Il panorama politico ucraino è sempre stato poco decifrabile. A differenza che in Europa, la dicotomia tra destra e sinistra non è mai stata così marcata. Esistono movimenti di estrema destra, come Pravy Sektor e Svoboda, ed esistono partiti risalenti alla galassia comunista di epoca sovietica. L’alternanza avuta dopo l’indipendenza del 1991 però ha sempre riguardato formazioni più o meno centriste, difficilmente catalogabili nelle tradizionali categorie politiche. Questo perché in Ucraina, a partire dall’inizio del nuovo secolo, il vero perno delle discussioni ha riguardato i rapporti con la Russia. I politici al potere si sono distinti tra filorussi e filo occidentali. Fino al 2014 il parlamento era dominato da formazioni più vicine al Cremlino. Dopo le rivolte di piazza Maidan si è instaurata una nuova classe dirigente vicina invece all’occidente. Se la Russia dovesse invadere il Paese, a chi si rivolgerebbe?
Chi c’era al potere fino al 2014
Alla vigilia delle proteste di piazza Maidan i veri protagonisti della politica ucraina erano Viktor Yanukovich e Mykola Azarov. Il primo era presidente della Repubblica e il secondo invece premier. Un tandem in vigore dal 2010, anno dell’elezione di Yanukovich e della sua personale rivincita contro Viktor Yushenko, primo presidente filo occidentale della storia ucraina ma incapace di saper portare avanti la cosiddetta “rivoluzione arancione” del 2004. Yanukovich ha affidato ad Azarov la guida del governo e quindi il ruolo di premier, oltre che un posto di primo piano nei ranghi del Partito delle Regioni. Una formazione, quest’ultima, diventata progressivamente la più importante del Paese. Lo si è visto nelle elezioni parlamentari del 2012, dove il partito ha conquistato 187 seggi su 450 alla Verchovna Rada, la Camera dei deputati ucraina. Non la maggioranza assoluta, ma un numero comunque importante per formare una coalizione di governo e far rimanere in sella Azarov nel ruolo di premier.
Il parlamento non era comunque dominato dai filorussi. I partiti contrari alla vicinanza con Mosca anche in quell’assise erano ben rappresentati. Ucraina Patria, formazione dell’ex premier Julia Timoshenko, e Alleanza Democratica, dell’ex campione di pugilato Vitalij Klycko, sedevano all’opposizione con rispettivamente 102 e 40 deputati. Il risultato più clamoroso nel 2012 lo ha raggiunto Svoboda, capace di balzare ad oltre il 10% delle preferenze, fatto inedito per un partito di estrema destra. A far sentire la propria presenza anche i membri del Partito Comunista con 32 deputati. Il tandem Yanukovich – Azarov retto dal Partito delle Regioni ha iniziato a vacillare nel novembre 2013, quando il presidente ucraino ha annunciato l’intenzione di non firmare un accordo di intesa con l‘Unione Europea, preferendo contestualmente il rafforzamento dell’alleanza con Mosca. Da qui l’inizio delle proteste culminate poi con l’estromissione, il 22 febbraio 2014, di Yanukovich dalla presidenza.
Che fine hanno fatto i principali protagonisti
Le proteste di piazza Maidan hanno provocato, sotto il profilo prettamente politico, la quasi totale scomparsa di uno schieramento, quello cioè filorusso. Al suo posto invece hanno preso il sopravvento i partiti filo occidentali. La classe dirigente del Partito delle Regioni è andata in gran parte fuori dall’Ucraina. Un esilio volontario per evitare di subire processi per alto tradimento legati alla perdita della Crimea e all’inizio del conflitto nel Donbass. Viktor Yanukovich la sera del 20 febbraio 2014 si è spostato a Charkiv. Qui il Partito delle Regioni aveva un’importante base di voti. Ufficialmente l’ex presidente ucraino si era spostato qui per un incontro con i vertici locali del partito. In realtà probabilmente aveva intuito di essere più sicuro a Charkiv che a Kiev. Il giorno dopo il parlamento lo ha destituito. A quel punto, secondo quanto poi rivelato nel 2015 dal presidente russo Vladimir Putin, i settori più estremisti di piazza Maidan avrebbero voluto vederlo morto. La notte del 23 febbraio, con l’aiuto delle forze di sicurezza di Mosca, Yanukovich è riuscito a raggiungere il territorio russo. Da quel momento in poi non ha più messo piede in Ucraina. Il 23 gennaio 2019 è stato raggiunto da una condanna per alto tradimento a 13 anni. Attualmente vivrebbe a Rostov, in Russia.
L’altro protagonista di quella stagione politica, Mykola Azarov, sarebbe invece in Austria. L’ex premier è riuscito ad andare via da Kiev già prima che la situazione degenerasse. Il 31 gennaio 2014, nel tentativo di arginare le proteste, si era dimesso dal suo incarico volando a Vienna. Anche lui da quel momento non è più rientrato in Ucraina. Oltre a Yanukovich e Azarov, anche tanti altri dirigenti del Partito delle Regioni hanno lasciato il Paese. La formazione politica filorussa, dopo Maidan, si è di fatto dissolta.
