Ormai è ufficiale, anche The Economist, spesso molto critico nei confronti delle scelte dei presidenti e dei ministri italiani, ha dichiarato l’Italia Paese dell’anno.
C’è poco da dire sul primo ministro italiano Mario Draghi: è riuscito a capovolgere la disastrosa gestione italiana della pandemia, rendendo l’Italia uno dei paesi con più vaccinati d’Europa. Vanta un ampio sostegno pubblico e molto rispetto, in un paese in cui spesso si è sempre provato scetticismo nei confronti dei primi ministri “tecnici” imposti dal Presidente.
Ha l’appoggio del Parlamento ed è riuscito a mettere d’accordo davvero tutti, dall’esuberante Matteo Salvini della Lega, all’anticonformista Matteo Renzi “Il rottamatore” che ha perpetuato la crisi parlamentare per far destituire Giuseppe Conte, al più accademico e riservato Enrico Letta che dirige il Partito Democratico. Oltre a questi risultati di politica interna, Mario Draghi, col suo stile pacato e cupo, ha anche iniziato a cambiare l’approccio strategico dell’Italia alle relazioni internazionali, un approccio che è stato in gran parte assente nell’ultimo decennio.
Con la durata breve dei governi e una classe politica fuori dal contatto con il nuovo ordine mondiale e una geopolitica fluida, l’Italia è sempre stata priva di una visione e di una strategia nei suoi affari esteri.
Ciò è sfociato in decisioni politiche piuttosto contraddittorie e a volte imbarazzanti. Una di queste è stata quando l’Italia è diventata il primo paese G7 ad aver firmato il memorandum d’intesa per la Belt and Road Initiative cinese. Ancora, potremmo citare l’enorme dipendenza dall’intelligence turca per proteggere le risorse italiane in Libia, o il ruolo della Turchia nella liberazione di una cooperante italiana tenuta prigioniera in Somalia, entrambe ex colonie italiane.
L’Italia e il “Chindia”
L’Italia ha passato gran parte dell’ultimo decennio a migliorare i propri rapporti con la Cina, ignara degli effetti disastrosi che la produzione cinese a basso costo avrebbe avuto sull’economia italiana che si basa sulle piccole e medie imprese.
La Cina si è presentata come un enorme mercato per le merci italiane, utilizzando gli stessi canali per aumentare i propri investimenti in segmenti strategici in Italia. Un recente articolo di Decode39, che sottolinea i rapporti di Datenna, traccia gli sbilenchi investimenti cinesi in Italia e nell’UE e quelli europei in Cina, evidenziando la mancanza di reciprocità e la forte (e non corrisposta) attenzione di Pechino sui settori strategici in Europa.
Considerati i suoi rapporti con la NATO, l’Italia ha sempre avuto dei rapporti molto forti anche con il Pakistan e con la Turchia, ora alleati cinesi. Fino a prima della nomina di Draghi come Primo Ministro, la classe politica italiana non è stata in grado di tirarsi fuori da questi rapporti. Turchia e Pakistan hanno spesso agito contro gli interessi italiani e dell’UE in Afghanistan e in Africa.
Non ha aiutato il fatto che il caso dei marò italiani abbia mantenuto le relazioni dell’Italia con l’India gelide per circa otto anni.
Anche ora, molti analisti italiani tendono a considerare il Mediterraneo come il “cortile di casa” che dà all’Italia la sua profondità strategica. Vedono la necessità di considerare l’Indo-Mediterraneo allargato e l’importanza dell’Oceano Indiano e dell’Indo-Pacifico come una questione di fondamentale importanza strategica per l’Italia.
Strategicamente l’Asia meridionale, la Cina e l’India rimangono lontane e piuttosto irrilevanti per loro e tendono a classificare un terzo della popolazione mondiale come “Chindia” nonostante sia Cina che India abbiano superato l’Italia per dimensioni e capacità economiche e militari.
Le relazioni India-Italia
L’arrivo di Draghi ha cambiato molti fattori nella prospettiva italiana. Nonostante infatti il Parlamento italiano porti ancora i ceppi del movimento Cinque Stelle pro-Cina (M5S), adesso si è finalmente svegliato di fronte alle sfide dell’aggressione economica e militare della Cina, alle violazioni dei diritti umani nello Xinxiang, a Hong Kong, e alla diffusione del Confucio nelle università italiane come metodo cinese per ingraziarsi il mondo accademico. Lo stesso Draghi ha usato più di una volta il veto d’oro per bloccare la vendita di società tecnologiche sensibili al controllo cinese.
Ancora più importante, Draghi ha abilmente utilizzato il G20 come piattaforma per centralizzare il ruolo dell’Italia negli affari globali, sottolineando la sua posizione di superpotenza culturale. Sfruttando appieno la Presidenza italiana del G20, ha inserito pian piano l’Italia in un ruolo di leadership nella lotta contro il COVID, l’Afghanistan, l’agricoltura sostenibile e il clima. Mario Draghi ha giocato le sue carte anche quando non ha avuto il sostegno delle grandi potenze come Usa, Russia e Cina sull’Afghanistan, facendo invece causa comune con il primo ministro indiano Narendra Modi.
