Volodymyr Zelensky è pronto per la sua missione più delicata dall’inizio della guerra in Ucraina: la puntata che lo porterà prima a Gedda, in Arabia Saudita, al meeting della Lega Araba, e poi a Hiroshima, in Giappone, per il G7. Una doppia puntata agli estremi opposti dell’Asia per capire gli umori del mondo oltre il blocco euroatlantico, già tutt’altro che granitico sul futuro del conflitto tra Kiev e la Russia.

La missione araba

Due facce della stessa medaglia, quella di un mondo globalizzato che sul conflitto nell’Est Europa si è polarizzato. Alla Lega Araba, Zelensky arriverà nel primo summit dopo la riammissione della Siria, fedele alleata di Vladimir Putin, dove potrebbe addirittura incontrare Bashar al-Assad, giunto alla corte di Mohammad bin Salman in Arabia Saudita per un summit destinato a cambiare gli assetti del Medio Oriente.

La Lega Araba si è sempre posta in una posizione di mediazione a cavallo tra i due blocchi in conflitto e non ha mai ufficialmente condannato l’attacco di Mosca a Kiev. Molti Paesi hanno condannato singolarmente, nei voti all’Onu, l’invasione russa e il Marocco fa addirittura parte della Coalizione di Rammstein per il sostegno all’Ucraina. Ma la Lega Araba non ha mai cavalcato la polarizzazione globale aperta dal conflitto e ha assunto una posizione sfumata, col Segretario Generale Ahmad Abu Al Gheit che nel 2022 ha denunciato addirittura pressioni Usa per denunciare le mosse di Mosca.

Zelensky scopre in un certo senso il mondo “reale” oltre il sostegno invocato come completo e inossidabile da parte di Europa e Usa. Capirà gli atteggiamenti politici di Paesi come Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, “fari” di un Medio Oriente sempre più in de-escalation dopo gli accordi tra Riad e l’Iran, strateghi degli accordi con la Russia per l’Opec+ e secondo i critici Paesi intenti a guadagnare indirettamente dal conflitto. Ma anche Stati che dalla stabilità dei rapporti con Occidente e Est guadagnano per il loro ruolo di centri del commercio globale e per la loro posizione geografica. E mediatori potenziali per una futura fase di dialogo.

La visita al G7

Sarà poi la volta del G7, al 49esimo summit della sua storia, ove Zelensky potrebbe secondo la Cnn presenziare domenica. Qui i Paesi membri stabili dei “Grandi” della Terra non mancheranno di riaffermare compatti la volontà di confermare il sostegno all’Ucraina e alla sua resistenza. Ma al contempo ci sarà modo di capire chi tra i Paesi del G7 è più attivo nel garantire armi e munizioni all’Ucraina. Zelensky sa che Kiev ha solo una grande carta da giocare: quella di una controffensiva vittoriosa che guidi le sue forze armate a un vantaggio strategico e confermi la volontà di continuare a resistere per spingere l’Occidente a mantenere costanti le forniture di armi. Regno Unito a parte, in testa nel contrasto alla Russia via Ucraina, e fatta eccezione per gli Stati Uniti, che tra armi e indirizzo strategico sono convinti delle forniture di armi ma divisi sul futuro politico del conflitto, il nodo sarà sull’Europa.

Ma oltre alla guerra sul campo, Zelensky si prepara a cercare possibili pontieri anche al G7. Certa la benevolenza di Joe Biden, Rishi Sunak, Giorgia Meloni e gli altri leader occidentali, sarà sicuramente interessante capire cosa accadrà quando Zelensky avrà modo di confrontarsi con i leader di India, Brasile e Indonesia, ospiti in un “G20 in miniatura”. Oltre a Narendra Modi, già atteso, negli ultimi giorni sono state confermate le presenze del presidente brasiliano Lula e del capo di Stato indonesiano Joko Widodo. Tre capi di Stato del fu movimento dei “Non Allineati” che hanno la possibilità di essere strategici per l’Occidente senza per questo rompere con la Russia. E i cui umori per Zelensky sono, in questa fase, molto più indicativi di quelli dei leader il cui supporto è certo.

L’Ucraina ha – comprensibilmente – ridotto i contatti col resto del mondo dopo l’invasione. E ora comprende che per uscire politicamente vittoriosi dal conflitto e trovare vie d’uscita parallele o in caso estremo alternative all’avanzata militare serve evitare di lasciare alla Russia il dialogo col “Global Rest”. La riapertura del dialogo con la Cina è stata una prima mossa. Ora per Zelensky comincia una missione non scontata. Che vale molto di più delle apparizioni a festival occidentali o di viaggi in territori “amici”. Sarà un viaggio politicamente complesso e forse il più coraggioso del capo di Stato ucraino, che dovrà confrontarsi con un mondo reale che è più ampio dell’Occidente che a parole gli ribadisce sostegno. Una prova generale delle sfide con cui l’Ucraina dovrà confrontarsi in vista del futuro della guerra e della pace.

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