La Germania di Angela Merkel si prepara a sbarrare la strada al 5G di Huawei? Conferme sembrano venire dalla recente sortita del ministro della Difesa ed ex leader della Cdu della Cancelliera, Annegret Kramp-Karrenbauer, in occasione di un’iniziativa organizzata dall’Australian Strategic Policy Institute e dalla fondazione Konrad-Adenauer Stiftung cui ha partecipato assieme all’omologa australiana Linda Reynolds. La Kramp-Karrenbauer ha, ai margini dell’evento, rilasciato un’intervista al Sydney Morning Herald parlando dei legami che uniscono Berlino e Canberra e della volontà tedesca di proseguire la relazione con la Cina in un’ottica di elevata attenzione, specie sul fronte del confronto tecnologico. Dichiarazioni significative se pensiamo al fatto che l’Australia è stata la prima nazione a chiudere al 5G di Huawei, anticipando gli storici alleati come Stati Uniti e Regno Unito.

La presidente uscente della Cdu è stata estremamente esplicita parlando con il quotidiano australiano: “La Germania è, in linea di principio, aperta agli investimenti da tutte le parti. Ma se la tecnologia che ci viene offerta non è impeccabile, non può essere utilizzata”. La Kramp-Karrenbauer cita, in primo luogo, come fonte di problematicità nella corsa cinese alla tecnologia la manipolazione di mercato, i sospetti di furto di proprietà intellettuale e lo sfruttamento a fini politici di prestiti e investimenti. Analogamente, Akk, che nelle scorse settimane si è fatta fiera interprete dell’ala “occidentalista” del governo tedesco, ha parlato della necessità di una cooperazione tra la Nato e i Paesi dell’Indo-Pacifico, elogiando il multilateralismo come unica via per confrontarsi con le ambizioni strategiche cinesi.

La mossa è la prima uscita ufficiale di un esponente apicale del governo tedesco che apre la strada a un possibile ridimensionamento del potenziale inserimento cinese nelle tecnologie critiche e di frontiera. Akk e il governo Merkel sono pronti a utilizzare il paravento della solidarietà occidentale per coprire mediaticamente una strategia di ben più ampio respiro: la spinta per rendere la Germania centrale nella sfera tecnologica del Vecchio Continente, nel controllo delle tecnologie critiche e nella gestionedei dati.

Da tempo, per ridurre la dipendenza dai giganti del web statunitensi, la Merkel ha promosso col suo governo di coalizione (Cdu e socialdemocratici) piani per la sovranità nella gestione dei dati e, in tandem con la Francia, esteso la strategia a livello europeo dando il calcio d’inizio all’ambizioso piano Gaia-X. Al fine di recuperare le frange più atlantiste dell’esecutivo e del centro tedesco, che la conservatrice Akk ben rappresenta recentemente, e per evidenti necessità strategiche anche la Cina è stata messa nel mirino col nuovo piano legislativo sulla rete 5G, che impone una doppia verifica, tecnica e politica, sulle tecnologie critiche. Il tutto si inserisce in una relazione sempre più competitiva tra Pechino e Berlino, incentivata dal timore tedesco che la Cina possa soffiare posizioni politiche e rendite economico-commerciali al Paese nel giardino di casa europeo. Da cui sono seguite mosse decisamente anti-cinesi come l’inserimento dell’amburghese Hhna nel porto di Trieste, messo sott’occhio da Pechino nel quadro della “Nuova via della seta”.

Sul fronte delle tecnologie critiche, sovranità digitale e sviluppo del 5G sono fortemente correlate, e dando in prospettiva maggior spazio a attori europei come Ericsson e Nokia, in grado di dialogare più da vicino con i protagonisti tedeschi del piano Gaia-X (da Bosch a Sap) produttori dei dati più strategici per l’industria del futuro, la Germania tutela con forza il suo spazio geoeconomico in Europa. In funzione anti-cinese, certamente, ma in prospettiva anche in chiave di uno sganciamento dagli Stati Uniti.

In Germania è ben chiaro il fatto che solo lo sviluppo nel campo dell’innovazione tecnologica può consentire di fondare una solida e necessaria autonomia al Paese ed è diffusa la convinzione, ricordata anche dal fisico Valerio Grassi (tra gli scopritori del bosone di Higgs al Cern) che “lo spazio europeo dei dati, una cultura europea della ricerca e mosse simili eviteranno al continente che è la culla della civiltà occidentale di essere schiacciato tra Stati Uniti e giganti asiatici”, e dunque apporteranno un beneficio all’intero continente valorizzando al contempo il ruolo della Germania. Dunque sbattendo la porta in faccia a Huawei la Akk non sta necessariamente inseguendo il blocco più strenuamente filo-statunitense, ma perseguendo il disegno strategico della Cancelleria di Berlino. La sicurezza, ricordava Adam Smith, precede come necessario presupposto la prosperità: e questo insegnamento vale anche nel contesto della rivoluzione digitale. Che la Germania, prima ancora che filoamericana o antiamericana, filocinese o anticinese, vuole disegnare come filotedesca. Avendo ben chiaro di dover, in futuro, prendere scelte politiche estremamente forti per realizzare questo obiettivo, il governo Merkel cerca di avvicinarsi ad esse gradualmente attuando uno sganciamento dilazionato nel tempo dai player oggi dominanti. E regolamentazioni e dichiarazioni inequivocabili lo lasciano ben intendere.