Sale la tensione dalle parti dell’ Arabia Saudita, dove continua a tenere banco la vicenda legata alla misteriosa scomparsa di Jamal Khashoggi. Proseguono le indagini da parte delle intelligence occidentali, ma tuttora non si è ancora riusciti a fare chiarezza con quanto successo lo scorso 2 ottobre al consolato di Istanbul.
Un’attenzione mai vista sull’Arabia Saudita
Come era preventivabile la vicenda si sta lentamente allargando, da mero episodio di cronaca a un più ampio ribaltone geopolitico. Perché mai come oggi l’attenzione dell’opinione pubblica, con media, organizzazioni internazionali e della società civile, si era mai così concentrata sull’operato dell’Arabia Saudita. Nemmeno la recente e tuttora in corso, catastrofe umanitaria in Yemen era riuscita lontanamente a catalizzare così l’attenzione occidentale sull’operato di Riad.
E questo terremoto, causato dallo sdegno civile, si sta avvicinando sempre più alla Casa Bianca, rischiando di far crollare le fondamenta di un’alleanza con l’ Arabia Saudita che fino ad oggi sembrava indiscutibile. È chiaro come il presidente Donald Trump sia sotto pressione in questo momento e stia cercando di prendere tutto il tempo necessario prima di giungere a conclusioni che potrebbero ritorcersi contro. “Adotteremo misure punitive”, ha detto il tycoon senza sbilanciarsi troppo.
Riad pronta a rispondere chiudendo i rubinetti del petrolio
Sta di fatto che da parte saudita non si è rimasti a guardare e oltre ad aver sempre negato qualsiasi coinvolgimento nel presunto omicidio di Khashoggi si è anche risposto in maniera chiara all’ipotesi di ritorsioni. Come riportato da Bloomberg, Riad non esiterebbe a rispondere ad eventuali sanzioni “avvalendosi del suo ruolo vitale nell’economia globale”. Il che, tradotto, significa agire sull’offerta di petrolio, di cui l’ Arabia Saudita detiene il 18% delle riserve globali. La miglior difesa è l’attacco, come si suol dire.
L’occidente, con gli Stati Uniti in testa, si trova ora di fronte a un bivio: abbandonare la realpolitik per dare spazio una volta per tutte a quei diritti umani, decantati in certi casi, ma tatticamente nascosti di fronte ai sauditi, oppure proseguire l’attuale politica, sperando che l’onda lunga dello sdegno civile si spenga così com’è nata.
Un forum che sarà disertato dalla stampa internazionale
Un passaggio fondamentale per capire quale strada sarà presa è sicuramente il prossimo Future Investment Initiative, un forum economico internazionale previsto per il prossimo 23 ottobre proprio nella capitale saudita. Come riportato dal The Guardian sono già numerosi gli ospiti di prestigio che hanno deciso di non partecipare all’evento, come presa di distanze rispetto al regno saudita. Il Financial Times, Bloomberg, la Cnn e la Cnbc hanno già ritirato la loro sponsorship all’evento e i rispettivi giornalisti non vi parteciperanno.
Anche la Banca mondiale ha fatto sapere che il suo presidente, Jim Yong Kim, non parteciperà all’evento, come previsto. Blocco unanime occidentale quindi? Non proprio, perché l’istituzione “sorella” della Banca mondiale, ovvero il Fondo monetario internazionale sarà presente all’evento con la sua massima carica, Christine Lagarde. La stessa si è infatti dichiarata “inorridita” dalla vicenda Khashoggi, ma tale choc non le impedirà di stringere la mano al principe bin Salman. Una stretta di mano che verrà fatta anche dal Segretario del Tesoro americano Steven Mnuchin, anch’egli già confermato tra i partecipanti.
Interessi politici in vista delle elezioni di midterm
Appare dunque uno scenario in cui la comunità internazionale si presenterà frammentata rispetto all’appuntamento saudita e tale difformità di reazione potrebbe essere frutto di precisi calcoli politici da entrambe le parti. Il Fondo monetario internazionale non potrebbe mancare ad un appuntamento in cui il programma saudita Vision 2030 sarà al centro dell’agenda. Un programma di riforme economiche che ha ricevuto il benestare proprio della stessa istituzione che, nell’ Arabia Saudita del futuro, ha investito in consulenti e in immagine. Solo lo scorso luglio il Ministro delle finanze saudita ringraziava il Fondo monetario internazionale per il supporto ricevuto. D’altra parte il Governo americano non può, ancora, rinunciare alla sua presenza, attraverso Steven Mnuchin, come dimostrato dall’attendismo di Trump. Questo almeno finché non verranno prodotte delle prove concrete sulla vicenda Khashoggi. Fini politici muovono anche, sicuramente, gli attori che non parteciperanno al summit.
Tra questi alcuni giornali di rilievo, come la Cnn, Bloomberg e il Financial Times si stanno distinguendo per un grande sforzo divulgativo volto a smascherare la natura liberticida di Riad. È tuttavia curioso come, non troppo tempo fa, le stesse testate riportassero in maniera quasi entusiastica le “conquiste civili” del principe bin Salman, su tutte la concessione del diritto di guida alle donne. Inoltre, sempre sulle stesse testate, poco spazio è sempre stato riservato alla catastrofe umanitaria che sta occorrendo in Yemen, per mano proprio dei sauditi. Una serie di sviste clamorose della stampa mainstream che rimarrebbero tali, non fosse per l’approssimarsi delle elezioni mid-term americane. Ecco che, in tal senso, l’affaire Khashoggi può diventare la vera spina nel fianco per la presidenza Trump e il grande sforzo mediatico anti saudita può essere un semplice strumento per raggiungere quest’obiettivo.