Dall’America Latina all’Africa, dall’Europa all’Asia. Cina e Russia stanno impiantando radici sempre più stabili al di fuori dei loro confini, grazie alla distribuzione dei rispettivi vaccini anti Covid. C’è chi lo chiama soft power e chi, molto più semplicemente, lo considera un modo legittimo utilizzato da Pechino e Mosca per riempire i vuoti internazionali lasciati dai rivali. In cambio della consegna, più o meno gratuita, di un certo numero di dosi, le due potenze citate ambiscono a rafforzare, migliorare o costruire da zero relazioni diplomatiche con nuovi alleati. Stiamo parlando, insomma, di una “missione” di fondamentale importanza, che va oltre il pur nobile interesse nei confronti del futuro dei Paesi in via di sviluppo.
Considerando la geopolitica dei vaccini una sorta di risiko mondiale, il blocco sino-russo si è attivato per contrastare il blocco rivale, quello, per intendersi, formato dagli Stati Uniti e, soltanto di riflesso, dal Regno Unito. Sia chiaro: Russia e Cina agiscono in maniera del tutto indipendente tra loro, anche se, in maniera ideale, possono essere collocate dalla stessa parte della scacchiera. Un discorso analogo può essere speso per Washington e Londra. In mezzo ai quattro colossi protagonisti della battaglia del secolo troviamo una variabile misteriosa, l’India, e un vaso di porcellana, l’Unione europea.
Attori principali e comparse secondarie
Nuova Delhi, in effetti, è comunemente considerata la “farmacia del mondo”. Solo il Serum Institute, la più grande azienda del settore del Paese, in epoca pre Covid produceva il 60% dei vaccini mondiali. Il problema è che, al netto di un’enorme capacità produttiva impressionante, l’India deve fare i conti con una situazione epidemiologica interna traballante, e dunque è costretta a limitare le esportazioni per destinare le dosi sfornate al popolo indiano. Dall’altro lato, i tentacoli internazionali dell’Elefante indiano non sono oliati come quelli cinesi e, di conseguenza, non riescono a costruire – almeno per il momento – un reticolo geopolitico degno di nota.
Diverso il discorso per l’Unione europea, che al momento non ha sfornato alcun vaccino. Nei prossimi mesi dovrebbe toccare alla tedesca Curevac e alla francese Sanofi, ma la sensazione è che il Vecchio Continente non possa avere una rilevante voce in capitolo. Gli Stati Uniti sono i proprietari di due brevetti: quello relativo al vaccino Pfizer-BioNTech e a Moderna. Washington non ha però intenzione di dedicarsi all’esportazione di dosi almeno fino a quando non avrà immunizzato tutta la popolazione americana. L’influenza Usa sul resto del mondo derivante dall’invio di vaccini, dunque, è pressoché congelata. Cina e Russia, al contrario, sono candidate ad essere le due protagoniste principali della geopolitica dei vaccini.
Relazioni e siti produttivi
Per incrementare la produzione dei loro vaccini, e quindi agevolarne la diffusione nel mondo, Cina e Russia hanno stretto accordi con vari Paesi. Iniziamo con Mosca, orgogliosa di sbandierare ai quattro venti il suo Sputnik V, realizzato dall’Istituto Gamaleya. La Russia potrà presto contare su impianti di produzione dislocati in varie nazioni. Come ha sottolineato Limes, oltre al sito già operativo presente in Brasile, dobbiamo menzionare quelli pronti ad accendere i motori (o che potrebbero farlo) in Cina, India, Iran, Italia, Spagna, Germania, Serbia, Egitto e Corea del Sud.
La Cina, invece, presenta tre vaccini: Sinopharm, Sinovac e Cansino. Dove li produce? In patria, ovviamente, ma anche all’estero. Siti operativi, sempre secondo quanto riferito da Limes, sono presenti in India e Sudafrica. Altri centri plausibili o confermati sono quelli presenti in Brasile, Indonesia e Malesia. Collegando i vari Paesi coinvolti in questa “partita”, possiamo renderci conto di quali potrebbero essere le nuove alleanze globali. Stati Uniti ed Europa sono avvertiti.