Nella guerra ibrida del futuro gli Stati Uniti punteranno su piccoli team di specialisti capaci di combattere per terra, aria, mare, nello ‘spazio’ e on-line i nemici non ‘dichiarati’ che avranno raggiunto la loro stessa capacità tecnologica, e che minacceranno lo staus-quo sui campi di battaglia ‘senza quartiere’ di domani.

Secondo gli analisti, l’US Army dovrà mutare le proprie strategie in vista degli scenari che potrebbero presentasi sui campi di battaglia del 2025-2040; dove sarà inutile o inconcepibile schierare le grandi unità di oggi, e dovranno essere inviate piccole squadre “semi-indipententi” altamente specializzate, capaci di combattere contemporaneamente su ‘tutti’ i piani: dal corpo a corpo al cyber-spazio. Queste unità altamente versatili, paragonabili ai ‘team’ delle Forze Speciali di oggi, dovranno essere capaci di lanciare e controllare attacchi di droni, acquisire coordinate e lanciare missili dal cuore del territorio nemico, infiltrarsi ed esfiltrarsi, senza avere i fianchi protetti, e se necessario senza mantenere comunicazioni con il comando. Praticamente le unità che l’immaginario comune verrebbero impiegate nelle cosiddette ‘Black Ops’.





Il TRADOC (Army’s Training and Doctrine Command) sta già elaborando i nuovi manuali per addestrare i soldati del futuro a sconfiggere il nemico lì dove non sarà capace fare distinzione tra guerra e pace, e dove un telefono satellitare o un tablet JTAC (Joint Terminal Attack Controller) saranno più risolutivi di un fucile d’assalto MA4 carico o di un RPG (Rocket Propelled Grenade, ndr).

Secondo la bozza del l’ultimo “documento concettuale” dal titolo “Multi-Domain Battle: Evolution of Combined Arms for the 21st Century 2025-2040”.

gli ‘avversari di domani’ saranno sempre più vacui e non dichiarati: combinandosi in formazioni ‘regolari’ e irregolari e mischiandosi a entità come organizzazioni criminali e terroristiche; avranno come unico intento quello di minare le capacità e approfittare della vulnerabilità delle Forze Armate “aggirandone la forza”. Il documento riporta infatti la continua propensione degli avversari, già nei conflitti in corso, a spostare il ‘confronto’ per conseguire i propri obiettivi strategici fuori da quello convenzionale che gli Stati Uniti – e molti dei sui alleati – considerano tradizionalmente il ‘campo di battaglia’. Per questo i piccoli team semi-indipendenti diventeranno la contromisura da impiegare contro le minacce di lupi solitari e piccole/medie fazioni, che si tratti di organizzazioni terroristiche o eserciti regolari nazionali. I tre punti principali sui quali verte il concetto di “nuova strategia” sono:

Internet, tecnologia e cyber-warfare

La velocità esponenziale della tecnologia e dell’informazione in un futuro dove le forze americane non potranno sempre contare sulla supremazia tecnologica – che si tratti di droni o personal computer – potrà modificare gli equilibri sui quali la Difesa si è attestata per secoli. A questo si lega l’importanza fondamentale di Internet nei conflitti di domani; concepita non solo come ausilio logistico nello scambio di comunicazioni/dati sensibili e nella guerra cibernetica che le divisioni di hacker militari combatterono fino all’ultimo malware, ma nella necessità di monitorare/controllare la diffusione di notizie – talvolta falsificate – che immesse in rete attraverso le piattaforme social veicolano l’opinione globale riguardo i conflitti in corso. Gli eserciti di troll devoti alla disinformazione potrebbero “complicare la capacità di percezione dell’Intelligence [dell’Esercito]” se non contrastati adeguatamente.

Gli scenari urbani nelle Megalopoli

Come già avvenne in passato tra il XVI e il XX secolo, il sensibile cambiamento dei campi di battaglia porterà una necessaria e adeguata modifica delle strategia e dei mezzi schierati sul campo. La proiezione dei conflitti che si consumeranno sempre più frequentemente in scenari ‘urbani’ di megalopoli previste negli anni 2030-2050 cancelleranno totalmente il vantaggio di possedere veicoli da combattimento di ultima generazione che potevano confermare la supremazia nei gli spazi aperti come i deserti. Essi si dimostreranno inservibili a causa della presenza della popolazione e del rischio di vittime collaterali, portando il confronto sui piani di mobilità e infiltrazione. Come la ‘guerriglia’ modificò le strategie del passato, l’adeguamento delle strategie di domani dovrà tenere conto delle tattiche – talvolta subdole e criminali – che il nemico sta già impiegando in teatri come la Siria e l’Iraq.

Il Cyberspazio e le armi di distruzione di massa

Gli analisti dell’esercito stanno osservando un aumento esponenziale di grandi e piccole potenze che possono o potranno accedere a tecnologie come satelliti, armi nucleari, missili a lungo raggio e armi di distruzione di massa batteriologiche/radiologiche/chimiche: “Lupi solitari e piccole fazioni con il potere di competere con molti Stati nazionali di oggi.” sono le parole utilizzate nel documento concettuale per sottolineare la capacità di un piccolo gruppo di terroristi di ottenere successi nel cyberspazio o di tenere in scacco un’intera nazione minacciando l’impiego di armi di distruzione di massa.

Questi input dimostrano come gli Stati Uniti debbano cambiare radicalmente le proprie strategie dimenticando come sono state combattute le guerre del passato, ma tale idea non può considerasi del tutto nuova. Il mondo ha già sentito parlare infatti degli ‘omini verdi’ di Putin: quelle unità speciali assimilabili agli soldati scelti Specnaz (Вежливые люди) che nel 2014 si palesarono in Crimea e come sub-unità combatterono la guerra ‘ibrida’ contro l’Ucraina.

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