La Francia è nazione sempre attentata a valutare l’evoluzione del contesto internazionale e delle minacce che si profilano all’orizzonte per la sua sicurezza nazionale, non facendo mai mistero di inserire nel calcolo delle risorse necessarie a farvi pronte anche l’impiego e la proiezione delle proprie forze armate.

Il complesso militare-industriale transalpino, primo nell’Europa continentale e valorizzato da una serie corposa di accordi commerciali e di fornitura, consente a Parigi di garantirsi quell’autonomia strategica che va di pari passo con la scelta francese di sviluppare dottrine militari di ampio respiro capaci di analizzare e incorporare le previsioni sugli scenari del futuro.

Emmanuel Macron dopo l’ascesa all’Eliseo nel 2017 ha dato un forte stimolo al rafforzamento dell’apparato militare, incrementando di oltre un quinto (+22%) il budget della Difesa e facendo rispettare al suo governo i piani del documento programmatico 2019-2025, che hanno portato nel 2020 a un bilancio vicino ai 40 miliardi di euro, in crescita di 1,7 miliardi rispetto al 2019 nonostante la pandemia.

Al rafforzamento dell’apparato militare è seguita, coerentemente, una strategia di aggiornamento della dottrina di impiego delle forze armate, sostanziata in un documento di cinquanta pagine dedicato all’Actualisation Strategique (“attualizzazione strategica”) e che rappresenta l’articolata elaborazione delle direttive emanate negli scorsi mesi dall’Eliseo per la ricerca di una nuova postura. Una vera e propria strategia per la sicurezza nazionale, in cui si parla di prospettive geopolitiche, partite industriali, innovazione e diplomazia.

In apertura il documento cita esplicitamente il “degrado degli equilibri strategici” internazionali come fonte di allarme per il sistema-Paese Francia e il Covid-19 come un’ulteriore fonte di incertezza. Incertezza destinata a deflagrare su tutti i teatri d’operazione che la Francia, abituata a sentirsi potenza di rango globale, immagina come prioritari: l’Europa, chiaramente, il bacino del Mediterraneo il Medio Oriente, l’Africa occidentale e il Golfo di Guinea, il Caucaso, gli oceani. Come reagire a queste sfide? Il documento parla esplicitamente della necessità di costruire scenari da qui al 2030 e di dare forti priorità all’azione del Paese. Leggendo il documento si possono sostanzialmente individuare quattro priorità fondamentali.

La prima riguarda la forza-regina a disposizione della Francia: l’arsenale nucleare, unico nell’Unione Europea e tra i tre a disposizione della Nato, è indicato anche dal nuovo documento redatto dal team del Ministro della Difesa Florence Parly come assicurazione sulla vita del Paese e “fattore di prevenzione di una guerra su larga scala”. Inoltre, la Francia ritiene la dotazione atomica nella componente aerea e sottomarina come una garanzia di proiezione operativa per le forze armate tradizionali. In questo contesto, come era logico aspettarsi, Parigi prosegue con le linee guida operative consolidate nell’ultimo mezzo secolo.

La seconda priorità richiama la Francia alla necessità di affrontare le nuove minacce e di prepararsi al controllo del proprio apparato militare sulle nuove frontiere tecnologiche e industriali. Dal rischio cybersicurezza alle nuove frontiere aperte dall’intelligenza artificiale applicata alle forze armate, la Francia vuole esser protagonista nella definizione dei nuovi standard. Per questo, nota Formiche, “da circa tre anni, è attiva all’interno del dicastero Difesa l’Agence innovation defense, alle dirette dipendenze della Direzione generale per gli armamenti (Dga) che già aveva responsabilità sulla ricerca militare. Nel 2019 poteva contare su un budget di 720 milioni, con previsioni di crescita negli anni successivi”. L’aumento delle minacce e della spinta all’innovazione tecnologica aumenterà, secondo i decisori strategici di Parigi, la necessità di un’efficace cooperazione interforze su terreni problematici come il cyber.

Terzo punto sarà il ruolo della cooperazione futura tra la Francia e la Nato. Macron in passato ne ha prospettato la “morte cerebrale” e negli ultimi mesi più volte le tensioni interne all’Alleanza con la Turchia di Recep Tayyip Erdogan sembravano portare a un passo dal punto di rottura. Ora la Francia chiede di non scindere l’alleanza militare da un “forte contratto politico” per ridefinirne nel corso del XXI secolo obiettivi, ambizioni e dinamiche interne, evitando ambiguità e disomogeneità.

Infine, strettamente connesso al tema Nato è quello dell’autonomia strategica europea, di cui Parigi dà una lettura radicale che si discosta da quella che è propria di Paesi come l’Italia, che pensano lo spazio strategico europeo come complementare alla solidarietà atlantica. Parigi pensa a un “secondo pilastro” ben distinto dalla Nato e capace di controllare le dinamiche strategico-militari in aree come il Mediterraneo, il Nord Africa, il Sahel. Con filiere autonome, dottrine strategiche indipendenti e ambiziosi programmi per la promozione dei settori della Difesa e dell’aerospazio dei Paesi membri. Il documento esplicita che la Francia vorrà sfruttare il suo semestre europeo nel 2022 per promuovere un’agenda comunitaria ambiziosa su questo versante.

La nuova postura militare è una delle più complete manifestazioni della “dottrina Macron” per il futuro politico-strategico dell’Esagono. Una dottrina che pensa a una Francia protagonista delle relazioni internazionali e padrona dei mezzi e delle prospettive operative per influire su di esse. Il XXI secolo sarà, sempre di più, contraddistinto dalla politica di potenza in un contesto internazionale dinamico e confusionario. E Parigi non vuole restare indietro.

 

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