È l’uomo da chiamare per incontrare “persone con cui non vuoi parlare ma con le quali devi farlo”. La rivelazione è di un funzionario della Casa Bianca e il Mr. Wolf del caso è William Burns, il direttore della Cia nominato da Joe Biden all’inizio del 2021. Da oltre due anni Burns è impegnato in viaggi intorno al mondo per conto della Casa Bianca. Viaggi che anche i predecessori facevano, ma che con il nuovo direttore hanno subito un significato strategico più profondo.
Con un passato da ambasciatore in Giordania e Russia, Burns ha un lungo curriculum come diplomatico. Esperienze da cui ha attinto a piene mani per portare avanti un poderoso riposizionamento dell’agenzia, diventata di fatto la diplomazia parallela dell’amministrazione Biden. Osservare i viaggi che ha compiuto danno una cartina al tornasole interessante su come si muove questa “diplomazia ombra” e passarli in rassegna dà un’idea di dove si stia posando l’occhio di Washington.
Le missioni chiave in Ucraina e Cina
L’ultima missione, in ordine di tempo, di cui siamo a conoscenza è un viaggio a Kiev compiuto in gran segreto all’inizio di giugno. La notizia, rivelata dal Washington Post, è stata la conferma di come gli Stati Uniti tengano un occhio molto vigile sul Paese, in particolare con l’esercito ucraino impegnato nella famosa controffensiva. Sul tavolo dell’incontro funzionari ucraini avrebbero esposto la strategia per riprendere i territori del sud, ma soprattutto la possibile trattativa con Mosca per un cessate il fuoco. Quello di giugno è stato il quarto viaggio a Kiev. In precedenza il direttore aveva visitato il Paese nel gennaio del 2022 (un mese prima della guerra), poi a novembre 2022, e ancora a gennaio di quest’anno.
Un mese prima della tappa a Kiev, Burns ha compiuto un altro viaggio vitale per le strategie della Casa Bianca. A maggio è infatti volato a Pechino. Nessuna visita con gli esponenti politici del Partito comunista, ma incontri con le controparti dell’intelligence cinese. Nonostante questo il viaggio è servito per continuare la strada verso il disgelo tra Pechino e Washington facendo da ponte per il successivo viaggio di Antony Blinken in Cina avvenuto tra il 18 e il 19 giugno.
Gli altri viaggi e il caso saudita
Ucraina e Cina, due dossier caldissimi per Biden ma non i soli a preoccupare la Casa Bianca. Calcolare tutti i viaggi di Burns negli ultimi anni non è facile perché a differenza di altri dipartimenti, come quello di Stato o quello della Difesa, non ci sono registri pubblici sulle missioni. Una portavoce della Cia ha rivelato al Wall Street Journal che, da quando ha preso l’incarico, Burns ha compiuto almeno 16 missioni all’estero, ma potrebbero essere di più. L’elenco dei Paesi è lungo e interessante:
- Afghanistan (aprile e agosto 2021)
- Russia (novembre 2021)
- Israele e Palestina (agosto 2021 e gennaio 2023)
- Germania (gennaio 2022)
- Ucraina (gennaio 2022)
- Arabia Saudita (aprirle 2022)
- Ucraina (novembre 2022)
- Turchia (gennaio 2023): incontro con funzionari russi
- Egitto (gennaio 2023)
- Arabia Saudita, Emirati arabi uniti, Qatar, Oman (aprile 2023)
- Grecia (maggio 2023)
La lista rappresenta tutti i puntelli dell’amministrazione Biden nel mondo. Tolte le missioni in Cina e Ucraina c’è un tour che aiuta più di altri a capire il ruolo del direttore della Cia. Ad aprile ha compiuto quattro tappe chiave nella Penisola arabica. Un viaggio tra Arabia Saudita, Qatar, Oman ed Emirati Arabi Uniti. Da un lato la tappa in Arabia è servita a tenere vivo un collegamento con il principe Mohammad bin Salman, una personalità ingombrante per l’America dopo la morte del giornalista saudita Jamal Khashoggi. Dall’altro lato la missione è servita a dare un segnale alle petromonarchie dopo i segnali di avvicinamento alla Cina. E infatti è arrivata dopo circa quattro mesi dal viaggio di Xi Jinping a Riad. Analogamente il passaggio in Oman è servito a chiedere a Mascate maggiore impegno per bloccare i traffici di armi dell’Iran intorno allo stretto di Hormuz.
In breve tempo Bill Burns è diventato una sorta di inviato speciale per gli Stati Uniti, un elemento chiave dell’amministrazione chiamato per risolvere dossier di particolare complessità. È il caso della missione a Mosca condotta due mesi prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Un altolà a Vladimir Putin lanciato dalla Cia per fargli sapere che gli Usa erano a conoscenza dei piani d’invasione e delle successive mosse che avrebbe fatto il Cremlino. Qualche mese prima, nel pieno del caos afghano Burns era stato invece a Kabul per incontrare la leadership dei talebani. Un altro incontro necessario, ma scomodo, per l’amministrazione americana e quindi, ancora una volta nelle mani di Burns.