La partnership Modi-Draghi è fiorita silenziosamente da quando Draghi ha preso le redini in Italia. Modi è stato uno dei quattro leader con cui Draghi ha avuto incontri bilaterali durante la riunione dei capi di stato del G20 a Roma in ottobre, e ha sostenuto pienamente la riunione del G20 italiana sull’Afghanistan.
Le fonti hanno fatto riferimento al fatto che l’incontro bilaterale è durato più del previsto, ed è stato molto diretto e congeniale. L’importanza che il Sig. Modi ha attribuito alla sua visita in Italia, la prima di un Primo Ministro indiano in 12 anni, è stata evidente considerata la squadra che ha viaggiato con lui. I membri di alto livello del gabinetto che lo hanno accompagnato includevano infatti il ministro degli Esteri S. Jaishakar, il consigliere per la sicurezza nazionale Ajit Doval, il ministro delle finanze Nirmala Seetharaman e il ministro del Commercio e dell’industria, dei tessuti e lo sherpa indiano per il G20 Piyush Goyal, oltre a diplomatici di alto livello.
Uno dei primi risultati dell’incontro Draghi-Modi è stato l’annuncio che la Leonardo SpA, l’azienda italiana della difesa, dopo quasi un decennio è stata rimossa dalla lista nera dal Ministero della Difesa indiana. Anche se ciò significa che l’India potrà accedere alla tecnologia di Leonardo, dall’altra parte comporta anche un enorme impulso per Leonardo per fare affari in India.
Il futuro
Gran parte della ritrovata alleanza strategica dell’Italia verso l’India è stata dettata dal buon senso. Entrambe sono democrazie con importanti legami storici e solidi. Ancora più importante, “Make in India” di Narendra Modi è una manna per le aziende italiane che sono sull’orlo del disastro economico con la concorrenza a basso costo del “Made in China”. L’India fornisce una giovane e fertile base di clienti per la tecnologia e per i prodotti italiani, pur non incoraggiando la produzione a basso costo orientata all’esportazione. Oltre il 60% dell’economia indiana è destinata al consumo interno, quindi qualsiasi produzione in India non farà altro che aumentare la produzione di prodotti italiana e aiuterà le aziende italiane a prosperare anche in Italia.
L’India sta dando una spinta di $ 10 miliardi di dollari alle aziende di semiconduttori che invieranno la produzione in India per non dipendere dalla Cina. Inoltre, l’India rappresenta un cavallo di battaglia tecnologico con comprovate capacità tecnologiche fuori dagli schemi, producendo oltre un milione di ingegneri ogni anno.
Nella visione di Draghi, l’India potrebbe probabilmente integrare i propri sforzi nella produzione di chip in Italia e potrebbe essere un partner strategico nella creazione di resilienza della catena di approvvigionamento nei mercati dell’elettronica di consumo e delle automobili, in cui fornisce quella massa critica per ridurre il costo unitario dei semilavorati conduttori.
L’Italia oggi si ritrova ad interfacciarsi con un enorme flusso di migranti provenienti da tutto il Mediterraneo. Sebbene finora sia stata al sicuro da attacchi terroristici, c’è una grande comunità di gruppi bengalesi, pakistani e khalistani che continua a crescere.
La partnership dell’Italia nella condivisione dell’intelligence con Israele è sempre stata forte e l’ha spesso protetta da elementi radicalizzati dal nord Africa e dal Mediterraneo, la partnership indiana invece potrebbe essere la chiave fondamentale per proteggere l’Italia dalle minacce interne che provengono dai migranti dell’Asia meridionale di prima o seconda generazione, considerata la vasta esperienza dell’India nel trattare con elementi radicalizzati provenienti dai suoi paesi vicini, e con la radicalizzazione interna.
Infine, con l’arrivo dei fondi UE dal PNRR , c’è un enorme rischio che le aziende cinesi cerchino di utilizzarli per sviluppare e possedere infrastrutture italiane, al contrario, l’India, offre una nuova base di aziende che guardano all’espansione globale senza che lo stato indiano ricopra alcun ruolo.
La “dottrina Draghi” ha una lunga strada da percorrere, tuttavia ha gettato i semi per l’impegno italiano ed europeo nella creazione e nello sviluppo di un nuovo, allargato Indo-Mediterraneo.
È riuscito, in breve tempo, a colmare un abisso durato un decennio con l’India, iniziando a limitare l’impegno dell’Italia con Cina e Turchia. La sua influenza in Europa e il cambio della guardia in Germania , creano i presupposti affinché l’Europa, unita, faccia “tutto il necessario” per difendere l’ordine democratico globale contro l’aggressione cinese.