Continua l’attacco della finanza internazionale contro il Brexit. Nonostante l’evidenza empirica abbia smentito tutte le previsioni tragiche fatte finora. Come più volte sottolineato su queste pagine, il mondo finanziario ha attaccato mediaticamente il Brexit già prima del Referendum. L’offensiva finanziaria prosegue senza sosta. Ci pensa di nuovo Bloomberg a seminare “terrore” tra gli investitori e i risparmiatori coinvolti nel Brexit. Il mondo finanziario sfrutta così l’agenzia di news che ha sede in ben 72 nazioni del mondo. Un notevole bacino di lettori.Le “fake news” finanziarie“Il sentiero del Brexit potrebbe portare ad una “distruzione del commercio”, questo il titolo catastrofico scelto da Bloomberg. L’editorialista nell’articolo ammette che “gli allarmi di recessione e di apocalisse economica pre referendum, provati infondati, non sono stati abbastanza per far vincere il “Remain”. Una frase emblematica che mette a nudo l’intenzionalità del mondo finanziario di voler far cambiare l’opinione dei cittadini con vere e proprie “fake news”. Questo subdolo tentativo di manipolazione dell’opinione pubblica continua anche oggi. Ed è lo stesso editorialista di Bloomberg a lanciare un allarme per gli effetti del Brexit sul lungo periodo. “Non voglio dire che sarà l’Armageddon”, ci tiene a sottolineare il giornalista, ma “il largo consenso tra gli economisti è per un prolungato effetto che infine diminuirà la produzione, il lavoro e la ricchezza”.Secondo il Massachussets Institute of Technology, Università con sede a Cambridge, la perdità netta di ricchezza per la Gran Bretagna sul lungo periodo sarà del 9.5%. Andrew Goodwin, un altro economista di Cambridge, sostiene poi che: “Ci aspettiamo che il Brexit porterà ad un certo grado di distruzione del commercio. E se stiamo parlando di ridurre il livello di immigrazione, ciò probabilmente porterà all’indebolimento della crescita”. Sentenze che risultano definitive. Non potevano mancare all’appello degli “iettatori” anche Bank of America e Morgan Stanley che prevedono rispettivamente una perdita del 10% sul GDP nei prossimi 15 anni e una riduzione dello 0.5% sulla crescita annuale dell’economia britannica.L’economia britannica viaggia su ritmi altiStrana concomitanza è che tutti questi grandi “indovini” fanno parte della “upper class” finanziaria, strettamente legata alla City di Londra. Proprio il luogo della massima opposizione al Brexit. Strano è che un’agenzia competente come Bloomberg dimentichi poi di riportare alcuni dati imprescindibili. Lo scorso dicembre infatti l’Office for National Statistics britannico riportava una lieta notizia. Il tasso di disoccupazione del Regno Unito era sceso fino al 4.8%. Il livello più basso dal 2005. Questo nonostante la Brexit e nonostante le previsioni catastrofiche. Nell’Unione europea l’indice di disoccupazione medio è doppio rispetto a quello britannico. Un buon motivo per fuggirne. La storia economica insegna poi che, e Bloomberg dovrebbe conoscerla bene, gli investitori internazionali guardano attentamente il livello di occupazione di un Paese. Più è alto, più andranno a investire. Un effetto che fu confermato nel 1999 quando gli Stati Uniti raggiunsero la “quasi” piena occupazione.Il Brexit apre le porte del mondo al Regno UnitoL’agenzia Radiocor Plus de Il Sole24Ore ci dice poi che nel quadrimestre del 2016 post Brexit il Pil britannico è cresciuto dello 0.7%. Le stime precedenti lo davano allo 0.6%. Anche in questo caso, la previsione è stata smentita. Tra i presagi apocalittici  quello che fa più sorridere è questo temuto “crollo del commercio” per la Gran Bretagna. Un’affermazione che non trova nessun riscontro nella realtà. I Paesi dell’Unione europea infatti esportano in Gran Bretagna dieci volte di più di quello che il Regno Unito esporta sul Continente.Appare dunque irragionevole l’ipotesi di un “blocco commerciale” tra le due parti. L’Europa ha dunque tutti gli interessi per mantenere le relazioni commerciali con i cugini d’oltremanica. Con l’uscita dall’Unione, il Regno Unito ha poi la possibilità di sottoscrivere accordi commerciali con tutto il resto del mondo in maniera autonoma. Si parla di 2,2 miliardi di potenziali consumatori verso cui la Gran Bretagna si può affacciare. L’avvicinamento del Governo May alla Cina rappresenta proprio l’inizio di questa strategia. Il mondo finanziario non si arrende nemmeno di fronte all’evidenza, ma la sua cantilena ormai comincia a perdere d’effetto.

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