Come viene gestito dalla Casa Bianca
Afghanistan, Russia e Cina, tre dossier delicati. Tre dossier da maneggiare con cura. Affidarsi a Burns ha molti vantaggi per la Casa Bianca. I viaggi non si muovono con il consueto carrozzone di giornali e giornalisti al seguito del segretario di Stato. Non vengono registrati e resi pubblici e permettono di parlare con personaggi discutibili. Burns, che parla arabo, russo e francese, viene considerato l’uomo giusto in virtù del suo passato da diplomatico. Eric Traupe, ex funzionario della Cia, ha presentato il direttore come l’uomo giusto “che non ha bisogno di mappe o a cui non devi spiegare perché a turchi non piacciono i curdi”. Ma non solo. Il legame con Biden è solido e di lunga data e risale a oltre 25 anni fa, quando Burns era ambasciatore ad Amman e Biden un esponente senior del Comitato Affari esteri del Senato.
Come ha scritto il New York Times, lo stesso Biden chiede spesso che Burns sia presente durante la lettura del briefing quotidiano fornito dall’ufficio del direttore dell’Intelligence nazionale e altrettanto spesso chiede la sua diretta opinione. Un funzionario, sentito al Wsj, ha detto che in diversi casi l’enturage del presidente invita Burns durante i meeting nello Studio ovale sulle crisi globali puntando poi a inviarlo negli scenari di crisi, forte dell’anonimato che le sue missioni possono garantire.
Perché è l’arma in più di Biden
L’ex diplomatico gode anche di una fiducia trasversale tra democratici e repubblicani e questo perché negli anni ha servito in amministrazioni di entrambi i partiti. In più, i dipendenti dell’agenzia hanno apprezzato le novità che ha introdotto nell’ultimo anno, a partire dalla gestione del personale. Persino all’esterno in molti preferiscono la sua presenza discreta. Larry Pfeiffer, già capo dello staff alla Cia del direttore Michael Hayden, ha spiegato al Journal che molti Paesi preferiscono aver a che fare con ufficiali dell’intelligence americana: “Prendono più seriamente uno come Burns che un qualsiasi diplomatico”.
Sulla scena diplomatica da oltre 30 anni, Burns conosce personalmente moltissimi funzionari, ha passato anni a intessere relazioni, raccogliere informazioni e consegnare messaggi. L’attitudine giusta per il lavoro di cui la Cia ha bisogno. Questi viaggi ombra, uniti alla rete di cui Burns è già in possesso, si completano con il suo ruolo peculiare. Il direttore della Cia, infatti, risponde direttamente e solo al presidente. Questo da un lato gli garantisce carta bianca durante gli incontri, e dall’altro fornisce una grande autorità in fase di colloquio perché restituisce all’interlocutore la sensazione di parlare direttamente con la Casa Bianca.
Il Washington Post ha notato come anche all’esterno questa tendenza non è passata inosservata, come nel caso di Gérard Araud, già ambasciatore francese negli Stati Uniti: “Burns, che conosco bene, sta giocando un ruolo centrale in questa amministrazione”.
Il nodo dei risultati
L’arrivo di Burns alla Cia ha rivitalizzato l’agenzia dopo gli anni della dura contrapposizione con l’amministrazione Trump. Un cambio di passo impresso da Biden e dal nuovo interventismo americano. Al momento il risultato più tangibile della gestione Burns riguarda il dossier ucraino. Una grossa fetta dei successi di Kiev, soprattutto nelle fasi iniziali, derivano dalla condivisione di dati di intelligence, come ha insegnato il blitz russo fallito all’aeroporto di Hostomel.
Nell’ultimo anno la pressione su Mosca è stata altissima. E potrebbe aumentare ancora nei prossimi mesi. La Cia, visto anche lo scenario caotico russo culminato con la fallita rivolta di Prigozhin, sta cercando di migliorare il reclutamento in terra russa. Come spiegato dallo stesso Burns durante un evento alla Ditchley Foundation di Londra: “L’insoddisfazione per la guerra continuerà a erodere la leadership russa nonostante la costante propaganda di Stato e le pratiche di repressione. Questa insoddisfazione crea un’opportunità di portata generazionale per noi della Cia, che è fondamentalmente un servizio di intelligence basato su fonti umane. È un’opportunità che non stiamo sprecando”.
In prospettiva il dossier più scottante per Burns sarà quello cinese. Il direttore ha definito Pechino come avversario principale, un’entità che pervade ogni aspetto dell’attività dell’agenzia. Dall’esercito fino alle operazioni del campo cyber o la lotta per le risorse. E infatti lo stesso Burns ha radunato tutta una serie di dipartimenti che si occupavano di Cina in un unico centro. Una mossa anche dal sapore politico, nota il Times, in vista di una campagna elettorale per il 2024 che tra i temi avrà anche la sfida tra Usa e Cina.