A Mosca la crisi ucraina non è gestita soltanto dal Cremlino. Non lontano dalla Piazza Rossa c’è un altro edificio nevralgico del potere russo in cui negli ultimi giorni il dossier su Kiev ha assunto una certa priorità. Si tratta del grande casermone bianco in perfetto stile sovietico che ospita la Duma di Stato, l’equivalente della Camera dei Deputati. Qui lunedì, sulla scrivania del presidente Vjaceslav Volodin, sono arrivate due mozioni riguardanti l’Ucraina. La prima era a firma dei parlamentari del Partito Comunista, l’altra invece del gruppo di Russia Unita, il partito del presidente Vladimir Putin. In entrambe, seppur con tempistiche e modalità diverse, è stata scritta nero su bianco la richiesta di riconoscimento delle Repubbliche separatiste del Donbass. La prima mozione, quella del Partito Comunista, è stata approvata martedì mattina.

La mozione approvata dalla Duma

I deputati sono stati chiamati a votare le due proposte nella mattinata di martedì. La mozione del Partito Comunista era direttamente rivolta a Vladimir Putin. L’intenzione dei membri del gruppo parlamentare, all’opposizione rispetto a Russia Unita, era quello di rivolgersi direttamente al capo dello Stato per dare il via libera al riconoscimento della Repubblica di Donetsk e della Repubblica di Lugansk. Le due entità statali cioè sorte nella regione ucraina russofona del Donbass. Qui dal 2014 i gruppi separatisti hanno preso il sopravvento e hanno cacciato l’esercito di Kiev. Nel settembre di quell’anno con gli accordi di Minsk si è trovato un cessate il fuoco ed è stata posta la base per la costituzione di regioni autonome all’interno dell’Ucraina. La situazione però non è stata mai definitivamente risolta. E così le due repubbliche hanno continuato ad amministrare de facto i territori, pur senza riconoscimento internazionale. Mosca ufficialmente non ha mai riconosciuto i governi insediati a Donetsk e Lugansk, i rapporti con le autorità locali sono sempre stati formali.

Il Partito Comunista ha suggerito quindi di cambiare posizione. Secondo i promotori della mozione, il riconoscimento delle due Repubbliche contribuirebbe a rendere più chiara la linea di Mosca e a proteggere le popolazioni risiedenti all’interno del Donbass. Contrariamente alle aspettative, la mozione è stata approvata a larga maggioranza. I voti favorevoli sono stati 351, 16 invece quelli contrari. A darne comunicazione è stata la presidenza della Duma: “Durante la sessione plenaria – si legge sul sito del parlamento russo – i deputati hanno deciso di inviare un appello al Presidente affinché consideri la questione del riconoscimento della Repubblica popolare di Donetsk e della Repubblica popolare di Lugansk come stati indipendenti, sovrani e indipendenti”. Il testo della mozione approvata è stato già inviato al Cremlino.

Peskov: “Mosca rimane fedele agli accordi di Minsk”

La mozione approvata dalla Duma non era certo vincolante. E infatti, subito dopo la notizia dell’esito della votazione parlamentare, dal Cremlino ha parlato Dmitry Peskov, portavoce della presidenza della federazione: “La società russa non è indifferente al destino del Donbass – ha dichiarato Peskov riportando la posizione di Putin – ma il governo di Mosca rimane fedele all’accordo di Minsk, che prevede un percorso di autonomia per la regione dell’Ucraina controllata dai separatisti filorussi”. Dunque la posizione del Cremlino non dovrebbe subire alcuna variazione. Il voto alla Duma però non mancherà di avere implicazioni. In primo luogo a livello politico. Il parlamento ha di fatto espresso una posizione molto diversa da quella del governo e della presidenza. Indice di come, all’interno dell’opinione pubblica russa, l’attuale crisi ucraina stia facendo emergere opinioni divergenti soprattutto sul destino delle repubbliche separatiste.

In secondo luogo, la stessa presentazione delle mozioni lunedì aveva creato ulteriore tensione. Da Kiev il governo ucraino ha parlato di “ritiro de facto e de jure” di Mosca dagli accordi di Minsk in caso di riconoscimento russo delle repubbliche stanziate nel Donbass. In una fase in cui faticosamente le parti stanno cercando di alimentare fragili e flebili vie politiche, il documento della Duma poteva creare maggiore confusione. Per questo dal Cremlino ci si è affrettati nel chiarire. Per adesso gli accordi di Minsk sono l’unica base reale a cui ci si sta appoggiando per trovare in qualche modo una soluzione diplomatica.