiettivo di Skopje è giungere a un compromesso entro la fine della primavera, dato che rimuovere il veto greco al suo accesso all’Unione Europea e alla NATO risulterebbe decisivo in vista dei summit delle organizzazioni a giugno e luglio.
La palla passa ora alla politica greca: come segnala Politico, mentre Tsipras è sembrato abbastanza accomodante, i partner di coalizione di Syriza, i Greci Indipendenti nazionalisti, hanno rifiutato di sostenere qualsiasi opzione recante nel nome la parola “Macedonia”, mentre decisiva risulterà la presa di posizione del principale partito d’opposizione del Parlamento di Atene, Nuova Democrazia, il cui leader ha chiesto a Skopje di riflettere un eventuale cambiamento nella Costituzione macedone, per evitare possibili future reclamazioni irredentiste sulla “Macedonia greca”.
La situazione è complessa ma una via di soluzione, sulla scia del negoziato greco-macedone, è possibile, ma la profondità del dibattito segnala una volta di più la complessità di una regione nella quale il passato non è mai veramente tale e anche il nome di uno Stato può condizionare il suo posizionamento internazionale. “I Balcani producono più storia di quanto ne riescono a digerire”, diceva Winston Churchill: dal contenzioso su Alessandro Magno in avanti, la diatriba tra Atene e Skopje conferma questa citazione del grande statista britannico.