Emmanuel Macron é sempre più forte nei sondaggi a un mese dal primo turno delle elezioni presidenziali francesi che si terrà il 10 aprile. Lo sforzo politico e il tentativo di mediazione del capo di Stato transalpino per evitare l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia prima e la decisa reazione alla zampata di Vladimir Putin poi hanno secondo molte rilevazioni spianato la strada all’inquilino dell’Eliseo. Nell’ora più buia gli elettori francesi sembrano seguire la logica del raduno sotto la bandiera, e inoltre il presidente della Repubblica sta godendo dell’inusuale ribalta e della notevole solennità garantita dal prendere parte agli avvenimenti da protagonista.

Prima della definitiva esplosione della crisi Macron era dato al primo turno in linea con i risultati del 2017: i sondaggi oscillavano tra il 24 e il 25% con punte del 26% (Ifop) lasciando presagire uno scontro in grado di ripetere la partita di cinque anni fa con Marine Le Pen, data dalle rilevazioni favorita per la seconda piazza rispetto a Valerie Pécresse ed Eric Zemmour.

Ora la guerra ha favorito la centralizzazione dei consensi sull’inquilino dell’Eliseo, dato che Macron raccoglierebbe stando alle medie degli ultimi rilevamenti pubblicato il 28% dei consensi e precederebbe nettamente la Le Pen, in arretramento rispetto al 2017 con il 18% dei consensi. Più staccati, ora come ora, Pécresse (13%) ed Eric Zemmour (12%). Ipsos in un rilevamento sul 2-3 marzo dava addirittura il presidente al 30,5%, in grado di andare ben oltre il doppiaggio della Le Pen (14,5%). I trend sono chiari e consolidati e soprattutto sembrerebbero favorire una dinamica precisa che vede Macron proiettarsi come vincitore in ogni possibile combinazione al ballottaggio.

Addirittura sembrerebbe declinare la speranza della candidata di Les Republicains, la Pécresse, di essere l’anti-Macron. Addirittura l’affermazione di Macron nel bis del ballottaggio contro la Le Pen (56,5% contro 43,5% di media) sarebbe più ampia di quella contro la “delfina” di Nicolas Sarkozy (59 contro 41) e addirittura il rilevamento Ipsos parlerebbe di un punteggio unico contro Pécresse e Zemour: 64 contro 36.

Cosa significa tutto questo? Possiamo trarre almeno tre importanti lezioni politiche su quanto sta accadendo oltre le  Alpi.

In primo luogo Macron é riuscito, apparentemente, nell’obiettivo di consolidare una decisa zolla di consensi nell’elettorato conservatore. Questo segnala il fatto che lo spostamento a destra dell’opinione pubblica ha visto il presidente capace di captare il cambiamento di indirizzo e conformarsi ad esso.

In secondo luogo, si é mostrato il classico esempio di compattamento dell’opinione pubblica del centrodestra gollista verso un leader capace di difendere la sovranità del Paese. La Pécresse é stata messa all’angolo dal fatto che Macron ha riacceso nelle menti dei gollisti, con la visita a Putin prima e con la puntuta presa di posizione in difesa degli Ucraini poi, una visione “sovranista” e patriottica dettata proprio dalla visibilità che la carica consente.

In terzo luogo, Macron ha saputo anestetizzare nel confronto con la rivale percepita come più pericolosa la sindrome della polarizzazione sulla sua figura. Riaccesa in prospettiva proprio solo dalla possibilità di un ballottaggio con Marine Le Pen, che porterebbe la faglia sul dualismo Macron/anti Macron mettendo in secondo piano altre dinamiche.

Infine, si nota oggi più che mai quanto la destra francese sia stata vittima della sindrome della sinistra presentando nei fatti tre candidature sovrapponibili in diverse geometrie ma sostanzialmente alternative, dimostrandosi incapace di opporre una voce comune a Macron.

Giova ricordare che un’ulteriore garanzia di sicurezza per Macron sta nella sostanziale irrilevanza della sinistra: Anne Hidalgo, sindaco di Parigi, da candidata socialista è data tra il 2 e il 3%. Il verde Yannick Jadot al 7%, mentre solo Jean-Luc Mélenchon supera la doppia cifra ma si ferma nelle intenzioni di voto all’11%. Lo schiacciamento dell’opinione pubblica a destra attira anche il voto utile sul presidente uscente, garantendogli la rendita di posizione necessaria per proteggere il primo posto nei sondaggi e con esso la certezza del ballottaggio. In vista del quale la strada appare sempre più spianata: per una strana eterogenesi dei fini, dunque, potrebbe essere proprio la guerra che Macron non è riuscito a evitare a blindarne la rielezione.

 

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