Una minaccia per la cultura locale. Per questo motivo, in Cina, i fumetti giapponesi sono osteggiati dal governo cinese. Pechino sta cercando di creare una visione del mondo “con caratteristiche cinesi” e non tollera intromissioni di alcun tipo all’interno dei suoi confini. Dal sistema politico alle tecnologie, dall’ideologia alla cultura, manga compresi.

Stop alle influenze culturali straniere

La parola d’ordine di Xi Jinping è riscoprire la Cina. Il Dragone ha alle spalle una cultura millenaria, e soltanto riscoprendola il Paese potrà presto superare gli Stati Uniti nell’immaginario collettivo. Dunque, al bando tutte le influenze culturali esterne. Per prima cosa perché provenienti da Paesi che in passato hanno seminato il panico oltre la muraglia. Inoltre alcune tradizioni non appartengono minimamente al background culturale cinese, come nel caso del Natale e di altre feste occidentali. E poi perché certe volte questi prodotti sono in pericolosa concorrenza con le usanze interne.





Fumetti giapponesi nel mirino

L’ultima critica ha colpito il fumetto giapponese. Il manga ha sempre più successo in Cina ma le autorità ritengono che possa “colonizzare le menti dei giovani” con valori e comportamenti inadeguati. Scene di violenza, pornografia, crimini contro la moralità pubblica ma anche episodi di terrorismo. Prima di poter circolare liberamente i manga devono infatti ricevere l’approvazione del Ministero cinese della Cultura. La risposta della Cina a questa invasione sta nella promozione di fumetti nazionali, proprio come l’ultimo su Marx.

La politica di Xi Jinping

La vera battaglia non è tra fumetti giapponesi o cinesi. Dietro alla diatriba ci sono almeno due questioni rilevanti. La prima: Pechino, per mezzo del Partito Comunista, intende attirare i giovani, che sono però a loro volta attratti da guerrieri e supereroi nipponici. La seconda: Xi Jinping estende la politica del “Make China Great Again” anche per le cose più banali. La riscoperta della fumettistica nazionale è un chiaro esempio del Paese che ha in mente il Presidente cinese. Basta rincorrere le mode e le tendenze giapponesi o americane. La Cina deve proporre idee e modelli unici e caratteristici. In ballo c’è un mercato miliardario e, sullo sfondo, le relazioni diplomatiche sino-giapponesi.

Un’industria miliardaria

L’anime giapponese ha infatti conquistato la Cina, tra spettacoli televisivi, videogame e fumetti di ogni tipo. Questi prodotti si rifanno alla cultura pop giapponese, una realtà figlia di un Paese che per ragioni storiche non è ben visto da Pechino. L’industria degli anime fa comunque registrare cifre significative per il contesto cinese, con più di 200 milioni di consumatori e un mercato interno che entro il 2020 dovrebbe raggiungere un giro di 30 miliardi di dollari.

Lavaggio del cervello impercettibile

I genitori e i nonni dei giovani di oggi non ci stanno a vedere figli e nipoti conquistati dall’immaginario di un Paese, il Giappone, che per decenni ha inflitto orrore e distruzione alla Cina. In molti la pensano come Zhang Jie, un venditore che lavora in una start-up nel settore delle comunicazioni. “L’anime è un’invasione culturale – spiega senza mezzi termini il signor Zhang – Quando penso a quello che sta succedendo l’unica frase che posso usare per descriverlo è lavaggio del cervello impercettibile e minuzioso. Questo è il modo migliore per spiegare cosa sta accadendo alla generazione di mia figlia”.

L’attacco dei media cinesi

I media hanno già preso posizione. Sul Global Times si legge che “in Cina ci sono giovani ragazze che impazziscono per le star, anime e videogiochi giapponesi- Tutto questo ha una tale presa su di loro che stanno iniziando a parlare, scrivere e persino cantare con un accento giapponese. Dal punto di vista della nostra cultura tradizionale e della nostra sicurezza questo non è solo deplorevole, ma terrificante”.

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