È impossibile capire il mondo senza conoscere un minimo di geografia. Rivolte, guerre, conquiste, obiettivi politici e strategie adottate da leader di ogni epoca e periodo storico si rifanno quasi sempre a motivazioni geografiche, spesso ignorate da chi dovrebbe prendere in considerazione ogni possibile variabile. Il motivo più semplice e banale è che la terra su cui viviamo ci ha sempre condizionato, nel bene e nel male. Certo, a differenza del Medioevo le tecnologie odierne sono in grado di azzerare le distanze che separano i popoli. Ma fiumi, montagne, deserti e laghi continueranno a influenzare le vicende politiche e geopolitiche.
Possiamo prendere in prestito le parole del giornalista Tim Marshall, secondo cui la geopolitica si occuperebbe, in termini generali, del rapporto tra relazioni internazionali e fattori geografici. Del resto i suddetti fattori geografici comprendono tanto la configurazione fisica di un dato territorio – l’eventuale presenza di barriere formate da catene montuose – quanto il clima dello stesso o l’accesso alle risorse naturali a disposizione di un dato popolo. In altre parole, la geografia è un elemento fondamentale in grado di rispondere al perché accadono eventi storici e a cosa potrebbe accadere in un futuro non troppo lontano in specifiche regioni.
Studiare i fattori geografici
Possiamo fare decine di esempi per confermare l’importanza della geografia. Prendiamo India e Cina, due Paesi confinanti separati da profonde rivalità storiche. Per quale motivo, ad eccezione di qualche sussulto avvenuto nel 1962, tra Nuova Delhi e Pechino non sono mai scoppiate guerre? Perché la lunghissima frontiera è situata nella catena montuosa più grande del mondo, e nessuno riuscirebbe mai a far passare convogli militari attraverso l’Himalaya. Droni e nuove tecnologie potrebbero bypassare l’ostacolo, ma la barriera geografica fisica resta comunque un forte deterrente. Risultato: cinesi e indiani si tengono d’occhio, di tanto in tanto generano scaramucce sui territori contesi ma preferiscono dedicare le rispettive politiche estere in altre regioni.
Spostiamoci in Siria, dove durante la guerra civile siriana la conquista di aree strategiche, valli e villaggi consentiva alle fazioni in campo di creare stati cuscinetto o roccaforti. Lo stesso vale per l’Afghanistan, recentemente scosso dall’avanzata dei talebani, e per la turbolenta area balcanica. Insomma, la geografia condiziona tutti i Paesi, siano essi in guerra o in tempo di pace. La Cina, ad esempio, soffre per la mancanza di una marina globale, mentre la Russia deve fare i conti con un territorio enorme ma ricco di insidie.
Il peso della geografia
Nel corso della storia gli Stati Uniti sono riusciti ad espandere il proprio dominio nel mondo conquistando regioni chiave, o comunque estendendo la loro influenza in hub strategici come il Medio Oriente o l’Indo-Pacifico. L’Europa, invece, ha potuto contare sulla presenza di pianure e fiumi navigabili, i quali hanno permesso agli abitanti dei vari Paesi europei di produrre una cultura capace di gettare le fondamenta del mondo moderno. Al contrario, tracciare linee casuali su una mappa per sancire la nascita di nuovi Stati rappresenta una fonte di instabilità. Un’instabilità ben visibile nel citato Medio Oriente ma anche in Africa.
Lo stratega cinese Sun Tzu fu uno dei primi a sottolineare l’importanza di conoscere le regole della geografia per vincere guerre e battaglie. Quelle stesse regole rappresentano tutt’oggi un fattore decisivo nel corso della storia umana. Un fattore, tuttavia, che i vari governi del mondo dovrebbero rispolverare con urgenza. Attenzione però, perché accettare che la geografia possa influenzare l’esistenza umana implica che la natura sia più forte dell’uomo. Un concetto, questo, impensabile per l’epoca in cui viviamo. Dove non esistono più limiti, e dove l’uomo è convinto di poter fare tutto ciò che vuole.