La rissa politica apertasi a Strasburgo dopo il doppio voto dell’Europarlamento di mercoledì 8 giugno ha portato a una frattura nella maggioranza che sostiene la Commissione von der Leyen. La “maggioranza Ursula” si è rotta per ben tre volte: in un primo momento con la scelta del Partito Popolare Europeo di fare asse con conservatori e sovranisti per annacquare il piano per la riforma dell’Emission Trading System (Ets), poi col voto contrario di Verdi e Partito Socialista Europeo contro la versione definitiva che lo hanno portato al deragliamento, infine con lo strappo del Ppe sul piano per la messa al bando delle auto a benzina e diesel nel 2035.

Il Ppe si è trovato a fianco solo i liberali di Renew Europe nel secondo voto, mentre i socialisti hanno fatto in quello stesso contesto un’inedita sponda con estremisti di sinistra e destra radicale: a essere penalizzata è la capacità di governance della Commissione mentre emerge la fragilità di un attore strategico per l’Europa intera, la Germania.

Tedesca è la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Tedesco era il relatore della proposta di riforma degli Ets, il popolare Peter Liese, membro della Cdu. Tedesco è il settore per eccellenza colpito dalla seconda proposta, quello dell’auto, sulla cui radicale trasformazione verso l’elettrico si sono esposti due dei tre partiti membri della maggioranza attuale di governo, il Partito Socialdemocratico (Spd) del cancelliere Olaf Scholz e i Verdi centrali nel gruppo ecologista di Strasburgo. E tedesca, infine, la responsabilità per far sì che questo caos sia finalmente sedato.

Se la linea politica in Germania sui dossier di interesse europeo è chiara e comune, l’Europa marcia. Se Cdu, Spd e, più recentemente, Verdi, indipendentemente dal loro posizionamento al governo o all’opposizione, trovano compromessi le proposte a livello comunitario sono, sostanzialmente, solo da formalizzare. Oggigiorno invece le fratture interne alla maggioranza e alla politica tedesche e il vuoto lasciato da Angela Merkel col suo addio si fanno sentire e condizionano nel profondo la capacità decisionale dell’Europa.

Cdu e Spd non sono riusciti a trovare nei mesi scorsi un accordo sul piano Fit for 55. Ne è seguito un Vietnam che ha visto annacquato e poi rispedito all’analisi delle commissioni di Strasburgo la riforma degli Ets ma ha impedito anche il compromesso sull’auto elettrica pensata dalla Cdu tedesca per ridurre dal 100 al 90% il taglio di emissioni delle auto richiesto per il 2035, finestra per salvare l’imponente comparto industriale del Paese. Gli ecologisti hanno preso posizione con la Spd su entrambi i campi, ma sono stati invece decisivi in precedenza nel propiziare lo stop tedesco alla tassonomia per la transizione energetica tanto cara alla presidente von der Leyen, membro della Cdu, e la rottura sul tema con la Francia per l’inserimento al suo interno del nucleare. Una mossa che Scholz avrebbe di per sé evitato.

Qual è la morale di queste dinamiche? Il fatto che la cinghia di trasmissione tra politica tedesca ed europea sembra essersi bloccata, segno della crisi di leadership di Berlino acuitasi nell’anno della tempesta energetica e della guerra in Ucraina. Mentre a Berlino finisce l’era della Grande Coalizione sul cui modello si è plasmato l’asse di governo europeo negli ultimi mandati, le divergenze tra la Cdu post-Merkel e la Spd emergono. I Verdi, liberalprogressisti, filoamericani e in discontinuità con le basi del modello di crescita germanico, aggiungono un ulteriore elemento di pressione.

Eccezion fatta per il gruppo dei Conservatori (Ecr), costituito a immagine e somiglianza dei Tory inglesi, tutti i gruppi politici dell’Europarlamento hanno del resto un riferimento politico chiaro negli analoghi partiti tedeschi, e questo testimonia l’importanza della politica del principale Paese del Vecchio Continente per determinare il futuro dell’Unione. La rottura della maggioranza “Ursula” su questioni tanto importanti lascia pensare che in prospettiva sulle grandi partite che attendono l’Europa la carenza di leadership della Germania possa farsi sentire: due anni fa la Merkel fu decisiva per aprire alla rottura del rigore, oggi che un nuovo scenario di restrizione monetaria e fiscale si avvicina andrà valutata la posizione della nuova Cdu, più spostata a destra, ma anche delle differenze interne alla coalizione “semaforo” ove i Liberali (Fdp) si potrebbero posizionare di traverso con le volontà riformiste di Spd e Verdi. Con annesse ricadute a livello europeo in termini di instabilità e imprevedibilità. Capaci di partire, fattispecie inaudita, da Berlino. Capitale orfana di Angela Merkel a poco più di sei mesi dal suo abbandono della Cancelleria.

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