Undici anni dopo aver inaugurato i bombardamenti contro il colonnello Muammar Gheddafi, all’epoca principale alleato dell’Italia nel Mediterraneo, la Francia non ha alcuna intenzione di mollare la Libia. Il portavoce dell’attuale governo libico di unità nazionale, Mohamed Hamuda, lo ha detto apertamente: Parigi sta investendo cinquanta volte più di Roma nel settore delle fonti rinnovabili di energia.
Il dibattito sulla Libia in Italia verte quasi esclusivamente sulla questione migratoria. Eppure, siamo i primi importatori del petrolio libico, un greggio leggero, altamente puro e richiesto, a basso contenuto di zolfo, perfetto per la raffinazione. Importiamo anche gas naturale, nella quantità di circa 3-4 miliardi di metri cubi all’anno, meno della metà rispetto ai 9,4 miliardi di metri cubi del periodo antecedente all’intervento militare della Nato. Sviluppare l’energia “pulita” nell’ex Jamahiriya di Gheddafi significherebbe liberare quantità di gas per l’Italia. Ma se l’instabilità politica e la mancanza di sicurezza frenano gli investimenti italiani, l’industria francese sembra poter sfruttare la situazione a suo vantaggio.
La provocazione del portavoce
“Incoraggiamo le aziende italiane a investire nelle energie da fonti rinnovabili, come ha fatto Total, che sta realizzando un impianto a energia solare della capacità di 500 megawatt”, ha detto il portavoce ufficiale del governo libico in occasione della conferenza stampa “Nuove strade per la stabilità del Mediterraneo, una prospettiva dalla Libia” svolta il 26 luglio nel Senato italiano. “Per la verità anche l’Eni aveva un altro progetto. Stava pianificando di realizzare una centrale solare sempre a Rubiana, nel deserto libico, con la capacità di 10 megawatt”, ha aggiunto Hamuda, secondo quanto riportato dall’Agenzia Nova. Come a dire: Francia batte Italia 500 a 10. E’ ovviamente una provocazione. L’azienda di San Donato Milanese ha pronto da tempo un massiccio piano d’investimento del valore di 5 miliardi di dollari in Libia, ma procede giustamente con cautela. Non solo Eni, ma anche Ansaldo è in grado di aumentare la produzione elettrica libica con un mix di strumenti (a partire dalle energie da fonti rinnovabili, ma anche fornendo turbine per le centrali elettriche) e liberare quote di gas aggiuntivo in Italia, ma l’instabilità politica in Libia è serio un ostacolo.
La Francia rientra in partita?
La Francia, al contrario, sembra intenzionata a giocare la sua partita in Libia nonostante i rischi. Parigi era uscita fuori dai radar in Libia dopo una lunga serie di scivoloni: dall’annuncio in pompa magna di elezioni “entro dicembre 2018” (mai tenute), al fermo dei consiglieri militari in fuga dalla Tripolitania (negato senza troppa convinzione), fino alla scoperta di missili francesi nel quartier generale del generale Khalifa Haftar (ammessa con imbarazzo). Il doppio gioco portato avanti da Parigi – da un lato con i governi legittimi riconosciuti dalle Nazioni Unite, dall’altro sul terreno con l’uomo forte della Cirenaica, il generale Haftar, recentemente ritenuto responsabile di crimini di guerra in una causa civile negli Stati Uniti – non ha ancora portato i frutti sperati. Ora, nel caos della Libia dove due governi si contendono il potere sostenuti da milizie rivali, Parigi spera di recuperare il terreno perduto. Chiunque salirà al governo in Italia dopo il 25 settembre sarà chiamato a difendere la posizione di primo partner commerciale riconquistata a fatica nel 2021 non solo dall’assalto dei cugini d’oltralpe, ma anche dalla Turchia e dalla Cina.