Nel 2018 in Germania il tema dell’acquisizione straniera di aziende nazionali è assurto ai primi piani dell’agenda politica: in particolare, il governo di Angela Merkel ha voluto porre sotto una lente particolare gli interventi nel Paese delle grandi aziende cinesi, che vedono nella Germania un terminale fondamentale della “Nuova Via della Seta” ma che sul suo territorio operano con un raggio d’azione che non ha un adeguata corrispondenza a parti invertite.
Dapprima, sottolinea Limes, “nel tentativo di riequilibrare almeno in parte le relazioni in campo industriale Berlino non ha solo incrementato gli appelli alle riforme di mercato in Cina: ha anche abbassato la soglia di scrutinio dell’investimento straniero nelle imprese tedesche giudicate di rilevanza strategica – come le utilities, l’alimentare e i media, portando dal 25 al 15% del capitale la percentuale oltre la quale il governo può intervenire per bloccare un’acquisizione”.
Una nuova strategia nazionale per l’industria tedesca
Ora, in un contesto che dopo la crescita zero di fine 2018 ha portato con sé i nuovi dati negativi della flessione della produzione industriale, Berlino è pronta ad andare oltre. Lanciando un piano a lungo termine per costituire una versione aggiornata dell’Iri, l’istituto italiano che fino alla fine della Prima Repubblica ha gestito le partecipazioni del governo italiano nell’economia nazionale.
Un Iri adattato all’era della globalizzazione, ovvero un fondo sovrano anti-takeover, è il piatto forte della proposta presentata martedì 5 febbraio dal ministro dell’Economia Peter Altmaier. In un paper sulle “strategie dell’industria nazionale per il 2030” il governo tedesco annuncia la sua volontà di creare un’autorità pubblica volta a gestire investimenti di carattere strategico in aziende tedesche che rischiano di essere scalate da concorrenti o fondi stranieri. E qua il messaggio è rivolto direttamente alla Cina, ma non solo, visto l’operato di numerosi fondi di venture capital statunitensi e di società d’investimento come Cerberus in terra tedesca.
L’Iri tedesca nasce per fini difensivi
L’Iri della Bundesrepublik nascerà per difendere la “sovranità industriale e tecnologica” del Paese, considerata a rischio. “Da quando, nel 2016, la cinese Midea ha acquisito la tedesca Kuka (robot industriali), Berlino si è messa sulla difensiva”, sottolinea Il Sole 24 Ore: “A dicembre ha intensificato i controlli sulle acquisizioni estere di aziende tedesche; a luglio, la Kfw (più o meno l’equivalente della Cassa depositi e prestiti) ha preso il controllo del 20% di 50Hertz, un’operatore nel mercato della distribuzione di energia, per prevenire l’acquisizione da parte di un gruppo statale cinese; in agosto, il Governo è riuscito in sostanza a bloccare l’acquisizione di un’azienda tedesca specializzata in macchinari per aerospazio e industria nucleare (Leifeld Metal Spinning) da parte di un altro gruppo cinese (Yantai Taihai)”.
La Germania, dopo aver a lungo bluffato con le regole europee e fatto sì che esse venissero rispettate a corrente alternata da parte sua, pare decisa a cogliere al volo la possibilità di competere nell’agone economico globale con tutte le prerogative offerte dallo Stato nazionale, vero decisore di ultima istanza nello scenario della globalizzazione.
Quando c’è in ballo l’interesse nazionale, il governo tedesco ultimamente non teme alcuna accusa di ipocrisia: il salvataggio con fondi pubblici di Nord Lb, un istituto creditizio regionale, e la proposta di fusione tra Deutsche Bank e Commerzbank certamente anticipano o puntano a prevenire l’applicazione di quelle regole che Berlino difende, quando a esserne oggetto sono altri Paesi, a spada tratta. E con la costituzione dell’Iri tedesca, si andrebbe oltre: la nazione madrina dell’ideologia ordoliberista che predica l’astensione dello Stato dall’intervento diretto e si dichiara fautrice a politiche mercantiliste volte a favorire le esportazioni si prepara ad agire in maniera dirigista per tutelare dai rischi di mercato i suoi campioni nazionali.
Per Berlino l’ipocrisia delle regole vale solo per gli altri
E non si può dire che sia una scelta errata, tutt’altro. Oramai Berlino, nella prassi, si è ben resa conto che la fedeltà assoluta a vincoli e trattati che imbrigliano il Paese in una fase storica in cui gli Stati sono nel pieno della lotta nel contesto globale risulta controproducente. Del resto, proprio Angela Merkel ha recentemente incassato da Emmanuel Macron la firma del trattato di Aquisgrana che, liquidando nella sostanza l’idea della solidarietà europea, consegna alla Germania un asse con la Francia fortemente sbilanciato verso Berlino: la retorica delle regole e dei vincoli è funzionale a legittimare a livello aggregato il differenziale di potenza geoeconomica e, via via, geopolitica tra la Germania e il resto dei membri dell’Unione.