Si rischia una nuova crisi diplomatica fra Italia e Francia. E questa volta riguarda la Cina, o meglio, la Nuova Via della Seta. La possibile firma del Memorandum of Understanding fra il governo italiano e quello cinese ha sollevato un polverone che non riguarda solo i rapporti fra Stati Uniti e Italia, ma anche fra Italia e partner europei. Ed è come al solito Parigi a fare la “parte del leone” di coloro che colpiscono (o vogliono colpire) gli interessi italiani.

Come riporta da Il Foglio, lo stesso quotidiano “è venuto in possesso della bozza del discorso che il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, ha pronunciato all’apertura della Global Market Conference della banca Jp Morgan a Parigi, corredata delle note del suo gabinetto” In questo discorso, nel mirino è finita proprio l’Italia, colpevole, a detta del ministro, di essere un elemento di destabilizzazione dell’Unione europea e del sistema economico occidentale.

Una nuova, ennesima, condanna da parte del governo francese alle mosse dell’Italia giallo-verde che non può non lasciare perplessi. Soprattutto perché si tratta di parole dette da un ministro che fa parte di uno dei Paesi più coinvolti nel sistema di investimenti organizzato da Pechino. La Cina investe più in Francia che in Europa. Ma casualmente, Parigi si dimentica questo particolare e attacca Roma proprio in prossimità della visita di Xi Jinping in Italia e della possibile firma del memorandum. Tutto quanto nella cornice dei rapporti già molto delicati fra Italia e Francia dovuti anche alla sfida elettorale della campagna per l’Unione europea, che si concluderà a maggio.

Ma la Francia può davvero dare lezioni all’Italia? Sulla Cina no. O meglio, può darle per la furbizia con cui ha fatto affari con Pechino. Perché a differenza di Palazzo Chigi, l’Eliseo ha evitato accuratamente di fare endorsement politici nei confronti della grande iniziativa cinese della Nuova Via della Seta. Quindi Emmanuel Macron e i suoi predecessori hanno compiuto una mossa molto intelligente, si sono evitati le critiche di Nato e Unione europea nel corso degli anni, riuscendo anche a spacciarsi come potenza che sfida la stessa Cina nei mercati mondiali.

Un esempio è arrivato in queste settimane dalla decisione di Francia e Germania di unire Alstom e Siemens per formare un grande colosso delle ferrovie che potesse rivaleggiare proprio con i giganti cinesi. Una scelta non causale quella di Macron e di Angela Merkel ,visto che si tratta sostanzialmente di individuare un “rivale” e di identificare la Cina come un competitor geopolitico.

Un altro esempio arriva dall’Africa, dove Macron ha ingaggiato un vero e proprio gioco politico per mostrarsi come rivale della Cina, mente l’Impero di Mezzo prova a prendere il sopravvenuto sulle antiche potenze coloniale nel continente africano. Il viaggio di Macron in Corno d’Africa, per esempio, è stato un segnale molto chiaro.

Ma nel frattempo, mentre la Francia condanna l’Italia proprio sulla Nuova Via della Seta, il territorio d’Oltralpe continua a essere gradualmente interessato dagli investimenti di Pechino. Il porto di Marsiglia è considerato una delle ancora della Via Marittima dei grandi cargo cinesi, mentre i miliardi asiatici hanno già fatto sì che le aziende di Stato entrassero in altre infrastrutture, come l’aeroporto di Tolosa. E quel viaggio di Macron a Pechino nel 2018 fu un segnale chiarissimo: Parigi voleva e ancora vuole essere parte del grande progetto cinese. Ma a modo suo, senza mostrare al mondo che in realtà già fa parte dei piani di Pechino.