La Bolivia è sull’orlo di una grave crisi politica. I controversi risultati delle elezioni presidenziali hanno, infatti, provocato scontri tra manifestanti e forze di sicurezza in diverse regioni del Paese. Nella città di La Paz i dimostranti si sono contrapposti alla polizia mentre nelle regioni di Sucre e Tarija hanno dato fuoco ad alcuni uffici elettorali. Le cause di queste tensioni sono da ricercare nel conteggio dei voti delle consultazioni nazionali: i risultati parziali, con l’83 per cento di schede esaminate, assegnavano al presidente progressista in carica Evo Morales il 45,3 per cento dei suffragi mentre il rivale di centrodestra Carlos Mesa inseguiva al 38,2 per cento. Il flusso si è poi interrotto ed i nuovi dati, diffusi lunedì, mostrano Morales al 46,85 e Mesa al 36,74, una percentuale sufficiente ad evitare il ballottaggio che si potrebbe rivelare fatale per il leader progressista.

Democrazia a rischio

La legge elettorale boliviana prevede che qualora un candidato superi il 40 per cento dei voti e distacchi il suo rivale di più del 10 per cento dei consensi le elezioni possano concludersi al primo turno. Carlos Mesa ha detto che non riconoscerà i risultati, definiti vergognosi ed ha accusato l’amministrazione in carica di non rispettare la volontà del popolo. Morales si è difeso affermando che i voti provenienti dalle aree rurali, gli ultimi ad essere contati e quelli decisivi per la sua vittoria, sarebbero giunti solamente all’ultimo. Antonio Costas, membro del Tribunale Supremo Elettorale Boliviano, ha reso noto che la decisione di sospendere il conteggio parziale è stato causata dalla volontà di prestare maggiore attenzione allo scrutinio ufficiale: qui, con il 60 per cento dei voti scrutinati, Morales e Mesa sono testa a testa con il 42 per cento dei consensi.

Gli osservatori elettorali dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) hanno espresso preoccupazione per gli ultimi sviluppi mentre il Dipartimento di Stato Americano ha accusato le autorità boliviane di voler sovvertire la volontà popolare. Il rischio è che una eventuale vittoria al primo turno di Morales possa provocare lo scoppio di violente sommosse che potrebbero portare il Paese verso la guerra civile. L’opposizione politica non accetterà, infatti, di perdere le consultazioni, ritenute vitali per il futuro del Paese, già al primo turno.

Le prospettive

Evo Morales è al potere dal 2006 ed è uno degli esponenti di spicco della sinistra latinoamericana. Di etnia Aymara, è stato il primo presidente indigeno della storia della Bolivia e nel corso dei suoi mandati la nazione ha registrato un forte tasso di crescita economica. Le risorse di gas naturale sono state nazionalizzate, sono state costruite scuole e strade e l’inflazione è stata ridotta. Secondo alcuni, però, Morales non avrebbe alcuna intenzione di abbandonare il potere e potrebbe avere mire autoritarie in stile venezuelano. Nel 2016 un referendum popolare si era espresso contro la possibilità del Capo di Stato di candidarsi per un quarto mandato, in seguito, però, la Corte Suprema aveva annullato i risultati della consultazione.

Il futuro della Bolivia e la sua stabilità restano così appese ad un filo che potrebbe facilmente spezzarsi qualora la tensione nella nazione raggiunga picchi insostenibili. Le prossime ore saranno decisive per capire che strada prenderà la crisi e quali sviluppi ci si potrà attendere.

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