Chi ha preso l’eredità politica del Partito delle Regioni
Il repentino cambio di vertice a Kiev è stato sigillato poi dalla vittoria dell’imprenditore filo occidentale Petro Poroshenko alle presidenziali del maggio 2014. Nell’ottobre successivo invece è stato eletto il nuovo parlamento. Qui il Partito delle Regioni non si è presentato. L’unica formazione dichiaratamente filorussa è stata rappresentata dalla lista Blocco di Opposizione la quale, da quel momento, ha preso l’eredità politica del Partito delle Regioni. Ma ha ottenuto appena 29 deputati e un ruolo quasi marginale all’interno del nuovo parlamento. Tuttavia tra i membri eletti nel 2014 spiccano nomi oggi molto attuali. A partire da Yevhen Murayev. Originario di Charkiv, nel 2016 ha fatto parlare molto di sé per la formazione di un nuovo partito filorusso denominato “Per la Vita“. Dopo aver contribuito alla nascita e alla crescita della lista, nel 2018 clamorosamente Murayev ha deciso di fondare un altro partito, il Nashi, che nel 2019 non è entrato in parlamento.
Il Blocco di Opposizione nel frattempo ha iniziato a essere guidato da Jurij Bojko, mentre tra le fila del Blocco per la Vita è emerso Vadim Rabinovich. Il primo è di fatto l’unico “superstite” politico della stagione di Yanukovich, essendo stato vice premier tra il 2012 e il 2014. Il secondo invece è un uomo d’affari di origine ebraica entrato in politica soltanto dopo Maidan e dal controverso passato giudiziario. Murayev, Bojko e Rabinovich rappresentano ad oggi i nomi più importanti della galassia politica filorussa post 2014. In parlamento, nelle elezioni del 2019, il Blocco Opposizione e il Blocco per la Vita hanno ottenuto assieme 43 parlamentari, piazzandosi al secondo posto alle spalle del partito del presidente Zelensky. A questi nomi poi va aggiunto quello di un amico personale di Vladimir Putin, ossia Viktor Medvedchuk. Anch’egli uomo di affari, ha fondato alcune Tv chiuse nello scorso maggio per l’accusa di fare propaganda filorussa. Lui stesso è stato posto ai domiciliari con la grave accusa di alto tradimento. A livello politico, viene definito come uno dei finanziatori più importanti del partito Per la Vita, in passato invece è stato collaboratore dell’ex presidente Kucma.
Su chi potrebbe puntare la Russia
L’oggetto principale delle attuali tensioni riguarda la collocazione internazionale dell’Ucraina. Il Cremlino non accetterebbe l’ingresso di Kiev all’interno dell’Alleanza Atlantica. Da qui le possibilità di invasione qualora il dialogo tra il governo ucraino e l’occidente dovesse andare avanti. Ma in caso di conflitto, per Mosca sarebbe essenziale avere a Kiev una leadership a sé favorevole. La domanda sorge spontanea: su chi punterebbe Mosca? L’ex presidente Yanukovich è ospitato nel territorio della federazione russa, ma difficilmente potrebbe mettere piede a Kiev. Anche per l’ex premier Azarov non esisterebbero le condizioni per un ritorno in politica. Dunque la vecchia classe dirigente pre Maidan non dovrebbe essere presa in considerazione. Al contrario, la Russia metterebbe ben volentieri gli occhi su alcuni degli uomini della “diaspora” del Partito delle Regioni. Uno quindi tra Bojko, Rabinovich e Murayev. Nei giorni scorsi si è parlato molto di quest’ultimo.
I servizi segreti britannici lo hanno indicato come personalità scelta per essere piazzata dalla Russia al timone di un futuro governo ucraino post invasione. Rispetto agli altri due nomi, Murayev avrebbe il vantaggio di non essere stato organico alla leadership pre Maidan. Sui social il fondatore di Nashi parla di necessità di rinnovamento della classe politica, di volti nuovi da vedere al governo. In poche parole, sarebbe il personaggio maggiormente presentabile ma ha smentito ogni contatto con il Cremlino. Anche perché, ha fatto notare su Reuters l’analista ucraino Volodymyr Fesenko, tra Murayev e i vertici russi non esiste un buon rapporto. Resta in piedi anche un eventuale ruolo da dare al fidato Medvedchuk.
C’è da dire però che una semplice “sostituzione” al vertice, anche in caso di invasione, non sarebbe così semplice. Anzi, l’ingresso di soldati russi in Ucraina metterebbe in difficoltà gli stessi partiti più vicini a Mosca. Una ragione in più per credere come la via diplomatica al momento resti quella più importante da percorrere.