A Villa Maximos, sede e residenza del primo ministro greco, forse già da settimane preparano le valigie. Nessuno lo ammette fino alla pubblicazione dei risultati delle elezioni di domenica, ma il tempo di Alexis Tsipras sembra finito. A meno ovviamente di un miracolo, il quale però assumerebbe le sembianze di una rimonta ancora più difficile di quella che, da queste parti, nel 1896 riesce a Spyridon Louis nei confronti di Edwin Flack nel corso della prima maratona olimpica della storia moderna.

Tsipras verso la sconfitta elettorale

La parabola di Alexis Tsipras rischia, alla lunga, di rivelarsi alla storia come una mera parentesi politica intercorsa nel momento più caldo della crisi economica greca. L’ingegnere che nel 2001 viene bloccato ad Ancona nel suo tentativo di raggiungere le manifestazioni anti G8 a Genova, entra in parlamento ad appena 35 anni grazie all’intuizione di unificare sotto la sua guida i vari partiti e movimenti della sinistra ellenica. Nasce così Syriza ed è con questa formazione che Tsipras entra in parlamento nel 2009. Sono gli anni del governo di Papandreu, dello scoppio della bolla rappresentata dal debito greco e dell’arrivo su Atene della scure cinica e fatale della Troika. Nel giro di pochi anni i greci subiscono un terribile shock economico e sociale: licenziamenti, austerity, taglio della spesa su sanità ed istruzione, aumento fino al 26% della disoccupazione, continui disordini e scioperi ad Atene come nel resto del paese.

Tsipras intercetta il malcontento e la gente si rivolge a Syriza nella speranza di tornare ad avere voce in capitolo e politiche volte ad interrompere la spirale della troika. E così già nel 2012 Tsipras ottiene il 12% dei voti, un record per la sinistra radicale, tre anni più tardi va al governo con il 36% dei consensi. Giura senza cravatta e senza toccare la Bibbia, promette di archiviare le politiche europee e di mandare in soffitta l’austerità. La Grecia d il mondo intero sembrano crederci. Perché nel luglio del 2015 Tsipras promuove un referendum sul nuovo piano lacrime e sangue della Troika, sonoramente bocciato dagli elettori. Sembra davvero l’inizio di una fase nuova per il paese ellenico, la più delicata di sempre per l’intera zona Euro. E invece non succede nulla: alla fine Tsipras approva un nuovo piano ancor più drastico, lentamente il suo governo altro non fa che applicare le direttive della Troika.

La Grecia e il governo di Syriza rimangono ingabbiati nelle logiche del ripianamento del debito. Le uniche riforme realizzate riguardano in realtà lo Ius Soli e l’estensione delle tutele per le famiglie di fatto. Rispetto ai più immediati predecessori, Tsipras allarga le maglie della spesa solo per casi estremi: vengono approvate misure volte a dare elettricità gratis alle famiglie che non possono saldare le bollette, a pagare gli affitti per chi rischia lo sfratto e a distribuire prepagate per i generi alimentari. “Eravamo in guerra quando ci siamo insediati”, dichiara oggi in un’intervista al Fatto Quotidiano il ministro del welfare uscente Theano Fotiou. Misure importanti, ma non strutturali e lontane da ciò che ci si aspetta alla vigilia. Si spiega così dunque la recente sconfitta alle europee di maggio, con Syriza ferma a dodici punti percentuali dai rivali di Nuova Democrazia e con Tsipras che, a quel punto, preferisce ricorrere ad elezioni anticipate. Anche perché, proprio da pochi mesi, la sua maggioranza appare zoppicante per via dell’uscita degli alleati dei Greci indipendenti dopo l’approvazione degli accordi di Prespa con la neonata Macedonia del Nord.

Nuova Democrazia pronta a tornare al potere

A prepararsi per raccogliere la staffetta da Alexis Tsipras è il leader di Nuova Democrazia, Kyriakos Mitsotakis. Figlio d’arte, con il padre già a capo del governo tra il 1990 e il 1993, il numero uno del partito del centro – destra ellenico ad Atene parla già da primo ministro in pectore. La sua ricetta per l’economia greca riguarda di taglio delle tasse e della spesa. Forse è il primo punto a convincere maggiormente i greci, anche se la sua eventuale e possibile vittoria è dovuta alla volontà, da parte di un elettorato non convinto della novità incarnata da Tsipras, di fare un mesto passo indietro. I sondaggi dicono che Nuova Democrazia oscilla tra il 35% e il 38%: a questo punto il vero dubbio riguarda se il partito riuscirà ad avere o meno la maggioranza assoluta. La legge elettorale greca assegna con il proporzionale solo 250 dei 300 seggi al parlamento, i restanti 50 vanno al partito che ottiene la maggioranza relativa. Per questo se il centro – destra riesce a superare il 37% potrebbe avere chance di arrivare alla soglia di 151 deputati, numero minimo per la maggioranza assoluta.

Secondo la costituzione ellenica, il primo tentativo per la formazione del governo va accordato al leader del partito piazzatosi in testa alle elezioni. Ecco perché dunque Mistotakis è così vicino alla successione a Tsipras. Quest’ultimo comunque non dovrebbe abbandonare la politica: Syriza perderà molti voti, ma resterà comunque sopra il 25% e soprattutto ben oltre il 6% accreditato nei sondaggi agli eredi dei socialdemocratici del Pasok. In parlamento dovrebbe sedere anche i comunisti del Kke, il partito di estrema destra di Alba Dorata, così come alcuni deputati del neonato movimento “Soluzione greca”, considerato filo ortodosso e filo russo. Oltre la soglia fissata al 3% forse, ma per un pelo, anche gli uomini del movimento fondato dall’ex ministro delle finanze Gianis Varoufakis.